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Volontà di potenza
di Marco Gabrielli
Pubblicato su SITO


Anno 2006- Aletti
80pp.

ISBN n/a

Una recensione di Peter Patti
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 Volontà di potenza

Viviamo pericolosamente!
Costruiamo città ai pendii del Vesuvio!
(Friedrich Nietzsche)

Nietzsche: senza dubbio il filosofo sul quale si tiene il maggior numero di convegni che - ovviamente! - non recano nessun giudizio definitivo. La saggistica su questo pensatore è ben più imponente della summa delle sue opere e cerca di approfondirne i temi (quello dell'eterno ritorno, dell'àpeiron, il tema del nulla, il tema della disperazione esistenziale di fronte al crollo delle "verità" hegeliane...) paragonandolo e più spesso contrapponendolo a Kant, Schopenauer, Marx ecc.

Con il suo intenso scritto analitico, che già fin dalle prime pagine, anzi dalle prime righe, rivela una posizione decisamente nietzscheana, Gabrielli getta altra legna sul fuoco. L'autore dichiara di avere una visione della realtà cinica, spregiudicata, "imparziale", e fa una premessa naturalmente non nuova ma che, ancora oggi (soprattutto in Italia), ha un tono trasgressivo: "Dioniso e Gesù si mutano in un unico simbolo - l'emblema per un'esistenza rinnovata, sovrumana". "Sono stato compreso? Dioniso è il Crocefisso..." 

Abbiamo dunque già il "sì" senza remore alla vita e l'adesione a un misticismo panico, a un'ascesi creatrice, avventurosa, per certi versi pericolosa (come lo è tutto ciò che deriva da uno slancio "eternamente adolescente"). 

Non c'era bisogno di quelli che Ricouer definisce "i maestri del sospetto" per dimostrare al mondo la fallacia della ragione umana e i limiti del razionalismo: anche chi (similmente al sottoscritto) non si è mai occupato seriamente di filosofia, produce, tramite le banali osservazioni quotidiane, idee pregne di scetticismo. Ma per enunciare il "sospetto" e superare, anzi prevaricare, la negatività, Marx e Freud hanno eretto un solido sistema che sfocia in metodo, e l'atro grande scettico della triade, appunto Nietzsche, si è talmente calato nella sua visione catastrofica della lotta e dell'esistenza da diventare risaputamente egli medesimo, con sconvolgente coerenza, una figura tragica (secondo a N., in fatto di tragicità, c'è solo Carlo Michelstaedter). 

Il tedesco riconobbe che l'uomo è un "animale non ancora definito" e propugnò dunque, tra i primi pensatori dell'èra moderna, forse il primo in assoluto in Occidente, il concetto dell'ascesi, per mezzo della quale autoformarsi. L'autoformazione - formazione di sé - non è da confondersi con l'odierno "autorealizzarsi", giacché nell'arte di vivere di N. è importante in primis la creazione del sé, un processo paragonabile a quello che un artista compie per creare le proprie opere.

Nel suo saggio, Gabrielli snocciola immediatamente due componenti fondamentali della realtà umana: il carattere e l'istinto, necessari per poter determinare un orizzonte di senso. E il carattere della vita è la stessa volontà di potenza. Scalino dopo scalino, l'autore analizza vari aspetti del nostro esserci e, insieme a Nietzsche, giunge all'affermazione che il principio d'identità è il corpo. "Coloro che nutrono aspettazioni in un mondo ultraterreno, perdono per gradi l'attenzione, prima con la vista e poi nei pensieri, nei confronti non dico ‘di ciò che ha importanza', bensì ‘di ciò che loro stessi sono': il corpo."

E' formidabile che per "suscitare il ritorno della coscienza nell'inconscio" bisogna partire dall'accettazione della nostra organicità! Mi permetto di dire che questo è uno dei passi nodali del libro di Gabrielli, insieme al suo sottolineare la necessità (sempre per N.) della menzogna, e cita dai Frammenti postumi: "Che la menzogna sia necessaria per vivere, anche ciò fa parte di questo terribile e problematico carattere dell'esistenza..."

