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Due articoli su Pasolini (1922-1975)
Pasolini, storia d’una morte violenta (1)
di Stefano Merialdi
Pubblicato su SITO


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Scorrono le riprese , con le immagini di borgate romane vecchie e macilente, tra stradine polverose, case fantasma, mucchi di materiali e vecchi mattoni, nel panorama della Tuscolana e dell’Appia antica, con le sue vestigia, i suoi relitti di mura romane, che sembrano cadaveri d’ere paleolitiche, o tumuli lunari di qualche razza aliena, fuori dal mondo e dal tempo; colline di rena, stradette sterrate, questi gli ambienti e i luoghi, protagonisti dei film proletari o proletarizzati, dei film di Pasolini, dal vero. Con la sua ricerca, angosciata, quasi inquietante, di casi umani, di figure e personaggi popolani, tratti dalle strade e i marciapiedi, dell’hinterland e la periferia romana. Un cammino compiuto, a ridosso, dei ceti meno abbienti, alle soglie della povertà, del degrado urbano e della ghettizzazione, dei quartieri poveri e limitrofi della grande città, dove i tram non arrivano, mancano i servizi e le strutture. E Pasolini, figlio d’un generale, reincarnato nelle spoglie di scrittore e poeta moderno, bazzicava tra questi caseggiati, queste borgate spettrali e abbandonate, quasi come compiendo un cammino di redenzione ed una ricerca interiore, del diverso; puntando la cinepresa sull’emarginazione e il decadentismo, d’uno sviluppo sociale e urbano italiano, pieno di dislivelli e contraddizioni , cocenti. Con il dissesto e il degrado dissennato, di speculazioni edilizie, il menefreghismo dei potenti e delle istituzioni, nei confronti della massa dei più poveri, degli inascoltati e degli ultimi. Pasolini, uomo e scrittore, improvvisatosi, poi, anche neo-regista, dai molti ed insospettati colpi di genio, o comunque pieno di idee e di risorse creative , nascoste. Una figura, un uomo, dal carattere, e profilo interiore e spirituale, dalle scelte personali e con atteggiamenti etici e morali, a volte opinabili e discutibili, a ridosso a volte del populismo rimarcato e da un gusto a tratti, un po’ morboso ed ossessivo, per i giovani di strada, le lucciole e le donnine perse, con una curiosità a volte polemica e provocatoria, a cui sembrano confluire, spesso, atteggiamenti, di cercatore di chicche e cose chich, da antiquario in vena di stranezze e cineserie. Con questo volersi a tutti i costi, confrontare e riferire, ad un mondo di borgate e di bisogno di povera gente, in cui lui, non c’entrava molto, e c’era capitato, un po’ per caso. Un attrattiva per questo piccolo mondo antico, per questi quartieri da Remi senza famiglia, che a tratti faceva discutere, e che a volte, rendeva perplessi, perché non si capiva bene, dove lo scrittore, volesse arrivare, forse non lo sapeva nemmeno lui. Ciò non toglie, e bisogna dare atto, all’uomo Pasolini, il suo talento, l’estro creativo, che facevano di lui, un poeta scrittore, di indubbia capacità; soprattutto, spiccava in lui, forte, il sentimento poetico, un animo delicato, soprattutto una rara sensibilità artistica e letteraria, piena d’intuizioni, e di ricerca attenta di quel mondo, drammatico e selvaggio, fatto di periferia, di drammi e alienazioni sociali, di mancanza di case e di lavoro, di avvilimento e decadenza umana, cui porta la povertà, ed i bisogni essenziali, insoddisfatti. Pasolini, sembrava in certi momenti, appartenere ad un mondo astratto, ad un'altra razza in estinzione, dell’intellettuale popolano, per il popolo. Una figura romantica, un po’ nichilista e crepuscolare, con accenni e tematiche a volte intricate , difficili e contraddittorie , che hanno fatto dell’uomo Pasolini, un fenomeno e un caso sociale. Intorno a cui, sono germinati, come per tutti gli scrittori, dibattiti, , polemiche ed accuse. Come scrittore, sono noti, le sue cronache e descrizioni, in particolare, dei quartieri, più depressi e sottosviluppati, con