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Beh, immagino sappiate come sono 'ste cose che ci portano a comportarci in una determinata maniera pur sapendo che finiremo per pagarne il prezzo. Credo sia di pubblico dominio però a volte mi sorprendo. Mi chiedo com'è che non facciamo nulla per evitare il burrone che abbiamo davanti pur sapendo che stiamo dirigendovici in bomba ?
Qualche mese fa, per esempio. Dopo quasi dieci anni che non lo vedevo reincontrai David Cremona in un centro commerciale, o meglio, nel bar d'un centro commerciale. Indossava un giaccone consumato e rispetto a quando m'aveva rubata Vivian pareva invecchiato d'una ventina d'anni. Le rughe gli s'erano fatte profonde e i capelli che s'era lasciato crescere lo rendevano più simile a un barbone che al violinista che era stato. Certo, conservava ancora quel sorriso ironico di chi sembrava poter passare indenne attraverso le fiamme dello stessissimo inferno però il gyn tonic che aveva di fronte parlava chiaro. Nessuno si beve un gyn tonic alle nove del mattino a meno di non esserne davvero costretto.
Avvicinandomi senza che s'accorgesse e intravedendo nel colletto della camicia una fascia di sudore ripensai a quando Vivian m'aveva detto che m'avrebbe lasciato per lui. Avevo desiderato la sua morte, allora, però le cose erano cambiate. Erano passati degli anni e il tempo è galantuomo. Già non serbavo alcun rancore. Dal giorno dell'incidente me n'ero fatto una ragione e non aveva senso colpevolizzarlo per quello ch'era successo. Ero divenuto fatalista. Le cose erano andate a quel modo perchè così avrebbero dovuto andare e lui non n'era il responsabile.
"Buongiorno David" esclamai senza togliemi le mani dalle tasche.
Sentendosi chiamare si girò sorpreso. Non pareva avere gli stessi riflessi d'una volta e chiedendosi dove demonio m'avesse conosciuto strizzò gli occhi come avevo visto fare a Clint Eastwood al cinema.
"Kroitzberg" esclamò infine "che io sia dannato".
Allora s'alzò rapidamente. M'abbracció con un affetto che mi sorprese e mi guardò in viso.
"Kroitzberg" ripetè fissandomi come se non potesse crederselo "chi l'avrebbe detto, il buon vecchio Kroitzberg".
Già, il buon vecchio Kroitzberg. Il Kroitzberg delle mille battaglie. Lo stesso a cui aveva rubato la ragazza uccidendola una mattina d'agosto precipitando con l'auto per una scarpata. Lo stesso.
"Come va, Cremona" gli chiesi.
"Và" rispose.
Mi fece cenno di sedermi.
"Cosa bevi, Kroitzberg" mi chiese "un caffè, un vaso di vino" ?
"Nulla" risposi. Non avrei bevuto nulla. Ero lì solo per salutarlo.
"Ben fatto, Kroitzberg" disse incrociando le braccia sul laminato plastico del tavolo "non sei cambiato. M'ero dimenticato che tu non bevi mai prima di mezzogiorno".
"Infatti" risposi "non sono cambiato".
Mi faceva piacere vederlo. Avevo sperato che le cose gli stessero andando bene ma era evidente che non era così. Non aveva senso fingere di non essermene accorto. Puzzava ad alcool e quello non doveva essere il primo bicchiere di gyn. Era probabile fosse venuto al bar della galleria perchè era tra quelli che aprivano per primi. Ciononostante c'era stato un tempo in cui s'aveva suonato assieme e non ero solito dimenticare le cose. Da lui avevo imparato molto e non avevo smesso di nutrire nei suoi confronti la stessa incondizionale ammirazione che sempre gli avevo professata. Fra l'altro, dopo il volo dell'AUDI giù dalla scarpata, non ero neppure passato all'Ospedale a vedere come stava e stavo ancora trascinandomi dietro un senso di colpa che non sapevo se avessi dovuto avere o no.
Spinto da qualche fantasma del passato gli indicai il gyn che teneva davanti.
"Dovresti smetterla di pensare a Vivian" gli dissi "non è stata colpa tua".
Mi fissò. Non pareva voler parlare del tema e non ero stato delicato a tirarlo fuori così, all'improvviso.
"Lo facciò perchè mi va di farlo" rispose "non ha nulla a che vedere con Vivian".
Gli chiesi in cosa fosse messo. Se stesse suonando o componendo qualcosa.
"È da tempo che non ti si vede in giro" aggiunsi tentando di non mostrarmi indiscreto "credevo fossi ritornato in Israele".
Cremona non sarebbe mai andato a vivere in Israele. Era solo una delle cose che diceva quando ci scartavano dai concorsi ai quali ci presentavamo. Diceva che mai più, metteva il Guarnieri nella custodia e s'allontanava dicendo che quella sarebbe stata l'ultima volta che avevamo suonato assieme. Che avrei avuto sue notizie da Israele.
"Non ho avuto la forza di farlo" disse sorridendo "magari avrei dovuto".
Dette un sorso al bicchiere che reggeva fra le mani.
"Magari a Tel Aviv le cose avrebbero potuto essere diverse".
Sembrava volesse crederci, come se una persona non fosse la stessa persona indipendentemente dal luogo. No. Non ero d'accordo. Anche se se ne fosse andato in Israele non sarebbe cambiato nulla. Come i vecchi che vagabondano nelle stazioni d'autobus con valigie di cartone legate con dello spago si sarebbe trascinato dietro le sue circostanze.
"Non sarebbe servito" risposi "hai fatto la tua scelta e non ha senso guardarsi indietro. È il destino che da le carte e senza fortuna non si vince. Qua o a Tel Aviv sarebbe stata la stessa cosa".
M'ero inserito fra i giocatori che avevano giocato la sua partita però non aveva risposto. Fra l'altro il farlo non avrebbe avuto senso. Avrebbe dovuto dirmi che gli dispiaceva di Vivian e io avrei dovuto rispondere che già era passato tanto di quel tempo che già non era importante. Che senso avrebbe avuto ?
Ci guardammo chiedendoci se già non ci fossimo detti tutto.
"Con chi stai suonando" chiesi infine "sei in tournee" ?
Parve sorpreso.
"In ... tournee" ?
Sorrise e mi fece vedere le mani.
"Ti sembrano mani di violinista in tournee" ?
