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Avevo dieci anni e quattro fratelli. La casa era piccola e noi poveri ma non tanto perché con papà e i miei due fratelli più grandi riuscivamo a guadagnare i soldi che servivano a mangiare quanto bastava per dimenticare di aver fame. Sì, eravamo anche un po’ fortunati perché nella nostra famiglia non era mai morto nessuno, nemmeno i fratellini piccoli e nemmeno la mamma quando li ha partoriti e poi io giocavo a calcio e quando giocavo a calcio ero felice e se segnavo la felicità mi stava addosso fino a che andavo a dormire.
Poi un giorno forse qualcuno ha fatto qualcosa di male perché il mare si è ritirato come ad avere paura e la terra ha cominciato a muoversi e non voleva più fermarsi. Le case si sbriciolavano con dentro le persone, anche la mia dove c’era la mamma con i fratellini.
Io ero con papà alla spiaggia e l’abbiamo vista cadere: siamo corsi a casa e mentre correvamo la terra ci faceva saltare ma poi si è fermata. La mamma era sotto i sassi e gridava fortissimo ma io e papà l’abbiamo tirata fuori e abbiamo trovato anche i fratellini che però erano morti.
La mamma aveva le gambe rotte, da una usciva un osso; volevamo portarla da qualche parte ma lei continuava ad urlare con in braccio i bambini. Papà allora le lavava la ferita con l’acqua del mare e stavamo lì per vedere se arrivavano i miei fratelli più grandi.
Anche le altre persone urlavano e tante erano ferite ma nessuno sapeva dove andare, anche la casa del dottore era crollata e forse era morto anche lui.
Poi però si è arrabbiato anche il mare, è diventato altissimo e le onde ci sono venute addosso e quasi affoghiamo tutti, la mamma non è riuscita a tenere i fratellini morti e il mare se li è portati via. Poi tutto si è fermato e alla mamma è venuta la febbre.
Il giorno dopo sono venuti dei militari e ci hanno portato allo stadio dove c’erano dei dottori per curare la mamma. Nel campo di calcio io e papà abbiamo potuto mettere una stuoia per dormire insieme a tutti gli altri che non avevano più la casa.
Sono passati due mesi e noi viviamo ancora dentro lo stadio. Abbiamo messo un telo legato con dei pali e quella adesso è la nostra casa. La mamma è morta un mese fa per l’infezione e i miei fratelli non sono più tornati.
Il papà piange sempre ed io credo che non ho più dieci anni perché a volte lo abbraccio e sembro io più grande di lui.
Le tende ormai occupano tutto lo stadio tranne le due aree di rigore dove alla sera io e gli altri bambini giochiamo a pallone e se segno sono felice ma poi mi passa subito.
©
Monica Dolci
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