un attenzione, ai rapporti umani ed ai casi umani, spesso drammatici e struggenti. Ma e forse questo è un peccato, è soprattutto per i suoi lavori, diciamo, più plateali e spettacolari nel cinema, che Pasolini è soprattutto ricordato. A cominciare dai suoi rapporti, con un ormai attempato e sconsolato Totò, che al tramonto della vita e la carriera, trovò una nuova ventata, di entusiasmo e di vivacità, interpretando i film del regista Pasolini, Uccellacci e Uccellini, a fianco di Ninetto Davoli, attore on the road, e dalla strada recuperato; immaginando un fantasioso viaggio di padre e figlio, tra
quartieri grigi e tristi, a fianco d’un misterioso corvo ideologico, che con i due porta avanti, una retrospezione della storia, e riflessioni esistenziali e sociali, a volte politiche e polemica, su aspetti dell’esistenza e della vita, che a volte sono oscuri per lo spettatore, che si limita a divertirsi, seguendo il comico Totò, che salva il film, con le sue gag, e trovate gigionesche e clownesche. Sempre con Totò, Pasolini, a poi girato l’episodio, Dove volano le nuvole, insieme a Franchi e Ingrassia, che da una parte ripropone, la storia di Otello e la sua gelosia, in una chiave originale, in cui gli attori sono povere marionette, tirate dai fili, d’un destino, fatuo ed atroce, come per sottolineare, l’assurdità e la vanità della vita, che appare vuota e senza senso. Un cenno, merita anche la canzone del film , scritta dall’autore, con Modugno, che spesso, si sente in giro. A parte la parentesi Totòniana, c’è poi da ricordare, il film famoso, forse il più riuscito di Pasolini, con Franco Citti, altro attore rimediato un po’ per caso, dalle borgate, in Accattone, una storia di degrado morale e spirituale, in cui il personaggio di accattone, un poveraccio che vive d’espedienti, si muove tra figure e personaggi, grotteschi e squallidi, tra sfaccendati e profeti di strada, in un crescendo di povertà e miseria, che culmina con la morte del protagonista. E’ il film più compiuto, completo e indovinato dello scrittore, un po’ la summa, dei suoi studi e le ricerche tra questi quartieri fatiscenti e rustici, sino all’eclissi, del progresso e dello sviluppo. Non c’è sviluppo per i poveri, sembra ribadire l’autore, né salvezza morale, o religiosa. A questo film è poi seguito, quello di Mamma Roma, con una grande, incontenibile Anna Magnani, che supporta una storia squallida, con il suo istrionismo; una vicenda che vede una madre, alle prese con i problemi d’un figlio, ribelle e tormentato, da una società gretta e grigia, senza speranze, né vere prospettive. In cui , il protagonista, ancora una volta, trova una morte solitaria e disperata. Questi film, non facili, per situazioni ed ambienti, con una tematica spesso oscura e complessa, spesso lasciano un po’ freddino lo spettatore, ma alcuni particolari, alcune idee, nel complesso non sono malaccio. In Pasolini, la stranezza , l’ambiguità e l’originalità, erano dettagli , non da poco. La morte dell’autore , proprio tra quei quartieri desolati, che tanto amava, quasi quelle strade di dolore , fossero presaghe della sua morte violenta e insensata; ha lasciato tutti di sorpresa, con altre discussioni, e riflessioni sullo scrittore scomparso, valorizzato dalla morte, ma mai completamente capito; una morte, che ha visto, una grande risposta emotiva del popolo semplice, cui l’autore , aveva dedicato tanto lavoro. E poi, ci sono state, prese di posizione, di scrittori e colleghi, come Moravia, che ha tuonato, sottolineando la figura unica ed irripetibile dello scrittore, che è sempre un fenomeno raro ed inspiegabile. Ora, col senno di poi, si guarda alla figura di Pasolini, con più indulgenza e pazienza, quasi se ne fosse finalmente intuita l’eccezionalità, in un mondo, che di scrittori non ne dà molti; e su di lui fosse scesa, finalmente, una patina di poesia e comprensione.

A cura di Stefano Merialdi



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