Nonostante io abbia scritto undici romanzi, centinaia di racconti e alcune opere teatrali, sono sempre stato definito dai critici come scrittore di un solo romanzo e per quel solo romanzo sono conosciuto dai lettori.
I critici e i miei lettori hanno ragione.
Niente della mia produzione letteraria può essere paragonata a quel romanzo.
Il nome di quel romanzo è Dracula e il mio nome è Bram Stoker da quando nel 1876, morto a Cava dei Tirreni in Italia mio padre Abraham, abbandonai il suo nome per assumerne uno interamente mio.
Il 1876 fu anche l’anno in cui rincontrai l’attore Henry Irving che avevo già conosciuto nel 1867.
Credo sia possibile affermare che l’anno 1876 cambiò il mio nome e la mia vita.
Le cronache riportano che dopo aver letto la mia recensione entusiasta del suo Amleto, Irving mi invitò ad una cena insieme ad altri suoi ammiratori.
Ma nessuna cronaca ha mai parlato di quello che Henry Irving mi rivelò durante la notte che seguì la cena, vagando, noi due soli, per Londra fino al sorgere dell’alba.
Fu durante quella notte - anzi per essere esatti tutto cominciò durante la cena quando recitò una poesia di Tomas Hood guardandomi negli occhi – che fece di me quello che sarei stato per tutto il resto della mia vita, della mia nuova vita.
Quella notte il vampiro Henry Irving fece di me una sua creatura.
Non immaginatevi adesso sangue e morsi sul collo, perché tra di noi non ci fu mai niente di simile.
Henry Irving mi conquistò con il suo fascino, mi vampirizzò con la sua straordinaria personalità.
E mai, negli anni passati insieme, questo suo fascino venne meno, mai ci fu un momento in cui la mia devozione nei suoi confronti non fosse assoluta.
Sì, il sangue ed i morsi sul collo hanno una loro parte nella vita dei vampiri, ma sono stato io ad esagerare questo aspetto nel mio libro per rendere tutto più sensazionale.
Quelle notti che Henry Irving usciva in cerca di sangue, mai più di una volta al mese, le paragonava a una scopata senza impegno, a quel sesso senza amore che spesso è necessario.
E sceglieva i suoi partner, uomini e donne, negli ambienti più umili e tra le persone non troppo dotate intellettualmente.
E’ meglio, anche per loro stessi, che non si rendano bene conto di quello che gli è successo, diceva.
Quelle persone non diventavano a loro volta vampiri, ci voleva uno scambio di sangue per questo, ma si ritrovano al mattino deboli e storditi.
Due volte, nei lunghi anni della nostra conoscenza, accadde che al mattino fosse ritrovato un corpo completamente dissanguato.
Irving ammise, contrito, di avere esagerato.
Per creare nuovi vampiri occorre che il vampiro dopo aver bevuto il sangue del predestinato gli offra a sua volte il suo sangue da bere.
E questo per diverse notti.
Irving mi disse di averlo fatto per l’ultima volta duecento anni prima e non mi volle rivelare il nome del nuovo adepto, anche se alluse diverse volte al ruolo importante che questo vampiro aveva avuto nella storia francese.
“In questo momento, che io sappia, nel mondo ci sono trentanove vampiri e penso che siano più che sufficienti. Nessuno di noi vuole aumentare la concorrenza col rischio di trovarsene un altro nella sua stessa zona.”
L’idea di Dracula fu di Irving e si divertì molto a scriverlo insieme a me.
Mischiammo, su suo suggerimento, dati veri sui vampiri con altri inventati.
Falso ad esempio è che i vampiri si possono tenere lontani con l’aglio.
In realtà eravamo io e lui a non sopportarne l’odore e a cercare di evitare con cura l’alito delle persone che ne facevano uso.
Vero invece è che i vampiri preferiscono la notte e sopportano con difficoltà la luce del giorno.
Infatti lui aveva scelto in questa delle sue vite la professione di attore, una professione notturna, e mi disse che era un ruolo che aveva attirato altri vampiri prima di lui.
Invece il crocifisso non gli recava alcun danno e mi racconto di vampiri che andavano regolarmente in chiesa.
“In questo momento” mi rivelò, “uno come me occupa una posizione importantissima in Vaticano e, cambiando personalità ogni tanto, è là da quattrocento anni. Una volta è stato anche Papa.”
Mi disse che i vampiri possono essere uccisi e che duecento anni prima aveva creato un vampiro proprio dopo la morte di uno di loro.
Ma non mi volle mai dire come potesse avvenire. Il metodo citato nel romanzo l’ho inventato io. Irving lo trovò molto divertente anche se un tantino complicato.
“E’ tutto molto più semplice. Mi spiace di non potertelo rivelare, ma anche noi abbiamo le nostre regole.”
Nel 1905 Henry Irving, stanco di essere Henry Irving, organizzò la sua morte permettendomi di aiutarlo.
Una bara vuota fu sepolta con i grandi onori dovuti – nel 1895 la regina Vittoria lo aveva fatto baronetto, primo attore … e secondo vampiro a ricevere questo titolo, aveva commentato Irving alla notizia dell’onorificenza concessagli – nell’abbazia di Westminster
Niente so della sua nuova identità, non me ne volle parlare mai, ...che vita nuova sarebbe se dovessi trovarmi davanti il mio passato… di certo non l’ho mai reincontrato in questa vita e, trattandosi di una creatura immortale, certamente non la rivedrò neanche quando sarò arrivato, se esiste, al luogo a cui sono destinato dopo la mia morte.