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Arthur Machen (1863-1947): Un’idea del male
di Fabrizio Ulivieri
Pubblicato su PB17


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Arthur Machen (1863-1947): Un’idea del male

Mi sono spesso chiesto come il male irrompa nel mondo.
Una volta scrivendo un racconto ho pensato che potesse irrompere dalle viscere di un uomo, nella violenza immonda di un rutto. Che liberasse il fetido gusto del male dai maleodoranti recessi dell’intestino quali simbolo dei visceri della terra
Ma forse era già sbagliato l’uso del verbo.
Usare irrompere presuppone l’idea di una forza di cui in realtà il male non ha alcun bisogno di avvalersi. Allora ho pensato che insinuarsi ne desse meglio l’idea. Ma non è così. O perlomeno non è esattamente così.
E’ stato leggendo uno scrittore inglese poco noto alla scena internazionale, Arthur Machen, che mi sono reso conto che i miei tentativi di trovare i verbi opportuni per designare l’azione del Male nel mondo stavano nel rapporto dell’accidente rispetto alla causa.
Arthur Machen nato a Caerleon-on-Usk, Wales, alla fine del XIX secolo (1863) e morto nella prima metà del XX (1947) fu uno scrittore di scarso successo.
Come da copione visse una vita grama e piena di difficoltà economiche. Le sue opere più famose furono The Great God Pan, The secret Glory, The Terror (un racconto su una raccapricciante ribellione di animali, divenuti assassini, che sembra abbia ispirato Hitchcock per il suo film The Birds).
Il suo modo di scrivere, talora noioso e di difficile gusto per chi oggi è abituato a leggere di horror, tutto fondato sul dialogo e sulla descrizione e poco propenso all’azione rivela una visione del male interamente medievale (da un punto di vista dell’impianto filosofico che vi sta alla base).
Il Male per lui è qualcosa di positivo, solo che sta dall’altra parte (“Evil, of course, is wholly positive - only it is on the wrong side” The White People): è Sovrannaturale in senso lato, il cui rapporto con questo mondo (con le azioni malvagie di questo mondo) è quello delle idee (platoniche), della loro relazione con le cose. Il Sovrannaturale che si rivela in questo mondo in fondo non è che una copia sbiadita dell’idea: ”E Voi pensate che il grande peccatore, allora, sia un grande asceta, come lo è un grande santo?”, “I Grandi di qualsivoglia genere rinunciano alle copie imperfette e si rivolgono all’originale” ("And you think the great sinner, then, will be an ascetic, as well as the great saint?" "Great people of all kinds forsake the imperfect copies and go to the perfect originals – The White People).
Il Sovrannaturale si manifesta, al pari di una teofania, nell’ “idea di”.
E’ in un certo senso coeterno all’idea. Si manifesta allorché l’idea si rivela in un atto intenzionale, come “l’idea di”un tavolo si manifesta nella mente del suo artefice sotto forma di intenzione di creare un tavolo.
E tuttavia il Sovrannaturale che percepiamo, ci appare non nella sua stessa essenza ma tramite forme intermedie dotate di fisicità, corporeità: il Sovrannaturale interviene in questo mondo appunto in virtù di exemplares, cioè di immagini attraverso cui il Sovrannaturale manifesta se stesso.
Uno dei suoi racconti più brevi e più noti è The Bowmen (“Gli Arcieri”).
Il racconto non è di per sé nulla di esaltante*.
Machen partiva da un assunto che mutatis mutandis è di grande attualità tutt’oggi: “Ogni età e ogni popolo ha accarezzato l’idea che entità spirituali possano soccorrere eserciti terreni”.
Era scoppiata la Prima Guerra Mondiale e il The Evening Post gli chiese un racconto.
Il giornale glielo pubblicò il 29 settembre 1914 all’indomani della ritirata di Mons.
In questo racconto Machen immaginò in modo molto suggestivo che, nel mezzo della battaglia, San Giorgio alla testa degli antichi arcieri di Azincourt andasse a portare soccorso all’esercito britannico.
Ed è la storia post pubblicazione che ci dà la dimensione di come il Sovrannaturale gli sia sfuggito di mano proprio a lui che lo aveva esattamente pensato, prodotto e messo in circolazione, come del resto ammise lo stesso Machen allorché, a causa del successo che ebbe la pubblicazione del racconto, fu costretto a scriverne un’introduzione per un’edizione singola: “Questa storia de “Gli Arcieri” è stata una storia davvero strana dall’inizio alla fine”. A tale punto si innesta una reazione imprevista: il Sovrannaturale diviene incontenibile e sfugge di mano alle intenzioni stesse del suo autore.
E pochi giorni infatti dopo la pubblicazione, l’editor de The Occult Review scrisse a Machen per sapere se la storia avesse un qualche fondamento reale. Machen gli rispose che assolutamente no, non vi era fondamento di alcuna sorta.
Di lì a poco anche l’editor di Light gli inviò una sua nota ponendogli la stessa domanda, alla quale Machen rispose nello stesso modo.
