Incontrai Eleonora per la seconda volta un pomeriggio a casa della mia amica Milena. Sedeva su una sdraio blu della terrazza, con il viso in ombra e la borsa sulle ginocchia. Milena sorseggiava un’aranciata. Non appena mi vide da oltre i vetri del balcone, si alzò e mi corse incontro. Mi invitò a sedere assieme a loro e mi presentò Eleonora, chiedendomi se mi ricordavo di lei. Dissi subito di sì, ma lei non mostrava di ricordarsi di me: le ripetei due volte il mio nome. Il nostro primo saluto fu uno sfiorarsi di dita. Non mi permise di stringerle davvero la mano, ma la ritrasse prima che io chiudessi la morsa. Milena versò da una caraffa dell’aranciata e infilò nel bicchiere una cannuccia verde. Me la porse sorridendo della sua composizione.
- Non ho parole! - disse Milena, riprendendo un discorso interrotto col mio arrivo. Eleonora si strinse nelle spalle e sollevò le sopracciglia in atteggiamento rassegnato. Era evidente che aspettavano una mia domanda, per cui le accontentai.
- Che cosa è successo? - domandai, accentuando una curiosità che non mi apparteneva, ma che sapevo Milena sperava di trovare in me. Era giusto così. Io non ero mai stata capace di suscitare grande attenzione o curiosità. Avevano perfino smesso di chiedermi se c’erano novità. La risposta era sempre la stessa. Io ero lì per ascoltare i racconti di Milena, per sgranare gli occhi per la sorpresa, per biasimare quelli che lei biasimasse e ammirare chi lei ammirasse. Da me non si aspettavano altro: che domandassi e sospirassi al ritmo dei loro sospiri, nient’altro. Quello era il mio ruolo tra i miei amici. Se fosse cambiato, anche il mio rapporto con loro ne avrebbe sofferto. Per cui io l’avevo accettato. Mi confortava essere l’uditorio e non l’oratore. Trovavo piacere nell’offrire la mia attenzione a Milena, e anche a tutti gli altri. Era quello che cercavano da me. Il mio ruolo era stato definito tanto tempo prima, forse troppo tempo prima.
- Stavamo parlando di un nostro comune amico: Raffaele. Te lo ricordi? Era alla festa di Italo. - disse Milena.
Feci cenno di sì, ma mentre annuivo cercavo nella mia memoria il volto di un nome che in effetti non mi era del tutto estraneo.
- Non sai che cosa è stato capace di combinare ad Eleonora! - esclamò Milena chinandosi verso di me e scuotendomi per il braccio. Mi voltai verso la sua amica e mi mostrai interessata alla storia. Mentre reclamavo altri particolari, ricordai il viso di Raffaele, gli occhiali, la voce. Sì, Raffaele! Italo lo aveva portato con sé un paio di volte, ma non era un tipo che si faceva notare. Ora avrei seguito quella conversazione con un’immagine ben delineata nella mente. Eleonora, però, scosse la testa con imbarazzo:
- Su, non ha combinato nulla, è solo un’impressione! - disse, tagliando corto.
- Ma vuoi scherzare, Ele? - la rimbrottò Milena - Quello che mi hai raccontato è il colmo! Ha proprio sorpassato il limite, stavolta!
La mia finta attenzione iniziò a tramutarsi in vera curiosità.
- Insomma, si può sapere che ha fatto? - insistetti avvicinandomi con la sedia.
- Davvero, nulla! - replicò Eleonora agitando la mano.
- E va bene, lo racconterò io! - decise Milena, e prese fiato, - Ha scoraggiato un ragazzo dal chiederle di uscire perché si è preso una cotta per lei.
- Milena! - la richiamò Eleonora - Non è andata così!
- Come no? Lo hai detto tu stessa! È inammissibile, non trovi anche tu? - mi chiese.
- Ha esagerato, non c’è che dire. - mi affrettai a dare il mio manforte allo sdegno di Milena - Ma come lo avete saputo?
- Glielo ha quasi confessato! - soggiunse ancora più infervorata la mia amica.
- No, aspetta, non me lo ha confessato! - la smentì Eleonora.
- Ma ti ha detto esplicitamente che aveva parlato con Michele. - disse Milena.
- Michele è il ragazzo scoraggiato? - domandai.
- Sì, un ragazzo adorabile, gentile, molto carino! - mi spiegò Milena.
- Sì, ma ormai è andata! - disse Eleonora. Sembrava simulasse la sua rassegnazione per convincere Milena a desistere dalle sue insistenze. Anzi, mi parve quasi sollevata nell’affermare che “ormai era andata”.
- Per così poco? Non permetterai a Raffaele di intromettersi nella tua vita in questo modo! - si inalberò Milena, e minacciò che avrebbe parlato lei stessa a Raffaele, mentre Eleonora tentava di calmarla e la pregava di tacere: non ne valeva la pena. Raffaele avrebbe sempre potuto negare. Non è forse quello che fa la gente quando è messa alle strette? Milena sbuffò portandosi il bicchiere dell’aranciata alle labbra.