No. Non erano mani di violinista. Erano callose e sporche di catrame e le unghie rivelavano la sporcizia di chi lavora duro.
"È da anni che non suono, Kroitzberg" mi disse.
Scioccato dalla confessione mi spinsi indietro sulla sedia Non potevo credere non stesse suonando. Aveva rappresentato la grande speranza dei violinisti contemporanei e pur sapendo ch'era sparito avevo immaginato stesse impartendo lezioni in qualche conservatorio. Mai l'avrei creduto capace di vivere lontano alla musica.
"Lavoro in un distributore di benzina sulla 104" aggiunse "all'altezza dell'areoporto".
All'altezza dell'areoporto ? David Cremona che lavorava come benzinaio. Un talento della musica contemporanea e lavorava su un autostrada. Avrei voluto rispondergli qualcosa però non avevo chissà che tante freccie al mio arco e le cose non si sarebbero rimesse a posto solo parlandone. Vivian era morta da anni però il suo spettro aleggiava ancora con risultati nefasti.
"Mi dispiace" dissi "non sai quanto mi dispiace".
Sorrise.
"Non v'è ragione" rispose "immagino che tutto fosse già stato scritto fin dalla notte dei tempi. Io, tu, Vivian, la musica. Non credere che non ci abbia pensato. Credo che alla fine le cose sarebbero arrivate allo stesso punto anche se non fossero andate come sono andate. È come un labirinto. Differeni percorsi e un unica uscita. Non conta il percorso che scegli. Alla fine esci per l'unica uscita che t'hanno messo a disposizione".
Ci pensai un attimo. Aveva l'aria d'averci pensato parecchio e sembrava sicuro di quello che mi stava dicendo. Stavo per dirgli ch'era la stessa conclusione alla quale ero arrivato io. Che non importa il percorso che scegli, alla fine le cose finiscono sempre e comunque come tu non ti saresti mai immaginato. A ogni modo non avevo voglia di parlare di ciò ch'era successo e se avessi risposto avremmo finito per parlare di Vivian e di quello che aveva significato. D'altro canto mi resi conto che non avevo voglia d'andarmene. Ritrovare David e sapere che aveva smesso di suonare m'aveva riempito di malinconia.
"Non è vero che non sono cambiato" dissi allora cercando senza risultato una cameriera.
David mi fece un cenno con le mani.
"Cosa vuoi dire" ?
Sorrisi.
"Che ho iniziato a bere prima di mezzogiorno" risposi.
Allora mi tirai su in piedi, gli feci cenno d'attendere e mi diressi al bancone a chiedere due nuovi gyn tonics.
Quel pomeriggio, all'audizione per i nuovi solisti dell' orchestra da camera che dirigevo, pensai a Cremona e a ciò che aveva significato per la generazione di musicisti con la quale m'ero formato. Prima che decidessi d'abbandonare il piano per dedicarmi alla composione avevamo suonato assieme per quasi 5 anni e pur perdendo quasi tutti i concorsi ai quali c'eravamo presentati sapevamo che tutto sarebbe dipeso dal tener duro. Solo sarebbe stata una questione di tempo però io non ce l'avevo fatta. Mentre David aveva continuato a presentarsi ai differenti concorsi io avevo lasciato il piano rimettendomi a studiare composizione e direzione orchestrale. In realtà l'avevo fatto perchè non ce la facevo a stargli dietro. David era un fuoriclasse e non serviva esser dei bravi critici per rendersene conto. Se non vincevamo i concorsi era perchè io non riuscivo a suonare al suo livello e la decisione di rimettermi a studiare rispondeva più a un desiderio d'anticiparmi al suo abbandono piuttosto che a un effettiva necesità d'ulteriori studi.
A 29 anni avevo ottenuto un posto di professore al Conservatorio di Salisburg e alla fine ero rientrato nel mondo della musica sinfonica come direttore supplente dell'orchestra di Praga.
A differenza di me, invece, David aveva tenuto duro sulla strada che s'era prefissato di seguire. Anche se ciò che raccoglieva non era proporzionale alle ore passate con il violino era stato caparbio. Voleva la gloria e sapeva d'avere le carte in regola per ottenerla. Aveva continuato a presentarsi in solitaria a concorsi fino a essere notato e contrattato dall' orchestra di Padova come supplente del primo violino ed era stata la cosa migliore che avesse potuto capitargli. Sette mesi più tardi aveva già scavalcato il titolare passando da supplente a primo violino.
Erano stati anni d'apprendistato però gli erano serviti per affinare le capacità tecniche. Senza smettere di presentarsi a conocorsi, s'era fatto conoscere al pubblico dei concerti sinfonici così che non era stata una sorpresa per nessuno quando, a 29 anni, il suo nome era risultato essere quello del vincitore del prestigioso Concorso Internazionale di Violino "F. Kreisler" di Vienna. Per allora s'era convertito in un solido musicista e la sua interpretazione del Trillo del diavolo di Tartini, presentata al concorso, era stata registrata e immessa sul mercato della musica sinfonica come la migliore interpretazione di Tartini fin'allora registrata.
Da allora le cose avevano iniziato a essere in discesa e abbandonando l'orchestra di Padova aveva suonato con la Filarmonica di Berlino, quindi con la Sant Martin in the fields di Londra e infine era stato chiamato da Itzak Permann per una serie di concerti come motivo del suo addio alla musica.
Quella era stata la spinta finale. Il colpo di fortuna del quale ogni gran uomo ha bisogno per realizzare i suoi sogni. Con Permann, David aveva suonato come mai prima d'allora e quando in seguito all'aggravarsi della sua poliomielite quest'ultimo s'era ritirato dagli auditori del pianeta ai critici non era parso vero l'aver potuto incontrare così rapidamente in David le caratteristiche necessarie a sostituirlo. Cremona rappresentava l'uomo giusto al momento giusto: era virtuoso, carismatico, e, la cosa più importante, era ebreo. La lobby ebraica s'era messa rapida in movimento e negli anni successivi David aveva conosciuto i successi che ancora non era riuscito a conoscere.
Quel pomeriggio non potei ascoltare l'audizione come mi sarebbe piaciuto. Non ce la facevo a non pensare in David e, dopo tre ore di nervosismo, clausurai l'audizione dando appuntamento ai solisti per la settimana dopo.
