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Danilo sente crescere il nervosismo mentre Zeus, il suo cocker, guaisce e si sposta in rettilineo dalla libreria al divano perché vuole uscire. Di tanto in tanto alza la testa per controllare se si è alzato e ha preso il guinzaglio. Si erge poi sulle zampe posteriori fino alla sua guancia per lambirla con la punta della lingua.
Danilo si maledice per averlo abituato ad uscire ad ogni ora della notte se ne sente il bisogno, ma da quando nella pineta, che comincia di là dalla strada, hanno ammazzato quel ragazzo pulito come la neve, che ogni sera correva nei viottoli ascoltando musica, ha sempre un vago timore quando deve uscire dopo una certa ora.
Mentre disegnava le sue innocenti falcate, gli avevano stretto al collo il filo del suo auricolare e ancora con quella mortale collana lo aveva trovato un passante sopra una panchina come se dormisse la mattina seguente.
Gli era comparsa una curiosità anomala, un vero turbamento, per giorni appresso all’esaltazione della stampa locale, come accade quando la vittima ci è speculare. Con un piccolo appartamento di una periferia ancora poco abitata, ammetteva di essere spaventato.
Ma Zeus non conosce la perfidia degli uomini ed insiste col suo lamento.
Ormai Danilo è completamente sveglio e valuta che il senso di oppressione è scollegato dai sogni. Ha proprio paura di uscire e guarda l’orologio lampeggiare in rosso le cifre dei secondi sul comodino alla sua destra.
Si stupisce che non sia ancora mezzanotte e allora immagina che numerose macchine siano ancora a circolare sulla statale. Magari c’è in giro qualche ritardatario, del resto non ha alcuna intenzione di avventurarsi nella pineta. Da quel giorno non l’ha attraversata che di giorno, gettando una breve occhiata alla panchina sulla quale sempre un fiore pietoso appassiva.
Quando prende il guinzaglio da un gancio dell’attaccapanni, Zeus fa un balzo. Allora gli dice di malumore: Calma, che ti prende?
Zeus gira su se stesso come una trottola, ma alla fine il gancio è al suo posto nell’anello del collare.
Ha piovuto. La strada è resa scivolosa dagli aghi di pino e dalla sabbia trasportati dal vento; un paio di lampioni sono spenti da qualche tempo, ma Danilo sembra notarli per la prima volta. Tira la zip fino al collo e infila la mano libera nella tasca del giaccone. Guarda in avanti e subito dopo indietro, ma la strada è vuota, mentre Zeus dà uno strattone al filo e lo costringe a stare attento se non vuole cadere.
Proseguono per qualche minuto e Danilo fischietta, sempre ruotando gli occhi nella direzione delle zone meno illuminate.
Ad un tratto avverte un’ombra dietro le spalle e si gira di scatto. Rileva una sagoma non ben definita come se la persona che lo segue indossasse un mantello, o un velo nero, lungo fino ai piedi, che svolazza con le folate di vento. Il fiotto dell’oscurità continua a scorrere lungo i contorni della figura e ad assemblarli in maniera inadeguata.
Dapprima prosegue a passi più spediti, poi si mette proprio a correre, perché girandosi a controllare di tanto in tanto, si rende conto che la macchia indefinibile nella diffusa insufficienza di luce continua ad avvicinarsi.
Non c’è dubbio che qualcuno lo stia seguendo e non sa cosa fare. Gli manca il fiato.
Sulla statale non è ancora transitata un’auto. Le finestre non danno indicazioni di attività umane e paiono occhi incavati.
Ha la mente inceppata come non riuscisse a passare da un pensiero ad un altro, consapevole che sta per avere un attacco di panico: cerca quindi di respirare spalancando i polmoni.
Se avesse avuto un cane aggressivo in quel momento lo avrebbe lanciato contro lo sconosciuto. È tanto sconvolto che resisterebbe impassibile nel vederlo fare pezzi. Ma Zeus fa moine a tutti, un amico dei ladri, piuttosto che una bestia con l’istinto di metterli in fuga.
Corre adesso come un forsennato senza guardare dove mette i piedi e gli sembra che qualcuno sghignazzi dietro le spalle, mentre Zeus, che non si rende conto di nulla, per quei cambi continui di andatura è felice come una pasqua.
Sul secondo gradino Danilo appoggia solo la punta della scarpa che quindi non lo sostiene. Poi ha piovuto e la presa non regge.
La fronte batte sul terzo scalino e Danilo non fa in tempo a comprendere l’accaduto perché perde conoscenza immediatamente, come se un velo nero coprisse tutto.
©
Fortuna Della Porta
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