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La storia di Rossella e dei quattordici schiaffi
di Milena Esposito
Pubblicato su SITO
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Dei più remoti che aveva avuto da bambina, non ne aveva più ricordo. Ma da quando sua madre le diede quello che prese per essere uscita con Andrea, cominciò -e credetemi non so il perché - a contarli.
“E uno!”. Si disse Rossella e si chiuse nella sua stanza, sbattendo la porta.
Passarono un paio di mesi e ricevette il secondo: “e due!”; contò Rossella. Questo secondo, però bruciava molto di più del primo e lo ricevette proprio da Andrea quando cominciava a piacere anche a sua madre, ma difficilmente i gusti tra madre e figlia coincidono, anche se ci sono sempre le eccezioni.
Ed, infatti, fu allora che Rossella pensò che Mario non le avrebbe mai dato uno schiaffo. Ma si sbagliava: in capo ad altri due mesi, proprio Mario - ex compagno di sua madre - le diede il terzo.
Fu, quando Rossella, per farsi una doccia, dimenticò sul comodino di Mario, il cellulare zeppo di messaggini di Elio. “E tre!”. Contò Rossella e, rivestendosi, uscì dalla casa di Mario per dirigersi da Elio, mentre Mario sbraitava qualcosa che terminava con: ... di tua madre.
Elio era il suo datore di lavoro; e Rossella, di solito, lo chiamava il dottor Rinaldi.
Il dottor Rinaldi, affermato dentista, aveva uno studio in Via Condotti.
Da circa quindici giorni, Rossella aveva iniziato a lavorare per lui e subito il dottor Rinaldi l'aveva riempita di attenzioni.
Elio Rinaldi era quello che solitamente si definirebbe un buon partito ed era anche un uomo intraprendente.
Aveva uno di quei sorrisi tipici da dentista: un sorriso aperto, convincente e bianchissimo.
Sembrava la pubblicità ambulante di un dentifricio.
Rossella, però, pur non gradendo le sue attenzioni, non poteva cancellare i suoi messaggi dal cellulare.
È che – credetemi- li trovava divertenti.
Ed, infatti, lo erano; peccato che Mario non avesse un buon senso dell'umorismo, altrimenti ne avrebbe sorriso anche lui e probabilmente non le avrebbe dato quello schiaffo.
No, ma pensateci, come si fa a non divertirsi leggendo: “Sul tuo cellulale abbiamo lilevato un vilus inteldentale cinese ad alto lischio. Se non sollidelai pensandomi, il cellulale non ti squillelà mai più.”?
Rossella andava da Elio, anche perché era l'ora di aprire lo studio.
Certo non si sarebbe mai aspettata d'incontrare la persona che incontrò.
Beh, non che fosse proprio un incontro, per essere più precisa dovrei descriverlo come uno scontro, perché di questo si trattò.
Infatti, la prima paziente – certo credo che dovrò cercare un sinonimo- giunse poco dopo allo studio, ma il dottor Rinaldi, ancora non si vedeva.
La paziente, una vecchina con un golfino rosa, si spazientì subito e cominciò a sbraitare contro Rossella, la quale commise l'imprudenza di avvicinarsi troppo e così si beccò l'inaspettato quarto schiaffo.
“E quattro!” disse fra sé, Rossella, ma ne dovette contare altri tre prima che arrivasse il dottor Rinaldi per ripristinare l'ordine e la calma. La vecchina con il golfino rosa divenne tutta un sorriso-dentiera alla vista del dottorino ed insieme a lui –sottobraccio– entrò nell'ambulatorio.
A Rossella non restò che dirsi: “e sette!”.
Fu a quel punto che nella sua testa balenò un motto: “dente per dente!”. Forse l'influenzò il fatto di trovarsi in uno studio dentistico, forse fu per puro caso che iniziò a riflettere sul fatto di avere sviluppato una gran faccia da schiaffi, certo è, che -vi assicuro- Rossella cominciò a tramare vendetta.
Tramava così bene che appena la vecchina con il golfino rosa ed il sorriso-dentiera uscì dall'ambulatorio, Rossella le mollò subito tre schiaffetti (in verità poco più che buffetti), che comunque alla malcapitata dovettero sembrare un vero e proprio attentato.
“E tre!” urlò con un super sorriso Rossella, mentre la vecchina si rifugiava tra le braccia del dottor Rinaldi.
Poi Rossella si diede alla fuga – mi sono sempre chiesta perché si dica così, mah, comunque-.
Percorse tutta la strada a ritroso e tornò da Mario.
Non potete immaginare la sua gioia, quando a casa di Mario trovò anche sua madre.
Prese a sberle i due piccioni con una mano.
“E quattro! E cinque! E sei!” urlava, ma prima di dare il settimo si ricordò di Andrea.
Il primo amore -è proprio vero- non si scorda mai e allora uscì da quella casa-alcova e si diresse speditamente verso l'abitazione di Andrea.
Il fato volle che Andrea si trovasse altrove.
(Questo serve a me ad avere più tempo per trovare un finale decente!).
E così Rossella cercò altrove ed anche in altri posti vicini e lontani, conosciuti e sconosciuti, ma di Andrea non v'era traccia.
Non c'era nemmeno un indizio e -pensate- il cellulare le diceva che: “l'utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile...”.
Questa cosa faceva andare in bestia Rossella e più di ogni altra cosa le prudevano le mani.
Una bestia con le mani che prudono -si sa- può diventare anche molto pericolosa e Rossella forse lo era o avrebbe potuto esserlo, sennonché...Rossella vide Andrea.
Andrea era di spalle, ma Rossella era certa che fosse lui.
Andrea nascondeva un fascio di fiori dietro la schiena e quindi era ben visibile da Rossella.
E, infine, Andrea era sotto casa di Rossella.
In quel preciso momento a Rossella venne in mente il motivo dello schiaffo preso da Andrea.
Il motivo –so che voi vorreste saperlo almeno quanto vorrei saperlo io- non era certo un futile motivo, ma era sicuramente un motivo molto valido.
Tanto da fare ammettere alla stessa Rossella di aver avuto torto marcio -anche di questo aggettivo mi sono sempre chiesta il perché-.
Lei rivide davanti ai suoi occhi tutta la scena, ma ahimè senza audio e accettò d'aver avuto torto.
Fu in quel momento che decise di avvicinarsi alle spalle di Andrea.
Ma Andrea, che aveva sempre avuto i riflessi pronti, sentì una sospetta presenza alle sue spalle e si voltò di scatto, mollando a Rossella un sonoro ceffone.
Rossella fece un rapido calcolo ed esclamò in cuor suo: “e quattordici!”.
Poi siccome si sa che quando le donne sono felici piangono, Rossella si mise a singhiozzare e Andrea, avendola riconosciuta, si profuse in un mare di scuse e le offrì i suoi fiori.
In quel preciso istante i loro sguardi s'incrociarono - e successe quel che doveva succedere, cioè, va be’, i due si baciarono- e vissero per sempre felici e contenti!
©
Milena Esposito
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