"Non mi sembra professionale" disse uno di loro, un ragazzino italiano dai capelli lunghi che mi ricordava Cremona "non è giusto che ci dia appuntamento per l'audizione e che se ne vada prima d'ascoltarci perchè ha la luna storta".
Il ragazzino aveva ragione così che lo guardai, gli feci cenno d'avvanzare verso il palco e quindi gli sorrisi per fargli capire che non ce l'avevo con lui per aver messo in discussione la mia autorità.
"Hai ragione" risposi con una frase a doppio senso "mettiti qua e suona come se da quest'unica audizione dipendesse il tuo avvenire".
Mezz'ora più tardi stavo guidando sulla 104 direzione areoporto.
Quando arrivai alla stazione di rifornimento parcheggiai di fronte a uno dei distributori. Come distributore non era granchè. Un tunnel l'univa a un siccido hotel che stava dall'altra parte della strada a 4 corsie e a parte un cane lupo legato a una catena troppo corta per permettergli qualsiasi movimento non sembrava esserci anima viva.
Scesi dall'auto e m'avvicinai alla cabina del distributore. Vuota.
"David" gridai "sono Kroitzberg".
L'unica risposta furono un paio d'abbaiate del cane lupo. Mi guardai in giro e dalla parte del hotel vidi che un tizio che indossava una tuta da benzinaio mi faceva cenno d'attendere e si metteva, correndo, giù nel tunnel. Non sembrava David e quando uscì dalla galleria vidi che a stento arrivava ai vent'anni. In mano aveva un panino fatto sù nella stagnola e sotto la giacca aperta della tuta una maglietta con la scritta "WHY DRINK AND DRIVE WHEN YOU CAN SMOKE AND FLY" ?
"Mi scusi" disse appogiando il panino su un bidone azzurro "ero andato a farmi un panino. Spero non abbia aspettato troppo".
"Non preoccuparti" risposi guardandomi ancora una volta in giro "ero appena arrivato".
Mi chiese cosa volessi. Gli chiesi che mi facesse il pieno e rimasi a guardare come giravano le cifre nel totalizzatore del distributore.
"Non lavora qui un tale David Cremona" chiesi infine "un tipo con capelli lunghi e faccia scavata" ?
Il ragazzino mi guardò senza smettere di pompare benzina.
"Oggi non lavora" rispose "il sabato è il suo turno di riposo però se vuole vederlo non deve far altro che attraversare il tunnel ed entrare nel hotel".
"Stà nel hotel" ?
"Per lo meno c'era quando v'ero io" rispose.
Sentii uno STOCK e il ragazzino estrasse la pompa dal serbatoio.
"40 e 30" mi disse infine "40 euro e 30 centesimi".
"Ok" risposi.
Pagai, montai in macchina, mi reimmisi nella 104 e una volta arrivato a un cambio di direzione guidai mettendo l'auto nella corsia di sinistra. Poi rifeci lo stesso percorso all'inversa ed entrai nel parcheggio del hotel.
Il posto era squallido, però squallido sul serio. Vi s'entrava per un ristorante che aveva conosciuto tempi migliori e che odorava a pesce fritto e tranne tre camionisti che stavano bevendosi quella che sembrava una grappa non parevano esserci altre persone.
"Un attimo, per cortesia" disse una voce.
Mi girai. La voce apparteneva a una vecchia che stava portando dei piatti ai camionisti. Sembrava stanca. Mi passò vicina con i piatti e sparì all'interno d'una porta con l'aria di voler avvertire qualcuno della mia presenza.
"Faccia con comodo" mormorai "non ho fretta".
Attendendo che qualcuno mi degnasse d'un occhiata m'accomodai al bancone e detti un occhiata in giro. Il ristorante non pareva avere chissà che gran successo. A parte i camionisti non c'era nessun altro e più che alla qualità del cibo che serviva era probabile dovesse la sua esistenza alla presenza delle stanze che l'hotel aveva ai piani superiori. Un tale che aveva l'aria d'un gatto che aveva appena finito di mangiarsi un grasso topo uscì da una porta laterale seguito da una negra. Sorridendomi con aria di complicità mi passò accanto e dando una pacca sul culo alla negra uscì al parcheggio esterno lasciando che la ragazza si dirigesse al gruppetto dei camionisti.
"100 euro per un completo" sentii che diceva la negra "100 euro per il paradiso".
Poi mi girai verso la cucina mentre una porta azzurra ruotava su se stessa lasciando entrare nel mio spazio visuale una tizia con un viso affilato e lo sguardo d'un vecchio soldato con cento battaglie alle spalle. Aveva l'aria d'essere la responsabile della baracca e indossava una vestaglia azzurra che lasciandole scoperte braccia e spalle non nascondeva il tatuaggio d'un drago le cui ali scomparivano fra le scapole.
Entrò dietro al bancone e venne dov'ero seduto.
"Che le pongo" mi chiese "qualcosa da bere" ?
Annuii.
"Un rum con Habana 3" dissi "e vorrei che rispondesse a una domanda".
La tizia mi guardò sorpresa. Poi prese un bichiere e aprii la macchina del ghiacco.
"Cosa vuole" mi chiese "è della polizia" ?
No, non ero della polizia. Perchè mai avrei dovuto essere della polizia ?
"Sono gli unici che vanno in giro a far domande al prossimo" disse la tizia tatuata "per lo meno gli unici che lo fanno come professione".
Sorrisi.
"Non sono della polizia" risposi "stò solo cercando David Cremona, il benzinaio che lavora nel distributore dell'altra parte della strada".
La ragazza mi porse il bicchiere con il ghiaccio, versò il rum e stappò una coca cola lasciandomela a fianco del bicchiere. Poi s'appoggiò al muro con le braccia incrociate. Pareva sicura di se e notai che s'era resa conto che indossavo un soprabito Armani da 2.000 euro. Non doveva essere il genere di roba che portavano gli amici di David.
"Non so cosa demonio possa volere da lui" rispose "però non ha l'aria d'essere uno dei tipi che frequenta".
Lo immaginavo però non era che me ne importasse chissà che gran cosa.
"Non so che razza di gente frequenti adesso però un tempo eravamo amici" risposi.
La vidi titubante. Pareva volerlo proteggere e capii che sentiva per lui ciò che in altri tempi aveva sentito Vivian
"Sono qua per far si che le cose possano ritornare a essere quello che erano" aggiunsi.
