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Arrivederci Platone
di Daniele Mancuso
Pubblicato su PBSA2008


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La sala d’attesa gremiva di persone, e a quella visione Mirco trasalì: giacche e cravatte dominavano la scena, e le sedie non bastavano a far sedere tutti quanti. Per questo motivo si cercò un angolo vuoto dove poter aspettare il proprio turno.
- Per caso siete tutti qui per il colloquio di lavoro? - chiese a un ragazzo seduto lì vicino.
- Sì. Ma caspita, non mi aspettavo tutta questa fila: è già un’ora e mezza che aspetto! - esclamò quello sorridendo.
Fortunatamente il luogo era abbastanza ampio da contenere tante persone senza rimanere soffocati a vicenda. Inoltre la sala era allestita così elegantemente da dare l’impressione di trovarsi in una villa piuttosto che nella sede di una società d’impianti: dipinti di Caravaggio e Monet si alternavano sulle pareti, mentre un grande acquario vicino alla finestra abbelliva il tutto. Ciò però che colpì l’attenzione di Mirco fu un quadro di notevoli dimensioni appeso sopra un camino, situato al centro della stanza: c’ era raffigurato un uomo calvo, con folti baffi neri, due occhi vispi e un sigaro tenuto con la mano destra. Sotto all’immagine si trovava una didascalia: Alfredo Ruini, fondatore della Corel nel 1950.
Dopo aver dato un’occhiata al ritratto del fondatore, Mirco tornò nel suo angolo privato osservando gli altri, tutti occupati in svariati modi per ingannare l’attesa: alcuni guardavano pensierosi i dipinti, come se dovessero in seguito dare un’opinione da critici d’arte, mentre un gruppo di giovani parlottavano fra loro ridendo. E poi c’erano i solitari come lui, seduti al proprio posto, chi con lo sguardo perso nel vuoto, forse immaginando cosa avrebbe detto di fronte al direttore, chi leggeva il giornale. Di fronte a questa concorrenza agguerrita, Mirco si chiese se ce l’avrebbe mai fatta a farsi assumere. Certo, poteva contare su una laurea con centodieci e lode, e su alcuni stages compiuti presso società importanti, ma l’annuncio letto qualche settimana parlava chiaro: era disponibile un solo posto per commercialista della Corel, e quella massa di gente somigliante a lupi famelici pronti ad avventarsi sulla preda, avrebbe demoralizzato persino chi vantava un curriculum vitae stellare.
- Tu in cosa sei laureato? - chiese il ragazzo seduto vicino a Mirco, interrompendo le sue riflessioni.
- Economia e commercio, a La Sapienza. Vecchio ordinamento.
- Anch’io alla tua stessa facoltà, ma a Tor Vergata e con il nuovo ordinamento. Ovviamente poi ho fatto la specialistica.
- Ah, però. So che là si sta bene, e che i professori sono in gamba.
- Già, ma se la tirano un sacco: quando rispondono a una tua domanda, pare che ti stiano facendo un favore! Da te ho sentito dire che ci sono dei luminari del settore. Sarei andato a La Sapienza, ma rimaneva troppo lontano, quindi ho optato per Tor Vergata.
- Capisco. Suppongo che anche tu sia qui per quel posto da commercialista…
- Esatto. Ma non ti preoccupare, perché non ce la farò mai a ottenere un solo posto conteso da duecento persone e con una laurea risicata. – disse il tipo con molta ilarità.
La porta della stanza si aprì, e il brusio generale cessò di colpo: entrò un signore con un cesta contenente uno straccio e uno spray. La folla, avendo visto che si trattava del domestico, riprese a chiacchierare senza fare più caso all’uomo che intanto aveva iniziato a lucidare i quadri.
- Eh, visto che fine si fa a non voler studiare? – disse il ragazzo a Mirco indicando l’uomo delle pulizie.
- Beh, ognuno fa le sue scelte.
- Sì, ma ogni cosa ha il suo prezzo, amico mio. E chi prende certe strade finisce a lucidare le scarpe dei potenti.
- Magari è un extracomunitario. Loro riescono a fare solo questo genere di lavori.
Nel frattempo il domestico era arrivato a pulire i quadri vicini a loro. Il tipo li lucidava con estrema cura, passando più volte lo straccio sulla superficie fino a quando questa non brillava. Si vedeva che sapeva il fatto suo nel campo, poiché le opere erano ancora più belle d’ammirare dopo il trattamento ricevuto. Dopo aver spolverato per bene le cornici, il domestico prese il suo cesto e si avviò verso l’uscita dalla stanza. Nel contempo entrò un giovane, che fu raggiunto immediatamente da due persone: Mirco capì che quel ragazzo era reduce dal colloquio, e la conversazione che seguì tra i tre confermò l’ipotesi:
