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Avamposto dell'Inferno
una intervista a ... Fabio Monteduro



Intervista all'autore
a cura di Marco R. Capelli

Caro Fabio, sono lieto di risentirti in occasione dell'uscita di questo tuo secondo libro, per il quale ti auguro un grande successo.
“So chi sei” nasceva da una precisa ispirazione, da un luogo reale trasformato dalla tua fantasia. E' un discorso che può essere applicato anche ad “Avamposto dell'Inferno” o questo secondo romanzo nasce invece da suggestioni differenti e si colloca in un mondo totalmente immaginario?

Grazie degli auguri, fatti da te (che alla fine puoi dire di essere il mio “scopritore”) hanno sicuramente una valenza maggiore.
E’ vero, “So chi sei” è nato da ispirazioni di ordine “architettonico”, vista la reale esistenza del luogo descritto nel romanzo, ma la stessa cosa non si può dire per “Avamposto dell’Inferno” che ha, sì, una sua collocazione geografica, ma di reale, per fortuna, c’è poco questa volta.

Ho notato, e lo noteranno anche i lettori, un progresso costante nel tuo modo di scrivere che si è fatto più maturo e consapevole. Anche le situazioni ed i dialoghi sono più realistici e curati. Una chiara dimostrazione del fatto che a scrivere... si impara scrivendo! Come affronti tu la fatica quotidiana della scrittura? Sei un metodico (come Avoledo, che dedica due ore ogni giorno alla stesura dei suoi romanzi) oppure un istintivo che alterna notti insonni trascorse battendo freneticamente sulla tastiera a lunghi periodi di inattività?

Ancora grazie per i complimenti che mi fai e che spero di meritare. E’ senz’altro vero che scrivere “insegna” a scrivere, ma anche è soprattutto leggere aiuta molto. Poi è normale che scrivendo si affilano le armi, si entra più nella storia, nei personaggi… come dice Stephen King, si migliora la propria cassetta degli attrezzi.
Va detto però che non sono un metodico, nel senso che non scelgo i periodi in cui scrivere. Se dicessi “quando posso e me la sento”, direi una stupidaggine? Una cosa è certa, quando comincio, poi è difficile che mi fermi; entro in una specie di “trans” in cui “vivo” realmente le situazioni, cioè non mi limito a descriverle. In quei momenti, la realtà e la finzione si scambiano di posto…
Quindi, alterno momenti in cui sono completamente rapito dalla storia che sto scrivendo, ad altri in cui la lascio maturare dentro di me.

“Avamposto dell'Inferno” è un romanzo di una certa mole, molto più complesso ed articolato di “So chi sei”. Com'è stato il passaggio dal racconto lungo al romanzo e quali sono state le principali difficoltà che hai dovuto affrontare e superare?

Con sincerità devo dirti che non ho avuto grandi difficoltà e, d’altra parte, “Avamposto dell’Inferno” è nato prima di “So chi sei”, passando vari livelli di revisione e le “forche caudine” della mia collaboratrice più efficiente, quella Sabina Marchesi che anche tu conosci bene e che ormai considero a tutti gli effetti la mia editor.
L’idea di fondo, comunque, è la stessa che ha uno scultore quando ha davanti un blocco di marmo: lui lo sa che lì dentro la statua c’è, deve solo limitarsi a togliere le parti in eccesso. Allo stesso modo credo funzioni la scrittura, soprattutto se è di fantasia. La storia c’è già, va solo cercata e redatta nella maniera giusta, togliendo tutto ciò che appesantisce ed è inutile. I dialoghi, poi, ritengo che siano una componente fondamentale della storia, perché danno realtà alla finzione.

Come già nel libro precedente, alcuni dei personaggi chiave del racconto sono religiosi o comunque legati al mondo della Chiesa Cattolica. E' una pura casualità oppure c'è un motivo specifico?

E’ vero, riconosco che si abbia l’impressione di una mia certa acredine verso alcune figure religiose, ma posso assicurarti che non c’è niente di vero. Insomma, la mia è un’educazione cristiana. Il fatto è che quando parli del Male (quello con la M maiuscola) non puoi esimerti di parlare anche di chi, questo Male, dovrebbe combatterlo. E’ la storia del bianco e nero, della luce e delle tenebre, dell’Yin e del Yang.
Adesso che mi ci fai pensare, anche il mio ultimo romanzo “Anima Nera” (o forse sarebbe meglio dire il mio prossimo romanzo, visto che attualmente è alla valutazione di una casa editrice importante), alla fine ha a che fare con la religione. Forse il vero motivo è che non c’è niente di più spaventoso di qualcosa che dovrebbe proteggerti ed invece ti si rivolta contro. Fa più paura uno psicopatico sconosciuto o il fatto che un tuo parente o amico sia uno psicopatico? Certo, fanno paura tutti e due, ma non è più terribile che il pericolo arrivi da chi dovrebbe esserti amico?

Come introdurresti “Avamposto dell'inferno” ad un potenziale lettore che non conosca i tuoi lavori precedenti?

“Avamposto dell’Inferno” è un romanzo particolare, a mio modo di vedere, di facile lettura (quindi non un mattone da digerire) che si svolge in vari piani temporali, fino a farci capire che dietro ogni comportamento, ogni figura e personaggio, c’è qualcosa e il loro modo di comportarsi ne è sempre conseguenza. Insomma, nulla di sporadico o di inspiegabile. Tutto ha una sua logica, pur nell’irrazionalità della situazione… d’altronde è pur sempre un horror.
Considero “Avamposto dell’Inferno” come una spirale che lentamente si va chiudendo verso l’imprevedibile finale. Un po’ horror, un po’ thriller, un po’ giallo… proprio come piace a me.

Progetti per il futuro?

Come ho già accennato, un mio romanzo “Anima Nera” (che ritengo, spero a ragione, la mia opera migliore, finora) è attualmente “in mano” ad una casa editrice piuttosto importante. Quindi mi auguro che vada in porto questa “collaborazione” e che quest’ultimo romanzo abbia la rilevanza che merita. Ovviamente non mi fermo qui, visto che ho già cominciato un nuovo romanzo. Poi resta in piedi il progetto di un film (o forse sarebbe meglio dire, il sogno) tratto da un mio romanzo o racconto. Sono stato contattato da un gruppo di registi che hanno chiesto qualcosa su cui lavorare… quindi, spero che qualcosa si muova.
Per il resto va detto che ho intenzione di continuare a scrivere, ad inventare, a creare personaggi che siano, come le storie in cui “vivono”, il più possibile credibili e che ci si sempre più gente che si appassioni al mio lavoro.
Chiedo troppo?

Intervista a cura di Marco R. Capelli
per gentile concessione di F.Monteduro


LEGGI LA RECENSIONE DE
"AVAMPOSTO PER L'INFERNO"



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