Quando entrammo nella stanza del secondo piano l'odore era ripugnante. Doveva essere stata chiusa da giorni e l'odore dell'uomo si mischiava a quello dell'alcool che aveva bevuto e vomitato su un bruciacchiato tappeto azzuro steso su una moquette rossa.
"C'è una persona che vuole vederti, David" disse la ragazza accendendo la luce "dice che ti conosce da tempo".
David non rispose. Disteso a letto con addosso la tuta della stazione di rifornimento non pareva voler svegliarsi. Dimenticandomi della ragazza mi sedetti su un lato del letto. Oltre a del vomito rinsecchito c'erano sul tappeto tre bottiglie vuote di gyn e una siringa con del sangue. Sul comodino c'era un cucchiaio, un accendino, dei filtri di sigarette e un laccio emostatico.
"Apri una finestra, per cortesia" dissi voltandomi verso la ragazza "l'aria è irrespirabile".
Gli tastai il polso. Ok. Le pulsazioni erano più lente del normale però non era in over. Stava dormendo.
La ragazza spalancò una porta che dava a un minuscolo terrazzino e una ventata d'aria fresca dissolse il putrido odore stagnante. Mi girai verso la tizia. Immobile e silenziosa pareva incerta sul da farsi. S'era accesa una sigaretta e mordendosi le unghie pareva mi stesse chiedendomi di far qualcosa.
"Non ha l'aria di star chissà che gran bene però si recupererà" le dissi.
Allora gli detti un paio di sberle per vedere se rinveniva e quando aprì gli occhi strizzandoli mi ricordò ancora una volta Clint Eastwood.
"Kroi...tzberg" sussurrò "che .... demonio".
Già. Ero ancora io. Un altra volta io, il vecchio Kroitzberg !
Quel pomeriggio lo passammo al hotel. Dapprima dissi alla ragazza che mi facesse il piacere di portar fuori dalla stanza il tappeto con il vomito di Daniel e che gli rifacesse il letto cambiando lenzuola coperte e poi me lo pensai meglio. Chiesi gli dessero un altra stanza con una vasca abbastanza grande per poter mettercelo dentro e lasciarlo a mollo per un paio d'ore.
David lasciava che m'occupassi di lui e quando gli preparai il bagno dicendogli che si togliesse la tuta e tutto il resto non obiettò. Seguí le istruzioni come un automa e quando un paio d'ore più tardi la padrona del vapore salì con dei pantaloni stirati e una camicia pulita lo incontrò che aveva appena finito di radersi e stava passandosi un dopobarba che avevo mandato a comperare. Lasciò i pantaloni e la camicia su un tavolino in camera e avvicinandoglisi alle spalle guardò l'immagine di David riflessa nello specchio.
"Non puoi andare avanti così, David" sussurrò mentre io attendevo disteso a letto "non puoi continuare a 'sto modo".
David le restituì lo sguardo senza risponderle e quando uscì chiudendo la porta senza far rumore si girò verso di me.
"Si chiama Milena" sussurrò sorridendo.
Più tardi scendemmo al piano terra e il ristorante era irriconoscibile. La notte gli donava un alone di rispettabilità e grazie a pastiglie d'incenso che bruciavano in recipienti d'acciaio non v'era già più traccia dell'odore di pesce fritto di quel pomeriggio. I tavoli ospitavano una trentina di persone e l'illuminazione era stata studiata per garantire ai presenti la riservatezza desiderata. In un angolo, in una zona in penombra, v'erano i tre camionisti che già avevo visto. Seduti in un sofà azzurro, assieme alla prostituta negra e ad altre due ragazze dall'aspetto slavo, stavano bevendosi quello che probabilmente gli sarebbe costato un giorno o due di lavoro e avevano l'aria di star passandosela bene.
Milena ci stava aspettando infilata in un paio di jeans attillati che ne risaltavano le forme. Anche lei era cambiata. L'agressività era scomparsa e sorrideva come non la credevo capace. Ci fece cenno di seguirla e, accompagnandoci a un tavolo sistemato dietro a un separee con dei motivi orientali, ci riempì i bicchieri con del vino bianco e ci lasciò soli.
David sembrava un altra persona. Una camicia pulita e un bagno l'avevano rimesso a nuovo e anche se il volto scavato e la pelle tesa rivelavano la durezza degli ultimi tempi dava comunque un immagine diversa rispetto a quella offerta nel bar del centro commerciale o nella stanza dei piani superiori. Pareva sapere perchè ero li, come se durante tutto quel tempo m'avesse atteso per portargli un perdono che avrebbe significato il finale del suo periodo d'espiazione. Sembrava pronto ad ascoltare quello che avevo da proporgli così che lo guardai e gli dissi quello che immaginava.
"Voglio che tu ritorni a suonare, che ti rimetta in sesto e venga a far parte della mia orchestra".
Allora sorrise. Mi fece cenno di brindare con lui e alzando il bicchiere di vino lo mantenne davanti a se.
"Salute" disse.
"Alla nostra".
Bevemmo il vino, ci mettemmo a ridere e ci guardammo per vedere chi avrebbe parlato per primo.
"Non so se potrebbe essere una buona idea, Kroitzberg" mi disse "è passato tanto di quel tempo che non sò se potrei farcela".
Decisi di lasciarlo parlare e non lo interruppi.
"Mi chiedi di tornare a far parte d'un gioco che non ha senso" aggiunse "d'un gioco che terminerà a piacimento del suo creatore indipendentemente dalle tue mosse".
"Esatto" risposi "è ciò che ti stò proponendo. Che ritorni a giocare".
Sorrise stancamente. Si passò le mani sugli occhi e sbilanciandosi in avanti incrociò le braccia.
"Non lo so, Kroitzberg" disse scuotendo il capo "il giorno dell'incidente vidi l'innutilità di tutto. Vidi la mia morte come avrei potuto vederla in un film. Dal di fuori. Non so cosa successe però compresi che nulla di ciò che avevo fatto fino allora aveva avuto senso, che avevo lottato per delle futilità. Poi, una volta uscito dall'ospedale, pensai che tanto valeva sedersi aspettando di morire d'inedia. Diciamo che iniziai a pormi delle domande riguardo al senso della vita senza trovare nessuna risposta".
Mi fissò con durezza.
"Tu conosci le risposte" ?
Che risposte voleva che conoscessi ?
"No" risposi. Non le conoscevo però sapevo che me le avrebbe chieste, che avrebbe chiesto risposte a ciò che risposte non ha.