- Allora, com’è andata?
- Non credo bene: quando ha finito di leggere il curriculum aveva uno sguardo poco rassicurante. E poi ero teso, e sicuramente ho fatto qualche gaffe! Penso che dovrò cercarmi un altro lavoro. Improvvisamente si udì un tonfo sordo proveniente da fuori: un urlo dolorante echeggiò tra le pareti. Tutti uscirono precipitosamente dalla porta per vedere cos’era successo, e Mirco si accodò a loro. Ai piedi delle scale un uomo ben vestito giaceva a terra sofferente, circondato dalle segretarie che s’informavano sul suo stato. Poi quello si rialzò, con una smorfia scolpita sul volto.
- Per fortuna sono scivolato dall’ultimo gradino, altrimenti mi sarei rotto una gamba. Ma tu guarda se uno non è libero di prendersi un caffè senza rischiare di farsi male! – esclamò quello adirato.
- Signore, è scivolato perché le scale sono umide. – disse una delle dipendenti, la quale aveva dato un’occhiata alla scalinata di marmo.
- Come erano umide? – Poi, come se avesse avuto un’intuizione, urlò furiosamente: - Mario, Mario!
Il domestico accorse dal signore preoccupato.
- Che succede?
- Ma porca miseria Mario, ma vuoi avvertire quando lavi le scale? Per colpa tua momenti mi ammazzo!
- Mi perdoni signore, ma ho passato l’acqua sui gradini dieci minuti fa, e mi sono dimenticato di mettere il cartello per avvisare.
- Ah ecco. Mi sa che a furia di leggere quelle idiozie di Plutone ti sei rimbambito.
- Chiedo scusa, sig. Ruini, le prometto che non accadrà più.
- Sarà meglio per te, perché la prossima volta ti caccio fuori e vai a lavare i bagni della stazione Termini! – L’uomo si raggiustò, congedò tutti quelli che gli stavano attorno, e poi disse: - Il prossimo che deve fare il colloquio mi segua. – E prese l’ascensore vicino alle scale, seguito da un giovane.
Il gruppo rientrò lentamente nella sala d’attesa, e alcuni ridacchiavano riguardo l’accaduto. Mirco stava per seguire la folla, quando vide l’uomo delle pulizie che si stava infilando la giacca presa da un guardaroba all’ingresso: il turno dell’inserviente era finito. Si avvicinò all’uomo:
- Scusi, ma quello per caso era il responsabile?
- Sì, esatto. Ferdinando Ruini, direttore della società, nonché nipote del fondatore Alfredo. Una gran carogna.
- Vedo che non corre buon sangue tra voi. – disse Mirco sorridendo
- Dice bene. Ma guarda, ve lo assicuro: non l’ho fatto mica apposta a farlo cadere dalle scale. Quando le bagno avverto sempre, ma questa volta mi sono dimenticato. Con questo caldo poi uno fatica il doppio, e qualcosa ti sfugge. Ma se si fosse rotto una gamba non mi sarebbe dispiaciuto, così avrei lavorato un po’ di giorni tranquillo. Sa com’è, già prendo una miseria come stipendio, e oltretutto devo subirmi tutti i santi giorni quel rompiscatole.
L’uomo si stava avviando verso l’uscita, quando Mirco notò nella tasca della giacca un piccolo volume. Riuscì a leggere il titolo: il Timeo di Platone.
- Vedo che fa buone letture però. – esclamò cordialmente Mirco – Complimenti!
- Ah, si riferisce a questo? – disse l’uomo sventolando in faccia al giovane il libro. – Ti ringrazio molto. Sa, la filosofia è la mia passione. Ricordo ancora il giorno della discussione della tesi: non vedevo l’ora che tutto finisse, ma una volta fuori, sentivo già la nostalgia di quel posto. Quanto mi mancano le chiacchierate con i compagni e con i professori!
- Lei è laureato? – chiese Mirco non riuscendo a dissimulare lo stupore.
- Sì, proprio così. E dopo aver sudato sui testi per anni, vai a lavorare per gente che nemmeno sa che il filosofo si chiama Platone, non Plutone. Ma quando in alto ci sono i raccomandati, non c’è da stupirsi di fronte a certe cose. – Detto questo, l’uomo salutò Mirco con un cenno e uscì dal palazzo.
Mirco rientrò nella sala d’attesa, riprendendo posto all’angolo di prima. Tutti parevano aver già dimenticato l’episodio di poco fa. Ma dopo cinque minuti, si alzò con l’intento di andarsene.
- Dove vai? – gli chiese il ragazzo vicino a lui.
- Torno subito. – rispose Mirco.
Uscito dal posto, si recò dall’edicolante là vicino: acquistò il Corriere della Sera e Portaportese. Poi si precipitò in macchina, avviandosi verso casa.



© Daniele Mancuso





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(1) Arrivederci Platone di Daniele Mancuso - RACCONTO
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