Fin da adesso, anche i profani avranno capito che in N. le contraddizioni ci sono, e non sono poche. Eppure il suo fascino, in un'ottica perlomeno "letteraria", deriva da questo  ricercare inquieto che si direbbe l'avanzare a tastoni di un cieco ma che puntualmente approda a quelle "certezze" che hanno fatto di lui uno dei pensatori più particolari in assoluto (al suo fianco, per originalità - anche se più speculativa -, porrei Henri Bergson). Come praticamente tutti i rappresentanti della gnoseologia nietzscheana, Marco Gabrielli è animato da una spinosa condiscendenza; condiscendenza che, significativamente, non si riscontra nella moderna Germania. Tutto caracolla nella ricchezza e nello splendore tra intuizioni profonde, finendo per dare sistematicità al pensiero del "folle tedesco" (ricordiamo le Lettere della follia che nel 1889 "l'Anticristo" N. inviò a svariate personalità). Un punto di forza del Volontà di Potenza di Gabrielli è il tentativo di rimanere il più possibile oggettivo rinunciando a metafore, traslati, allegorie di sorta (delle quali invece pullula ad esempio il Così parlò Zaratustra), pur se, come in tutti gli studi di filosofia, l'oggettività del procedere si basa su premesse parziali, ovvero "di parte", e quindi opinabili. D'altronde, non c'è mai stato filosofo in grado di fornirci una verità assoluta e comprovata. "Il crollare di tutti i valori" scrive Gabrielli "si presenta come la diretta conseguenza del venir meno del Dio che ne stava a principio. [...] ‘Dio è morto!': Nietzsche lancia questo grido per l'intimo sgomento che prova di fronte alla portata della sua scoperta. Ma oggigiorno l'urlo si tramuta in esclamazione di trionfo verso l'immane verità acquisita."

N. considerò falsa l'idea di una morale che si pone come istanza al di sopra della vita vissuta e puntò su un'etica di validità "mondiale" che molti suoi ammiratori hanno assunto come senso stesso dell'esistenza. Insieme al radicalismo della sua ribellione contro il Dio dei cristiani e alla nozione della Volontà della Potenza, sviluppò il concetto dell'eterno ritorno delle medesime cose. A questo punto, la sua ribellione era arrivata alla fine, ma ce n'è già abbastanza per aprire interminabili dibattiti che sfociano inevitabilmente nel campo della politica. 

Il nazismo lo ha corteggiato (proprio quei Frammenti postumi e quella Volontà di Potenza così spesso citati da Gabrielli sono stati oggetto delle manipolazioni svolte, dopo la morte di Friedrich, dalla sorella Elisabeth), la Destra continua ad amoreggiare con lui... Ma la sua opera è di rilevanza ultraideologica e, per molti versi, ha a che fare più con l'arte (poesia e musica) che con l'ontologia, più con la metafisica - checché ne dica lo stesso Nietzsche - che con la logica. Anche per ciò, rimane e sempre rimarrà "attuale".

Secondo N., l'uomo è giunto dinanzi a un limite: un passo oltre e potrà sprofondare, perdersi completamente. Secondo me, l'uomo è stato borderline fin dalla nascita, poiché è parte di questa realtà ("natura") che naviga di continuo per la quarta, la quinta, la sesta (?) dimensione senza mai potere o volere ancorarsi a un punto fermo (che del resto è non-esistente); perciò, nella sua paura irrazionale del nulla (non perdiamo mai d'occhio la nostra imperfezione!), si è inventato l'agorà e le leggi, le religioni e le "scienze sociali": per un'illusione di affinità tribale e la presunta necessità di credere a un "centro", a un fulcro del Tutto.

Facit: molto interessante il saggio di Marco Gabrielli su colui che è uno dei filosofi più discussi, sorgente di tante divergenti interpretazioni, un filosofo stigmatizzato in patria e, di contro, longseller in Paesi come Francia e Italia.


Una recensione di Peter Patti



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