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Computo i tempi del lento discendere, momento dopo momento, fin giù
all'arida zana, dove secco è il terreno fenduto e non viene mai nessuno
che nulla può attirare di simile luogo, remoto e avverso,le genti
grintose,io solo impronto questa terra d'orme friabili.
Qui vengo a trovar sanità e risalire in un gioco perverso, calando di
grevi pensieri nel sodo terreno, giù fino alla cuna da cui rampolla
caldo il pianto a inondare su la secolare polvere compatta perchè
spunti giovane speranza, fiacco ma vivo conforto e così rimonto
paziente l'erta con vetusta pena ma,appunto, stimando il passo e la
sosta in questo declinare e risalire, di smascherare, spero, la
litigiosa schiatta che pur senza sapere cagiona, la tumultuosa farsa.
L'inizio e la fine di questo inutile giro, io credo si trovi in quel
saggio detto,che vuole sovrano chi come strumento la misura usa in
combattimento.
©
Simone Veltroni
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