"Non conosci le risposte perchè non ci sono, Kroitzberg" esclamò "non c'è nessuna maledetta risposta al perchè della nostra stupida esistenza".
No. Non v'era nessuna maledetta risposta e non avrei potuto controbattere ciò che mi stava dicendo. Ciononostante anche se non avrei potuto spiegare il perchè della vita avrei potuto far nascere in lui emozioni che non l'avrebbero lasciato impassibile. Sensazioni che lui stesso aveva saputo creare in un passato neppure troppo lontano.
"Attendi un attimo" gli dissi tirandomi in piedi "solo un attimo".
Andai da Malena. Stava vicino alla cassa del bancone e preso un compact da una tasca della giacca glielo porsi perchè lo mettesse nello stereo del locale. Poi ritornai a sedermi da David e attesi a che la melodia subisse di tono. Fu un attimo. Giusto il tempo che David tardò in riconoscerla. Allora sorrise. Mise i gomiti sul tavolo, incociò le mani davanti al viso rimanendo ad ascoltare le note che uscivano dalle casse.
"È per questo che voglio che ritorni a suonare" dissi quando la melodia scese di tono "perchè questo è ciò che rende meno doloroso questo nostro gioco".
Allora m'alzai in piedi e riandai da Malena a riprendermi il compact.
"Credo che questo t'appartenga"gli dissi ritornando da lui e porgendoglielo "È L'ultima rosa d'estate di Ernst, registrato nel auditorio di Dusseldorf e suonato da David Cremona, un grande violinista contemporaneo".
Nn rispose però ebbi la certezza che dentro di lui qualcosa si ruppe.
Allora capii che avrei dovuto dargli il tempo di pensare e lo lasciai lì, seduto davanti a un bicchiere di vino bianco con il compact fra le mani. Gli feci scivolare sul tavolo un biglietto da visita con il mio numero di telefono e gli dissi che ci pensasse sù.
"Ascoltalo ancora un paio di volte e quando hai deciso di ritornare alla vita mi chiami".
Poi andai al bancone, salutai Malena dicendole che contavo di rivederla e uscìi nel parcheggio esterno per risalire in macchina e guidare verso la città.
Due mesi più tardi, durante delle prove per un concerto che avrei dovuto dirigere nella sala dell'auditorio nazionale di Zurigo mi chiamarono dal Ministerio di Cultura chiedendomi se avessi voluto formar parte della giuria d'un concorso internazionale finalizzato alla diffusione della musica ad archi. Era la terza edizione. Le precedenti due s'erano tenute a Parigi e a Vienna e quell'ultima sarebbe stata nel Teatro Real di Madrid. Coloro che vi partecipavano lo facevano dopo che un apposito comitato ne aveva comprovato il curriculum e il premio in denaro era consistente. Al vincitore sarebbero spalancate le porte della fama. Ai vincitori delle precedenti edizioni, un violinista e una arpista, erano stati offerti contratti da prestigiose orchestre europee ed era probabile che, dovuto alla crescente notorietà del concorso, il vincitore di quest'anno potesse dettare condizioni economiche ancora più consistenti.
Mi lusingò che al Ministerio avessero pensato in me come giudice. per rappresentare il mio Paese Risposi che mi sarei sentito onorato di formar parte della giuria. M'avrebbero inviato un invitazione formale e avrei risposto con una lettera alla segreteria del concorso.
Immediatamente pensai a David.
Da quando l'avevo lasciato nel ristorante del hotel non avevo avuto più sue notizie. Sapevo che la decisione che doveva prendere non era facile però avevo sperato mi chiamasse. Che mi dicesse che c'aveva ripensato e che voleva ritornare alla vita, che voleva ritornare a suonare.
Decisi di chiamare l'hotel e chiedere a Milena cosa ne fosse stato del mio amico. Cercai nelle pagine gialle e quando trovai il nome del hotel chiamai senza ricevere risposta. Decisi a ritornarvi. Avevo un paio d'ore di vuoto e avrei potuto guidare fino all'hotel senza spostare nessuno degli impegni di quella giornata. Così che scesi al garage, presi la Mercedes e guidai sulla M30 fino ad arrivare alla 104. Mi diressi verso l'aereoporto e quando arrivai all'hotel le cose erano cambiate, il posto era stato chiuso e un nastro della polizia diceva che nessuno avrebbe potuto trapassare la porta dello stabilimento pena la carcere.
100 euro per il paradiso.
Rifacendo all'inverso il percorso dell'altra volta guidai verso la stazione di rifornimento. Pareva aver seguito le sorti dell'hotel. Non v'era anima viva. Su un distributore un cartello diceva che il terreno era in vendita e, in un angolo, si stava arruginendo sotto alle pioggie dell'inverno la catena alla quale l'altra volta v'era attaccato il cane lupo che abbaiava.
Di David Cremona nemmeno l'ombra.
Quella notte decisi d'ubriacarmi. Di ritorno dall'hotel avevo lasciato perdere il resto degli impegni di quel giorno passando a una rivendita di liquori per comperare una bottiglia di Habana 3 e delle lattine di Coca Cola. Erano anni che non m'ubriacavo però non avrei potuto far cosa migliore.
Avevo immaginato che dopo la mia visita al tugurio in cui abitava, David si sarebbe reso conto che sarebbe dovuto ritornare a suonare, che avrebbe capito che rifiutando la vita non sarebbe riuscito a incontrare le risposte che cercava e che avrebbe fatto meglio a plasmare i suoi dubbi nella musica piuttosto che lasciarsi andare alla deriva come quando l'avevo incontrato nella stanza. Avevo sperato che ascoltando il compact registrato in altri tempi si sarebbe ricordato delle sue potenzialità avevo fallito. Ero stato presuntuoso e avevo peccato d'ottimismo.
Mi versai un bicchiere d'Habana 3 e lo mischiai con coca cola bevendolo d'un fiato. Poi me ne versai un altro e decisi che avrei atteso un attimo. Mi sedetti davanti a un camino che accendevo durante le notti d'inverno e dando un sorso mi chiesi quale fosse, in realtà, la ragione per la quale volevo che David ritornasse a suonare. Non sarà stato chè rappresentava l'unico legame d'un passato che non voleva scomparire ?
Ricordai la notte di 8 anni prima. Senza rendermene conto mi riempii ancora una volta il bicchiere e svuotai la bottiglia a mano a mano che i ricordi si facevano via via più dolorosi.