Un mese o due più tardi ricevette numerose richieste di gazzette parrocchiali di autorizzazione alla pubblicazione della storia.
A questo punto il Sovrannaturale evocato diviene, e vive di azione e forza indipendente dal suo creatore. La muffa argentea comincia a diffondersi, la macchia scura si allarga.
Dopo circa un altro mese uno degli editor di queste gazzette gli scrive per riferirgli che le copie della gazzetta con il suo racconto erano andate a ruba e vi era un’ ulteriore grande richiesta del suo racconto e gli chiedeva infine se era anche possibile scrivere una piccola introduzione citando le fonti reali da cui aveva preso spunto per il racconto, concedendogli infine il permesso per pubblicarlo sotto forma di pamphlet.
A quel punto Machen comincia a provare un certo spaesamento . Si rende conto che qualcosa gli sfugge, va oltre le sue intenzioni nonostante la consapevolezza di aver intenzionalmente creato quel racconto non basandosi su alcunché di reale.
Risponde che poteva con tutta la sua gratitudine pubblicare il racconto ma che di fonti non ne esistono e che quindi non può soddisfare la sua curiosità.
L’ editor di nuovo si rifà vivo insistendo che dev’esserci un errore, che almeno i fatti principali de “Gli Arcieri” devono essere veri, che il suo racconto dev’essere l’elaborazione di un fatto veramente accaduto.
Machen stesso ormai incapace di contenere quanto lui stesso ha evocato, riferisce che persino un ufficiale dell’esercito di Sua Maestà gli aveva recapitato una lettera dicendogli che sul campo di battaglia gli era apparso San Giorgio da lui stesso invocato, che lo aveva aiutato nel migliore dei modi.
Addirittura ci furono voci di un fatto realmente accaduto su di un campo di battaglia, dove alcuni corpi di soldati prussiani sarebbero stati ritrovati trapassati da frecce.
Lo smarrimento di Machen per quanto sta accadendo è al livello più alto. Non sa capacitarsi di come quello che per lui era stata una fantasia anche troppo ardita venisse ormai ampiamente accetta non solo in ambienti esoterici e occulti ma anche avesse una diffusione pubblica.
Ormai corrono le voci più disparate: su di un campo di battaglia, riferiscono alcuni testimoni oculari, una nube si era interposta fra l’offensiva tedesca e la ritirata degli inglesi. Secondo altri testimoni la nube aveva nascosto i soldati inglesi alla vista delle truppe germaniche che avanzavano, rendendoli invisibili. Secondo altri ancora delle figure di luce erano apparse sul campo di battaglia impaurendo i cavalli dell’esercito germanico che inseguiva i soldati inglesi.
Il flusso è inarrestabile, la macchia si allarga a dismisura.
Il suo racconto non aveva fatto altro che condensare, rapprendere, unificare, fare da trait d’union per altre migliaia di exemplares, di un sovrannaturale che manifesta se stesso in mille modi, dalla superstizione alla visione, alla leggenda, fino alla testimonianza.
Lo stesso Machen non si sente più in grado di comprendere la chiliogonica manifestazione di un’idea che lui medesimo aveva teorizzato in The White people nel 1904.
Se il chiliogono posso pensarlo perfettamente (una figura geometrica che ha mille lati) così altrettanto non posso rappresentarlo perfettamente nella fantasia perché man mano che i lati si moltiplicano l’immaginazione si dilata, e nella loro raffigurazione se ne perde la distinzione.
Ma quello che forse Machen pensa gli sia sfuggito di mano in realtà è proprio quello che in modo molto teoretico aveva affermato nel racconto The White People: il male è positivo al pari del bene, solo che sta dall’altra parte, cioè da quella parte opposta alla tua, che non lo controlli più perché è andato nella direzione opposta a quella che volevi , va fuori del tuo controllo e ti si ritorce contro. E’ la seconda caduta, ripeti in questo mondo quella che fu la prima caduta originaria: “Il peccatore cerca di ottenere qualcosa che non fu ami suo. In breve, ripete la caduta” (“The sinner tries to obtain something which was never his. In brief, he repeats the Fall."- The Withe People-)

A cura di Fabrizio Ulivieri



Recensioni ed articoli relativi a Arthur Machen

(0) The bowmen (Gli arcieri) di Arthur Machen trad.di Marco R. Capelli - TRADUZIONE
(1) Arthur Machen (1863-1947): Un’idea del male a cura di Fabrizio Ulivieri - ARTICOLO

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(0) Albert Richter Un’aquila tra le svastiche di Fabrizio Ulivieri - Il Parere di PB

Testi di Fabrizio Ulivieri pubblicati su Progetto Babele

(1) Arthur Machen (1863-1947): Un’idea del male a cura di Fabrizio Ulivieri - ARTICOLO
(2) Storia di Pelo, il ragazzo che vinse la Milano-San Remo di Fabrizio Ulivieri - RACCONTO


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