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Pagina Quarantasette (Stephen King)
di Vincenzo Madio
Pubblicato su PB20


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Pagina Quarantasette (Stephen King)

E’proverbiale assistere ad una proverbiale incitazione di Stephen King a seguirlo nel racconto delle sue storie. Lo troviamo sempre pronto a dare del tu retorico al lettore per immergersi nell’horror delle sue pagine. E facciamolo anche adesso in prossimità di Danze Macabre (1983), romanzo, saggio, autobiografia e chi più ne ha più ne metta, che analizza l’orrore, il terrore e il soprannaturale dei film, dei libri e della televisione.

Si tratta di una “danza” nell’affascinante spettro dell’orrore nella cultura popolare, in termini di seminario dei classici di ogni tempo: dal Conte Dracula a Frankenstein al tema del doppio in R.L.Stevenson.

«A novelist after all is a hidden creature; unlike the musician or the actor, he may pass on any street unremarked» - pag.11

«The work of horror really is a dance – a moving, rhythmic search. And what it’s looking for is the place where you, the viewer or the reader, live at your most primitive level. The work of horror is not interested in the civilized furniture of your lives» - (pag.18) – anche perchè - «horror, terror, fear, panic: these are the emotions which drive wedges between us, split us off from the crowd, and make us alone. [...] The melodies of the horror tale are simple and repetitive, and they are melodies of disestablishment and disintegration...» - pagg.26-27.

Anche Stephen King si è dato al vampirismo, certo non spesso, come si potrebbe immaginare dai tipici clichè da prima pagina.

Probabilmente il suo romanzo più sui generis è Le Notti di Salem, scritto nel 1975 (uno dei primissimi romanzi, il secondo per l’esattezza, che lo hanno portato all’attenzione dell’universo del best-sellering) e da poco ripubblicato in Italia in una edizione della Sperling & Kupfer migliorata e corredata di illustrazioni (2006).

Pag.40, di Danse Macabre (cosi italianizzato,... o francesizzato?) ci “racconta”: «When I conceived of the vampire novel which became ‘Salem’s Lot, I decided I wanted to try to use the book partially as a form of literary homage. [...] So my novel bears an intentional similarity to Bram Stoker’s Dracula, and after awhile it began to seem to me what I was doing was playing an interesting – to me, at least – game of literary racquet-ball: ‘Salem’s Lot itself was the ball and Dracula was the wall I kept hitting it against, watching to see how and where it would bounce, so I could hit it again».

Per Stephen King, Bram Stoker aveva scritto qualcosa simile ad una narrazione febbricitante, tanto da far del vampiro, un essere simile all’uomo, quando questi gioca a mettersi nei panni del dio distruttore: «…a vampire has the ability to command the lesser animals – cats, rats, weasels (gli stessi che infestano le case demoniache di questo Lot, come casa Marsten), and possibly Republicans, ha ha! (inestimabile tratto professionale dell’autore del Maine, è quello di irridere tutto e tutti)».

«It is Dracula who has sent these rats to give our heroes a hard time» - dacché qui urge una breve sinossi del romanzo di King.

Nel prototipo di città immaginarie, quella di Jerusalem Lot (chiamata cosi dagli abitanti e dall’autore stesso, che ne aveva cantato le lodi in un racconto breve (omonimo) di qualche anno prima, e poi finito nella raccolta A volte ritornano, antologia di short stories del 1978), insieme a Castle Rock e Derry, King identifica sé stesso e la realtà letteraria del Maine in cui vive, da sempre.

In una realtà sociale confusa e non ben definita (la stessa che King rappresenta in un altro romanzo gotico sul tema del vampiro come Cose Preziose, del 1991), in cui vivo “strani cittadini”, è la figura dello scrittore Ben Mears, quella che più di tutte emerge.

Ben che ha intenzione di scrivere un libro su 'Casa Marsten', una magione abbandonata che gli causò molti incubi dopo una brutta avventura vissuta da ragazzo, scopre che casa Marsten è stata acquistata da Mr. Straker e Mr. Barlow, una coppia di uomini d'affari arrivati da poco in città.
Il loro arrivo coincide con una serie di spiacevoli avvenimenti e con una terribile verità da combattere: l’invasione dei vampiri e il dolorosissimo sconvolgimento religioso al quale va incontro Padre Callahan, il cappellano della città (poi protagonista di 2 altre storie sui vampiri, I Lupi del Calla e Song Of Susannah, i volumi 5 e 6 della saga su La Torre Nera).