Era stato durante un concerto in onore di Paganini. Quella sera David avrebbe interpretato a Salzburg Le streghe e Il Mosè e a Vivian non pareva vero che potessi presentarle David Cremona, il violinista della cui amicizia mi vantavo. Era da due anni che stavamo assieme, da quando l'avevo conosciuta al conservatorio dove impartiva lezioni di violino. David era stato gentile e una settimana prima del concerto m'aveva chiamato per dirmi che m'aveva riservato un paio d'entrate in prima fila. Per potermi vedere dal palco, m'aveva detto.
Così che io e Vivian s'era andati al concerto attendendone l'inizio parlicchiando sottovoce fino a quando David s'era presentato con il suo Guarnieri del 1669. Rispondendo agli applausi del pubblico s'era inchinato più volte. Aveva sorriso e dopo averci fatto un occhiolino di complicità aveva iniziato a suonare Le streghe, dapprima lento, poi con più brio e alla fine con un pezzo di vituosismo lasciando il teatro nel più completo silenzio alla nota finale. Gli applausi erano durati una ventina di minuti ripetendosi per l'interpretazione de Il Mosè fino a quando il sipario s'era chiuso su quella che i critici avrebbero definito il giorno dopo come la magica interpretazione dell'italiano David Cremona.
Quella sera David aveva lasciato perdere gli organizzatori del concerto e, in memoria della nostra antica amicizia, aveva deciso di venirsene a cena con noi in un ristorante giapponese che da poco aveva aperto i battenti dietro alla casa di Mozart. Non avevo avuto dubbi all'ora di portarlo a cena. Da sempre sapevo che era un amante del cibo giapponese così che non c'era rischio mi sbagliassi. Era stata una bella serata. Avevamo ricordato a Vivian i concorsi ai quali c'eravamo presentati e s'aveva riso fino a quando avevano chiuso il local. Poi avevamo vagato per la Salizburgo notturna in cerca di qualche posto per farci l'ultimo bicchiere e David era stato brillante come non mai fino a che l'avevamo invitato a venire a dormire da noi.
E quello era stato il principio della fine.
Dalla poltrona su cui m'ero addormentato fissai il telefono per qualche secondo prima di rendermi conto che qualcuno voleva parlare con me. Erano le sei del mattino e il rum che avevo bevuto m'aveva annebbiato i riflessi rendendomi insensibile alle sollecitazioni del mondo esterno. Senza alzarmi lo lasciai suonare una prima volta e mi trascinai fino all'apparato al secondo tentativo.
"See" ?
"Sono David".
Ci misi qualche secondo a capire chi fosse.
David ? Che David ?
"David" esclamai infine reincorporandomi sulla poltona "merda, David ! Dove domonio sei" ?
"Non importa dove sono" rispose "cio che importa è che ho pensato a ciò che m'hai detto riguardo al gioco della vita".
Lo sentivo diverso. Nervoso.
"Cosa c'è, David" gli dissi "è successo qualcosa. Ti noto diverso".
Dall'altra parte del filo respirava con difficoltà.
"Hanno arrestata Milena" disse "c'è stata una retata nel hotel e l'hanno arrestata per incitamento e sfruttamento della prostituzione. Una delle ragazze s'è fatta prendere dal panico. Ha confessato che utilizzava droghe e a fatto il nome di Milena così che l'accusano anche di spaccio. Aveva già avuto dei precedenti e se non la difende qualche buon avvocato potrebbe prendersi degli anni".
Cosa vuole ? È della polizia ?
"Ho bisogno di soldi, Kroitzberg" disse infine "ho bisogno di soldi e credo d'aver espiato le mie colpe. Credo sia giunto il momento di ritornare a suonare".
Espiato le colpe ?
"Dove sei" gli chiesi.
Mi dette l'indirizzo.
"Non muoverti" esclamai tirandomi in piedi "non muoverti che passo a prenderti".
Guidai fino all'indirizzo che m'aveva dato David. Era un hotel non troppo differente da quello sulla 104 e immaginai che l'indirizzo l'avesse avuto da qualcuna delle ragazze di Milena. All'angolo con un oscuro vicolo mi fermai tagliando la strada a un idropulitrice e lì mi stava aspettando David, nella penombra del giorno che nasceva, con una valigia e la custodia del violino.
"Salta su" gli dissi aprendogli la portiera "andiamo".
Mi sorrise, gettò la valigia e la custodia del violino nel sedile posteriore e con fare stanco si sedette al mio fianco. Chiusi le porte con il sistema di chiusura centralizzata e accellerai ritornando verso casa senza parlare e senza forzarlo a che lo facesse lui. Già avremmo avuto modo di parlare più tardi.
"Non ho voglia di perderla" mormorò senza che gli chiedessi nulla "non voglio perdere anche lei".
Una volta a casa lo sistemai nella stanza degli ospiti. Fino ad allora non l'aveva utilizzata nessuno ed era ora che qualcuno lo facesse. Perchè non dipendesse da me gli passai una chiave, gli mostrai la cucina facendogli vedere dove tenevo le due o tre bottiglie d'alcool e dalla finestra gli feci vedere dove avrebbe potuto comprare qualcosa da bere nel caso ne avesse avuto bisogno.
"Non ne avrò bisogno" mi disse.
Nel lavandino della cucina si lavò le mani, poi andò alla sua stanza, aprì la custodia del violino e ritornò con il Guarnieri che utilizzava da vent'anni.
"Spero non darti problemi con i vicini" disse "non vorrei ti cacciassero da 'sto posto per colpa d'un violinista alcoolizzato".
Fece delle scale per scaldarsi le giunture delle dita.
"Nessun problema, David" mormorai "nessun problema".
Rimasi ad ascoltarlo mentre accordava il violino e lo lasciai per andare all'auditorio Nazionale. Dissi che sarei ritornato verso le tre però non se ne rese conto. Allora chiusi la porta in silenzio e quando tornai a casa, sette ore più tardi, stava interpretando La rida dei folletti di Bazzini. Erano passati 8 anni dall'ultima volta che aveva preso in mano quel violino però suonava nuovamente come il demonio che era !
Un paio di giorni più tardi chiamai un giornalista al quale avevo rilasciato parecchie interviste. Volevo che preparasse il terreno per il ritorno di David agli scenari e gli raccontai che stava intenzionato a riprendere l'attività di concertista dopo 8 anni di silenzio. Mi chiese se 'sto tempo fosse dovuto all'incidente in cui aveva perso la vita Vivian però risposi di no.