Da parte mia, io ero alquanto confusa, perché avevo sempre pensato che Raffaele avesse un debole per Milena. D’altronde, tutti avevano un debole per Milena! Forse, però, si era stufato di farle da sfondo invisibile mentre decine di ragazzi le andavano dietro. Il silenzio che calò mentre la mia amica sorseggiava la sua spremuta mi incoraggiò a intervenire:
- Milena ha ragione, non puoi permettergli di intromettersi nella tua vita, non ne ha diritto. Se lo lasci fare, fraintenderà le tue intenzioni e ti porterà solo fastidi.
- E poi come la mettiamo con Michele? Vuoi rivederlo, non è forse così? - le chiese Milena, andando dritta al sodo. Eleonora non confermò né smentì, ma mugugnò qualcosa.
- E allora che aspetti? Accetta l’invito! - esclamò Milena, ancora più infervorata.
- C’è un invito, dunque! - constatai.
- Beh, invito è una parola grossa. - disse Eleonora.
- Non capisco.
Milena prese fiato:
- Vedi, lui, Michele, è molto timido, vorrebbe invitarla, ma lei non dice una parola, lui non dice una parola, nessuno dei due si sbilancia, e non accade nulla. Però c’è stato un tentativo di invito sfumato a causa di Raffaele.
Compresi perfettamente la situazione. O meglio, la trovai assurda, così singolare che non ebbi dubbi sul fatto che fosse vera. Esortai Eleonora a raccontare anche a me, per filo e per segno, quello che era successo tra lei, Michele e Raffaele. Quel triangolo così banale eppure insolito mi incuriosiva. Lei si tirò su, posò finalmente la borsa sul tavolino bianco e divenne il perno oratorio della terrazza.
- Ebbene, ieri mattina sono andata in libreria per ordinare un saggio che mi serve per la tesi di laurea, e Michele era lì, nella mia stessa libreria, quella dove vado da anni, al mio solito orario.
Fece una pausa e mi fissò come in attesa. Guardai Milena e vidi che mi faceva ampi cenni con gli occhi, come alludendo a molti non detti.
- Pensi che fosse lì per te? Sapeva che saresti stata lì a quell’ora? - domandai, tentando di decifrare i loro gesti.
- Beh, i fatti sono questi. - disse Eleonora, e Milena annuì.
- Ma lui dove abita? - osai chiedere. Eleonora parve infastidita dalla mia domanda.
- Che importa questo, ora? - chiese sorridendo - Anche se quella fosse la sua libreria di fiducia, ti sembra verosimile che ci incontriamo nella stessa libreria, allo stesso orario in cui normalmente io mi reco in libreria - non lui - e per di più per ordinare entrambi un libro che ci servirà per la tesi?
Mi guardò come fossi un’ingenua.
- Inoltre, - le diede sostegno Milena - dopo aver tenuto con lei una lunga discussione il giorno prima.
- Ah, vi eravate dati appuntamento da qualche parte? - domandai con vivacità.
- No, no. - precisò subito Eleonora - Abbiamo parlato in chat. E per almeno trenta minuti! Io cercavo di tagliare la conversazione, accampavo scuse, ma lui insisteva!
- E intanto Raffaele la mitragliava di messaggi! - aggiunse Milena contrariata.
- Sì, ma ora non vorrei perdere il filo. - riprese Eleonora. La ritrosia dell’inizio era svanita d’incanto. - Insomma, lo incontro in libreria. Che fosse lì non a caso è evidente da una clamorosa gaffe che ha fatto: prima mi ha chiesto che cosa ci facevo io in libreria...
- Ti rendi conto? - la interruppe Milena. - Lui chiede a lei che cosa ci faceva!
- ... e poi, dopo che io gli rispondo che stavo ordinando un saggio per la mia tesi, alla mia stessa domanda lui replica con la mia identica risposta: “devo ordinare anche io un saggio”. Andiamo!
- Sì, in effetti, è sospetto. - fui costretta ad ammettere, non proprio convinta.
- Insomma me lo ritrovo ovunque! - sospirò Eleonora.
- Ti segue, vorresti dire? - le chiesi.
- Beh, valuta tu: in chat, in libreria... Non se ne può più! Deve decidersi, se ha qualcosa da chiedermi.
Fu allora che mi feci coraggio, nonostante non fossi di norma un’impicciona, e le posi la domanda più naturale del mondo:
- Perdonami, ma non mi è chiara una cosa: lui ti piace?
Non so bene cosa accade poi, come riuscì a confondermi e a cancellare dalla mia mente quel semplice quesito, ma tra sillabe sconnesse e particolari di conversazioni telematiche, io dimenticai del tutto la domanda e lei di fornirci una risposta. Rimase solo l’inequivocabile certezza che Michele moriva per lei e il meschino gesto di Raffaele, mosso da gelosia. Gesto di cui avevo capito ben poco, mi parve il caso di ritornare sull’argomento:
- Ma Raffaele, che ha fatto esattamente?
Il suono del telefono di Milena ci sorprese proprio allora.
