Quadri veneziani di Carla Menon è una raccolta di racconti molto particolare perché si presenta ai nostri occhi come una galleria di quadri raffiguranti ognuno un personaggio diverso, a volte reale e a volte inventato, e aventi tutti come sfondo la città di Venezia, “dipinta” in epoche diverse. Racconti intensi e affascinanti scritti con uno stile accurato e al tempo stesso scorrevole. Nella raccolta si procede a ritroso nel tempo (si va dalla fine del Novecento alla metà del Settecento), ma le storie sembrano disposte in una climax ascendente, perché si parte dalle vicende di gente anonima e alla fine sono narrati episodi famosi. Ad ogni modo le vicende di gente anonima acquistano un risalto particolare grazie alla forte introspezione psicologica. Entriamo nell’interiorità dei personaggi, viviamo le loro emozioni e le loro sofferenze. Molto belle, ad esempio, sono le parole che la scrittrice utilizza per descrivere lo stato d’animo di Beatrice mentre osserva la nonna del suo amico Stefano che bacia il nipote sulla guancia:
Quanto avrebbe desiderato ricevere anche lei un bacio da suo padre o da sua madre che non vedeva da moltissimo tempo, pensò. Rimise le mani in tasca, tastò per l’ennesima volta le chiavi di casa: la gabbia dorata, com’era solita denominarla da un po’ di tempo, da cui non le sarebbe mai stato permesso di andarsene, quantunque avesse provato un paio di volte a fare le valigie e raggiungere sua madre a Londra, per farle una sorpresa con la speranza di vederla venire incontro e gettarle le braccia al collo. Anche lei era cresciuta troppo in fretta come Stefano, con la differenza che lui aveva qualcuno su cui poter contare mentre per lei era diverso. Avrebbe voluto dirgli che si era innamorata eppure, ogni volta che provava a farglielo capire, le parole le morivano in gola.
Anche in Adele viviamo il senso di disagio della protagonista attraverso parole come:
Non appena richiuse la porta della camera, Adele si gettò sul letto, ficcò la testa sotto il cuscino, crollando in un pianto liberatorio.
In quel momento avrebbe voluto accanto a sé nonna Rina perché solo lei riusciva a consolarla, ascoltarla quando era corrucciata e non voleva farlo trapelare alla sua famiglia.
Si pensi allo stato d’animo di Daniele, al suo turbamento che emerge da queste parole:
Daniele, sempre più sconvolto da quello strano discorso, iniziò a tremare come se gli fosse venuta di nuovo la febbre tanto da riuscire a stento a deglutire.
− Ma allora questo foglio è stato scritto… − Non riuscì a terminare la frase. Come un lampo gli balenò alla mente l’immagine del nonno vestito da ufficiale della Marina con la sua bella divisa e le tre medaglie d’oro appuntate sulla giacca.
L’atmosfera sinistra di questo racconto sembra studiata apposta dall’autrice per instaurare un punto di raccordo tra questi tre racconti e i tre successivi incentrati su episodi famosi e avvolti da un alone spettrale. Questo lato inquietante e misterioso è presente soprattutto nel primo e nel terzo di questi ultimi racconti che sembrano “incorniciare” il secondo Memorie veneziane, dove è più forte l’introspezione psicologica come nei primi tre racconti; qui è la protagonista stessa a parlarci con la sua interiorità tormentata attraverso la forma del diario. Sono intense le emozioni che la voce narrante ci vuole comunicare, mentre leggiamo il nostro volto è bagnato dalle sue stesse lacrime, come in questo periodo:
Annuii mentre le lacrime mi bagnavano il volto. Avevo serbato nel mio cuore segretamente “quel ricordo”, dopo aver giurato a me stessa di non farne menzione in alcun modo.
Infine è interessante, a nostro avviso, che sia il primo che il terzo di questi ultimi tre racconti terminano con una fuga del protagonista in gondola; quasi come se questi personaggi forzassero la tela del quadro, spingessero violentemente per uscire dalla cornice, per acquistare vita; anche se nel primo degli ultimi tre racconti la fuga si accompagna a una morte, ma è una morte che in qualche modo si può collegare alla vita, in quanto avviene nell’acqua del mare, che simbolicamente si può accostare al grembo materno, e nell’incontro morte-vita si può riscontrare un’analogia con il finale del racconto che apre la prima parte, ma per questo si invita alla lettura.