"Scrivi che ha avuto una crisi religiosa" dissi.
Poi chiamai alla segreteria del concorso di musica d'archi nel quale avrei dovuto partecipare come membro della giuria. Dissi che avrei voluto iscrivere David Cremona e che nel giro d'una settimana avrei inviato un curriculum per non lasciare spazio a dubbi.
"Se è il Cremona che penso non ci serve nessun curriculum" rispose però l'incaricato del iscrizione "saremo onorati d'averlo fra i concorrenti".
Come il giornalista anche il tizio della segreteria del concorso mi fece domande riguardo al motivo della lunga assenza di David. Me lo immaginavo. Risposi che riguardo al suo passato la miglior cosa da farsi sarebbe stata rivolgersi direttamente a lui.
Quando riagganciai mi dissi che per David non avrei potuto far nulla di più. Gli avevo preparato l'ambiente e l'avevo iscritto al concorso più prestigioso del momento. Mi chiamavo fuori. Il resto sarebbe dipeso da lui e da quanto avrebbe tardato a riprendere il pieno controllo dello strumento.
OK. Bisognava festeggiare. Passai davanti al salone dove stava provando la 3ª sonata per violino e pianoforte opera 108. La stanza vibraba con la stridule note del violino e David interpretava la sua parte a occhi chiusi. Così che non lo disturbai. Rimasi sullo stipite della porta e quindi scesi da basso, al negozio d'alimentari dell'angolo, a comperare qualcosa da mangiare. Comperai del vino, degli insaccati, del formaggio e del pane fresco e risalito in casa preparai gli affettati e il resto e andai nel salone dove stava suonando. Prima del concorso non disponeva di molto tempo però non aveva mangiato nulla dal giorno prima. Non gli sarebbe venuto male fermarsi un attimo.
Quando stava suonando non ero solito entrare nel salone e quando entrai si girò senza smettere di suonare.
"Siediti e mangiamo" gli dissi quando vide il piatto e la bottiglia di vino "lascia stare il violino".
Allora sorrise depositando l'arco sul tavolo e il suo Guarnieri nella custodia.
"Ok" rispose "fra l'altro credo d'aver fame".
Si sedette a cavalcioni su una poltrona fissandomi come sul punto di confidarmi qualcosa. Poi scosse la testa e decise che non era ancor arrivato il momento.
"Grazie per tutto, Kroitzberg" disse comunque "mille volte grazie".
Poi si chinò sul piatto d'affettati e scelse del prosciutto mentre io riempii i bicchieri con il Cabernet che avevo comperato giù da basso.
"Salute".
Due mesi dopo iniziarono le eliminatorie del concorso e per allora David aveva quasi recuperato del tutto il suo stile e la sua sicurezza del violino. Ancora gli mancava l'assoluta padronanza delle melodie che sempre aveva avuto però sarebbe era solo una questione di tempo ed era comunque arrivato a un livello di virtuosismo che non avrebbe mancato di stupire i giudici che m'avrebbero affiancato nella votazione finale.
I due mesi trascorsi in casa erano stati salutari. Aveva abbandonato l'alcool e le droghe le aveva toccate solo in un occasione, durante un colloquio con un avvocato che gli aveva tolto le speranze riguardo a Milena. L'uomo era stato freddo e lucido e piuttosto d'ingannarlo riguardo all'immediato futuro di Milena gli aveva raccontato come stavano le cose. Non era la prima volta che la ragazza veniva arrestata per sfruttamento della prostituzione e spaccio di droghe e che stavolta i giudici sarebbero andati giù con la mano pesante. Alla legge non piacevano i recidivi ed era probabile la condannassero a qualche anno da scontare interamente.
Così che David era ritonato a casa e quella sera l'avevo incontrato con gli occhi a mezz'asta e il capo ciondolante. Era stata una delusione però rimproverarlo avrebbe impeggiorato le cose. Era una persona impulsiva e lo avessi rimproverato la sua reazione non si sarebbe fatta attenderere e il giorno dopo avrei trovato la camera vuota e neppure una spiegazione scritta.
No. Decisi di non dire nulla e mi limitai a guardarlo prima d'andarmene a dormire. Passai una notte agitata chiedendomi se potesse farcela o no a uscire dallo stile di vita in cui era rimasto invischiato però alle otto e mezza del mattino le stridule note del violino risposero ai miei dubbi senza che dovessi formularli a viva voce. Era stato una caduta dettata dallo sconforto alla quale non ne seguirono altre. Nei due mesi che rimase da me, poi, si ricompose come l'uomo ch'era stato. Ingrassò arrivando a pesare ciò che si supponeva dovesse pesare un uomo della sua statura e le profonde rughe che gli segnavano il viso si riempirono lasciando una piega a mala pena visibile. Furono due mesi che riaccesero in lui la torcia della lotta e della competitività e più il tempo passava e più deciso pareva riguardo al riconquistare il posto che gli spettava di diritto. Era riuscito a riguadagnare il terreno perduto e solo sarebbe stata questione di tempo perchè ritornasse a essere il David Cremona ch'era stato.
E io ero fiero che la trasformazione che aveva ridato David Cremona al mondo dipendesse in parte anche dal mio interessamento a che ciò avvenisse.
David passò le eliminatorie del concorso pur non suonando come avrebbe potuto. I differenti pezzi che interpretò suonarono sul palco del Palacio Real di Madrid come solo in poche contate occasioni e in generale potevo notare verso David una simpatia da parte di tutti gli altri giudici che facevano parte del comitato di valutazione. Non v'era dubbio che il suo ritorno alla musica significava più che il semplice ritorno d'un musicista a ciò che da secoli alietava le coscienze. Significava che la musica d'archi contemporanea avrebbe potuto evolversi grazie a tecniche e virtuosismi che sfociavano nello stile Cremona, uno stile che qualsiasi musicista avrebbe potuto riconoscere.
David Cremona era ritornato per essere il Re e, anche se il ritorno era stato motivato dalla necesità di guadagnare il necessaro per pagare a Milena il migliore avvocato della piazza, i fatti erano pur sempre i fatti. David aveva ripreso a suonare e tutto il resto era privo d'importanza.