- Raccontale della serata al Red pub! - vociò Milena, scomparendo oltre la tenda.
E così ascoltai per un’altra ora il racconto di una sera tra amici e di assalti continui di Raffaele, di battute ambigue e indecifrabili, di sorrisi, occhiatine, manifestazioni di gelosia legate a posti a sedere troppo vicini e abbracci immotivati. Eleonora mi seppellì con una miriade di indizi che portavano a un’unica conclusione, che solo un cieco non avrebbe saputo vedere: Raffaele era pazzo di lei. Fui io però a dirlo:
- Quindi Raffaele è cotto di te!
Quando diedi voce a quell’idea che cercava di inculcarmi da quasi un’ora, sussultò e mi disse:
- Ma no!
Ma come no? Di che cosa stavamo parlando, allora? Fino a che avevo mostrato dubbi e ritrosie, aveva guardato con occhi accigliati, e aveva insistito perché vedessi con chiarezza quello che nitidamente lei aveva intuito e che era sotto lo sguardo di tutti i savi. Era così abile a mettere uno dietro l’altro i molti dettagli delle avances dei suoi corteggiatori, che non avevo più dubbi: Raffaele e Michele si contendevano la sua attenzione.
E infine finalmente accennò al “tentato invito” di Michele:
- Alla fine della serata, mi viene vicino e mi dice: “è stato bello vederti, stasera, non ti fai mai viva! Spero che si ripeterà!”. Poi mi dà un bacio sulla guancia - ma proprio un bacio - mi guarda, mi sorride e se ne va, girandosi per assicurarsi che lo stessi guardando andare via.
In quel momento tornò Milena:
- Sei arrivata a raccontarle della loro chiacchierata al parcheggio? - chiese.
- No, stavo per farlo. Ma poi non è detto che...
- O avanti, Ele! Lo racconto io, se fai la preziosa! - disse Milena, e si indirizzò minacciosamente verso di me - Dunque, dopo che lui l’ha quasi invitata e sta per andarsene, Raffaele va da lui per salutarlo, a suo dire, e lo accompagna al parcheggio adducendo una scusa, mi pare che gli abbia chiesto un passaggio perché altrimenti non sapeva come ritornare a casa. Non è così, Eleonora?
- Sì, gli ha chiesto un passaggio fino a casa. Con tutta la gente che c’era al Red, come Italo, ad esempio, chiede il passaggio a Michele! Mah...
- E dopo quella sera, - seguitò Milena - di Michele non si è saputo più nulla! Tu che cosa ne ricavi?
Speravo che non me lo stesse chiedendo sul serio.
- Io? - balbettai. I loro occhi rapaci attendevano da me una reazione che già avevano prestabilito, in un silenzio teso come corde sul punto di cedere. Non sapevo che dire. Cosa volevano che ne ricavassi?
- Ma è ovvio, no? - intervenne la mia amica, stufa di aspettare - Michele le avrebbe chiesto di uscire in modo ufficiale, ma Raffaele, parlando fra uomini, gli avrà domandato di farsi da parte! Non c’è altra spiegazione. Non è così, Ele? - la chiamò in causa.
- Se lo dici tu. - rispose lei.
- Non fare finta di niente, Ele, io non c’ero quella sera, altrimenti avrei tenuto a bada io Raffaele! Me lo hai detto tu stessa che sospetti così, e non ho motivo di non credere alle tue sensazioni.
Mi ero persa nei cunicoli dei loro racconti, non sapevo più se quello che mi raccontavano l’avevano vissuto in prima persona, o se l’una raccontasse quello che l’altra aveva vissuto, o ancora se Milena riportasse con precisione quello che Eleonora insinuava fosse accaduto, senza saperlo con certezza. Ma era tutto così chiaro! Perché faticavo solo io a capire? Mi domandai se il “tentato invito” fosse stato già narrato del tutto e archiviato. Forse avevo perso il filo. Tentai di raccapezzarmi:
- E l’invito di Michele? - le esortai.
- Come? Non glielo hai raccontato, Eleonora? - si stranì Milena.
- Ma sì che te l’ho raccontato! - si indispettì lei. Non ti ricordi le parole di Michele?
- Sì, ti ha detto che era stato bello vederti e sperava che si ripetesse. E poi, com’è andata? L’invito vero e proprio, intendo. - domandai, spronandola a continuare. Lei mi osservò con aria stupita e rimase in silenzio per qualche istante.
- E poi niente. - disse. Entrambe mi guardavano attonite, come fossi una tonta. Che cosa volevo di più? Quello era in tutte le sue alludenti sfaccettature il “tentato invito” di Michele. Beh, sì, certo, d’altro canto non avevano parlato di invito pieno ed esplicito, ma di un “tentativo” di invito. Che sciocca! Dovevo aver fatto una pessima figura! Non volevo dispiacere l’amica di Milena, per cui annuii gravemente:
- Ebbene, - soggiunsi sorridendo - Questo Michele si è preso proprio una bella cotta, a quanto sembra! - e bevvi la mia aranciata.