Titolo originale: La horde
di Benjamin Rocher e Yannick Dahan
con: Eriq Ebouaney, Jo Prestia, Jean-Pierre Martins, Aurélien Recoing, Claude Perron, Alain Figlarz, Yves Pignot, Laurent Demianoff, Doudou Masta, Antoine Oppenheim
Francia 2009 - durata 90'
All’interno di un palazzo fatiscente e abbandonato di una banlieue qualunque, quattro poliziotti, per vendicare la morte di un collega, assaltano il covo di una gang criminale. Ma la vendetta non verrà consumata come previsto, e presto orde di zombie affamati intrappoleranno poliziotti e delinquenti, costretti ad un’alleanza provvisoria per fronteggiare il nemico comune. La minaccia, però, non è solo esterna, e gli assediati lo scopriranno a proprie spese.
Prendete un po’ di “Distretto 13” e un po’ di “Il signore del male”, shakerateli con “Dead Set” e “Il demone sotto la pelle”, aggiungete un po’ di “Dal tramonto all’alba” e un pizzico di altre citazioni horror d’annata, condite il tutto con un po’ di Gorge A. Romero, mescolate alla rinfusa e avrete “The Horde”, cioè un fritto misto stantio e monocorde. Al film, che per venti minuti sembra un poliziesco ultraviolento, non mancano le trovate e alcune scene memorabili, ma la trama è esilissima e l’amalgama funziona solo a tratti. L’ultraviolenza non manca mai, ma la fascinazione del sangue da sola non basta a giustificare un bric-à-brac di situazioni già viste, combattimenti da videogioco (“Resident Evil” in testa) e l’autocompiacimento ultracitazionistico dei due registi esordienti, Yannick Dahan e Benjamin Rocher. Non c’è nulla di innovativo in questa pellicola raffazzonata, e i sottotesti sociali (la banlieu, l’origine nigeriana sbandierata da uno dei criminali, il reduce dalla guerra d’Indocina) lasciano il tempo che trovano, inseriti come sono in una trama che fa del machismo e delle baracconate i propri punti cardinali.
Le uniche note positive sono la fotografia satura, che esalta il rosso e il nero del sangue e del buio, e la regia, visionaria quanto basta nonostante il budget ridotto e condotta con solida perizia, con inquadrature ricercate e movimenti di macchina tanto repentini quanto opportuni. Il montaggio secco e la colonna sonora ad alta tensione contribuiscono a tener desta l’attenzione, ma non sono sufficienti a salvare un film ridondante e senza un’idea forte a sorreggerlo.