L'ultima esibizione di David davanti al comitato di valutazione fu un pezzo che già gli aveva portato fortuna. L'ultima rosa del estate, di Ernst. Quel pezzo era quello che gli avevo fatto riascoltare nel siccido hotel della 104 il giorno in cui avevo tentato di convincerlo a ritornare alle scene e sapevo che era la sua maniera di dirmi grazie.
Suonò come Ernst non avrebbe mai creduto capace essere umano di suonare il suo pezzo e quando finì, madido di sudore e inchinandosi davanti alla giuria, un applauso spontaneo premiò il suo sforzo per parte di coloro che stavano presenti nella sala.
Era stato l'ultimo di 4 finalisti a suonare e, prima che i giudici si riunissero per proclamare il vincitore, la direzione interruppe il concorso per la pausa del pranzo.
Allora David mi fece cenno perchè lo raggiungessi nel corridoio del Teatro e, anche se sapevo che non sarebbe stato etico il farlo, lo raggiunsi e accettai il suo invito a mangiarci qualcosa fuori dal mastodontico palazzo.
"Ho parlato con l'avvocato" mi disse davanti a un bicchiere di vino e a un piatto di jamon iberico "sembra che le cose possano mettersi meglio di come sembrava".
Lo fissai meravigliato.
"Il caso è stato affidato a un giudice che sembra disposto a punire Milena con il minimo della pensa a cambio d'un ingresso in una comunità di tossicodipendenti".
"Fantastico" risposi pur non capendo perchè demonio Milena dovesse finire in una comunità di tossicodipendenti se in fondo uno dei reati che le imputavano era quello di sfruttamento della prostituzione "questo dovrebbe sistemarlo tutto".
"Quasi tutto" rispose però David facendomi capire con lo sguardo che la prossima cosa che m'avrebbe detto m'avrebbe tirato in causa "quasi tutto".
Mi fissò come già altre volte aveva fatto in quegli ultimi due mesi e capii che m'avrebbe raccontato ciò che le altre volte s'era tenuto per se.
"Che cosa c'è" gli chiesi allora "che cosa cè, David".
E allora parlò. Parlò e mi raccontò ciò che mai mi sarei immaginato d'ascoltare. Parlò e uccise in me quello ch'era rimasto vivo dall'epoca dell'incidente. Uccise Vivian per la seconda volta e con lei uccise una parte di me.
"Io e Vivian si litigava spesso" mi disse "e il giorno dell'incidente avevamo avuto una delle litigate più forti".
Tentai d'interromperlo. Non volevo mi raccontasse la relazione che avevano avuta però mi disse ch'era importasse sapessi la verità.
"Si litigava spesso e lei aveva deciso di ritornare con te" mi disse.
Ritornare con me !
Quello cambiava lo stato delle cose. Mi guardò in faccia per vedere la mia reazione.
"Vai avanti" dissi allora "continua".
Sembrava impacciato e ciò che stava per dirmi gli costava.
"Non preoccuparti" gli dissi "è passato un sacco di tempo, và avanti".
Per sincerarsi sulle mie reali capacità d'ascolto mi guardò un ultima volta e quindi incrociò le mani, chiuse gli occhi e chinò il capo.
"L'incidente l'abbiamo provocato perchè stavamo litigando" mormorò con il capo chino "stavo guidando lei e voleva ritornare da te. Mi prese il volante e inizò a tirare fino a che non glielo lasciai".
Stavamo litigando.
"L'auto s'imbarcò e io fui sbalzato fuori mentre lei finò in fondo al burrone".
Voleva ritornare da me.
Respirai profondamente. Voleva ritornare da me. Da me !
"Aspettava un figlio, Kroitzberg" disse in fine con un filo di voce "aspettava un figlio e il padre non ero io".
A...spett...a...va ....cosa ?
"Era tuo figlio, Kroitzberg" aggiunse infine sollevando il capo per guardarmi fisso negli occhi "tuo figlio".
Allora non abbi la forza per rispondere. Il mondo iniziò a girarmi attorno rapido, sempre più rapido fino a farmi venire la nausea. David si confuse in un turbinio multicolore mentre la voce di qualcuno che mi sembrava di conoscere stava chiamando per rientrare all'interno del teatro ed effettuare l'ultima votazione.
E allora la nausea si fece piu forte. Un figlio mio. Vivian voleva ritornare da me e l'avrebbe fatto con mio figlio. Sentii voglia di tirarmi in piedi e d'allontanarmi da li. Di tirarmi in piedi e raggiungere la fresca aria dell'esterno del teatro. Sentìi che la vicinanza di David mi si stava facendo insopportabile e alla nausea seguì un violento primo conato di vomito ai quali ne seguirono degli altri.
"Mi dispiace" disse David "Dio, non sai quanto mi dispiace".
Sentì che Cremona mormorava qualcosa però già non m'importava. Non importava. Nulla importava. L'unica cosa che importava era che il mondo, il mondo come l'aveva conosciuto fino ad allora aveva smesso d'esistere e che le cose sarebbero state molto diverse d'allora.
La stessa voce che aveva chiamato poco prima per rientrare nel teatro per la votazione mi si fece più forte alle mie spalle. Sentii che qualcuno mi toccava la spalla. Guardai il tizio che mi stava davanti e che mi stava dicendo che bisognava rientrare per decidere chi sarebbe stato il vincitore del concorso e poi guardai David. Stava seduto, bianco in viso, probabilmente aspettandosi che dicessi qualcosa, qualunque cosa.
Io, però, non avevo nulla da dire. Non avevo nulla da raccontare e un fischio fastidioso e interminabile coprì i suoni del mondo. Vidi che David apriva la bocca, che l'uomo che mi stava davanti richiudeva la sua e che attorno a me tutti tentavano di dire qualcosa senza riuscire a farsi sentire in cima al mio generalizzato caos sonoro.
Allora sentii che dovevo vomitare. Mi tirai in piedi. Mi girai per cercare un bagno e non trovandolo tentai di raggiungere la porta dell'entrata. Allora mi resi conto che non avrei fatto in tempo a raggiungerla e mi dissi che non poteva essere e ch'era un peccato, un vero peccato, mi dissi ch'era un vero peccato che le cose fossero finite a quel modo. Allora accelerai il passo e, per la malora, Dio m'è testimone che prima di vomitare tentai in tutte le maniere di raggiungere l'uscita del teatro.
Giugno 2003
©
Massimo Zaina
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