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La canoa è ingovernabile ora che Ricky ha perso la pagaia. I mulinelli gli gettano acqua ghiacciata sulla faccia e allora per qualche istante cerca di non prendere fiato. Non ricorda da quando sta combattendo con la corrente, quante volte è finito sotto il pelo dell’acqua, quante volte si è creduto non sul punto di morire ma già morto.
Ha conservato tuttavia la lucidità di non cedere all’impulso di spalancare la bocca e le nari e questo lo ha salvato; poi il miracolo di trovarsi presso lo scheletro di un albero di cui la corrente non è riuscita ad avere ragione.
A fatica per i muscoli doloranti si afferra al ramo più basso e a quel punto è agevole raggiungere la terraferma. Prima ancora di guardarsi intorno si getta esausto sul terrapieno con le braccia spalancate sentendo per lo sforzo più che il freddo una sorta di lama in mezzo alla carne. E anche più della lama avverte l’orrore del pericolo appena scampato.
Un bambino di cinque o sei anni, con capelli a caschetto e gli occhi pallidi, gli si ferma di lato e gli domanda:
Sei morto, per caso?
Ricky gli sorride e domanda a sua volta:
Cosa ti salta in mente! Ti sembro un morto?
Quando si alza, il bambino continua a seguirlo e gli chiede di giocare, ma lui ha bisogno di tornare a casa. Il sole è tramontato e fra poco cadranno le ombre. Non ricorda quando è uscito, ma ha fame.
Si accorge che il pericolo corso lo ha stravolto. Cammina in una sorta di abbaglio, quasi in automatico, come se i pensieri, trasformati in immagini repellenti, si sovrapponessero alla strada.
Nell’ultima luce, scorge alla sua destra corpi nudi e abbronzati di adolescenti stesi tra gli arbusti in un punto in cui il fiume forma un’ansa e la corrente si placa. Al suo livello gli alberi estenuati dall’incipiente autunno seghettano il cielo turchino e poco più avanti nota un gruppo di ragazzini dalle guance rosa e i polsi arrotondati che si passano un’unica lattina di birra.
È sulla strada verso casa, la stessa da sempre, eppure irriconoscibile. Affretta il passo perché gli è passata la fame ma ha bisogno di dormire per avere ragione del suo stato di confusione, sicuramente dovuto alla lunga e impegnativa battaglia coi vortici. Non tollera quel senso di estraneità e si domanda perché non stia invece esultando, dopo essere uscito indenne dall’avventura.
Vede alla fine nella vegetazione la forma geometrica e il tetto di casa sua e tira un sospiro risollevato. Affretta il passo e grida:
-Mignon, sono tornato.
Mignon appoggia un vasetto di fiori sul davanzale di una finestra e si gira verso di lui, salutandolo con la mano.
Con passo traballante Ricky si affretta verso di lei notando la fitta ragnatela di rughe che s’intreccia sul viso di bellezza antica ma ancora percepibile.
Si ferma stralunato a domandarsi cosa ci fanno tante rughe su una ragazza di appena trent’anni.
©
Fortuna Della Porta
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