Le notti di Salem è una combinazione di thriller psicologico e del classico genere horror, in cui Barlow, la sua personalissima versione di Count Dracula, «also use the rats, and to that end I gave the town of Jerusalem’s Lot and open dump where there are lots of rats».

Dracula, come Barlow, cosi come i soggetti del romanticismo gotico di Percy Bische Shelley (The Assassins) e Gorge Gordon Byron (The Burial), racconti che King ha voluto citare a pagina 78, sarebbero tutti figli di una racconto di successo del 1816, come il The Vampire di John Polidori.

Sempre King a tal proposito dice: «Stoker’s turn-of-the-century horror novel Dracula bears only a slight resamblance to Polidori’s The Vampyre – the field is a narrow one, as we will point out again and again, and exclusive of any willful imitation, the family resemblance is always there – but we can be sure that Stroker was aware of Polidori’s novel. One believes, after reading Dracula, that Stoker left no stone unturned as he researched the project» - pag. 79.

Dracula, partorito in un melodramma epistolare, è l’ideale fatto mostruosità del concetto perverso di immortalità: uno dei più comuni themes di cui la letteratura, da sempre, ha voluto occuparsi.

«’The thing that would not die’ has been staple of the field from Beowulf to Poe’s tales of M.Valdemar and of the tell-tale heart, to the works of Lovecraft (such as Cool Air), Blatty, and even, God save us, John Saul».

Polidori o non Polidori, il dilemma è tutt’altro: «Exactly what is a monster?» (pag.47)

E’ mostruoso tutto ciò che irrompe nella consuetudine e nell’ordinarietà, tutto quello che è diverso, tutto ciò che è freak.

«Begin by assuming that the tale of horror, no matter how primitive, is allegorical by its very nature; that it is symbolic. Assume that is talking to us, like a patient on a psychoanalyst’s couch, about one thing while it means another».

L’orrore compare ai nostri occhi come qualcosa che non siamo in grado di afferrare, e come qualcosa che ci offre la chance di parafrasare emozioni che la società chiede e che solo gli scrittori possiedono «keep closely in hand».

«There is something so attractive about freaks, yet something so forbidden and appealing, that the one serious effort to use the mas the mainspring of a horror picture resulted in the film’s quick shelving» - pag.49

Dracula è free will, un trucco, un trompe l’oeil, come il potere che Franz Mesmer in Europa esercitato in un experienced mesmeric fad, un feeling meraviglioso che culmina in “un fuoco di piacere”.

Lo stesso che Stephen King ha messo nel suo ‘Salem’s Lot: «I decided to largely jettison the sexual angle, feeling that in a society where omosexuality, group sex, oral sex, and even, God save us, water sports have become matters of public discussion [...] the sexual engine that powered much of Stoker’s book might have run out of gas». - pag.85

Infine, se di danze macabre si tratta, è giusto che io prenda in prestito un versetto di una canzone, per dare una forma un po’ più multimediale, al progetto dell’autore di Shining.

Il rapper pugliese Caparezza, che nel suo ultimo album Le Dimensioni Del Mio Caos ha più volte citato lo scrittore del Maine (vedi Eroe (Storia di Luigi delle Bicocche)), nella trascinante punk-waved song di Abiura Di Me, per l’etichetta EMI, 2008) ha detto: «Io voglio passare ad un livello successivo, voglio dare vita a ciò che scrivo. Sono paranoico ed ossessivo fino all'abiura di me. Vado ad un livello successivo dove dare vita a ciò che scrivo. Sono paranoico ed ossessivo fino all'abiura di me/ Io devo scrivere perché sennò sclero, non mi interessa che tu condivida il mio pensiero. Non cammino sulle nubi come Wonder Boy. Mi credi il messia? Sono problemi tuoi!».

ed è cosi che il demone, che lacera il collo, finisce con l’impossessarsi anche di lui.

I canini affilati, finiscono con l’affondare qui… Vieni, ho una storia da raccontarti.

A cura di Vincenzo Madio



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