Al gallonato presidente della “Accademia Intercontinentale di Valorizzazione e Conservazione del Patrimonio della Gastronomia Internazionale”, depositario dei sapori delle tradizione, arbitro eccelso e giudice incorruttibile, profondo pozzo di conoscenza alimentare e gastronomica, catalogo vivente delle tremila categorie di sapori esistenti con corollario dei relativi profumi, depositario delle ricette tradizionali di centoventicinque paesi e e mille quattrocento regioni, conoscitore delle tremila varietà di frutta e verdura, mille pesci, crostacei e molluschi e, cosa interessantissima, estimatore al solo assaggiare, del sapore di ogni carne di tutte le razze bovine, riconoscendone: età, sesso, razza, provincia, alimentazione, tipo di lavoro, antibiotici e ormoni e più uno ne abbia più ne metta, venne un dubbio! Si, proprio a sua Eccellenza venne un dubbio angosciante. Come si poteva cuocere un uovo fritto perfettamente? E si riferiva a un uovo, con la gemma alla temperatura di 47° e mezzo e l’albume rappreso al punto di avere solo una determinata e tipica lucentezza. Simile alle perle del mare. Con un tremolio non superiore a due gradi e mezzo della scala Richter.
Mille domande incominciarono ad angosciarlo. Il sale prima o dopo e che tipo? Marino naturale delle famose saline messicane di Guerrero Negro, naturalmente raccolto nel solo mese d'agosto preferibilmente alle dieci del mattino o la salgemma delle saline di Picara Di Sotto in Sicilia, Italia, a quattrocentoventidue metri di profondità. Quale condimento? Osare, come il famoso Cordone Iridato francese Jean de la Merveille, che consigliava grasso d'oca, femmina di due anni o più semplicemente olio o burro come usava la zia Clotilde! Le domande gli si affollavano alla mente sempre più coinvolgendolo. Mai sarebbe finita. Quante cose da considerare! La padella per esempio di ferro o alluminio? L'uovo a temperatura ambiente e di che grandezza? Di quale razza la gallina? Il guscio rosso o bianco? Che dilemma!
E qual'era la terminologia esatta? Ben diciotto vocaboli le vennero alla mente. Ma quale scegliere perché i suoi sapientissimi colleghi e feroci custodi della terminologia non lo criticassero!
Più pensava al suo maledettissimo uovo fritto più si avvicinava alla dura realtà! Non sapeva niente di cucina! Più ne sapeva, meno ne sapeva! Dannazione!
Avrebbe dovuto fare un'interrogazione.
Così ebbe la grande idea: avrebbe convocato tutti i più grandi cuochi del mondo per codificare una volta per tutte la perfetta esecuzione del UOVO FRITTO! O, come suo padre buonanima, nella sua beata ignoranza, lo chiamava quando lui era un giovincello imberbe e aveva appena inventato la sua famosissima “Mousse cade-né”. Le chiamava semplicemente: Uova al occhio di bue! Gli pareva ancora di ricordare la sua mamma che domandava a suo padre gentilmente la sera, prima di cena:
- Che vorresti cenare Giacomino?- E lui rispondeva invariabilmente: - Due uova all'occhio di bue, mio amore, con due patatine saltate.-
E sempre invariabilmente non si dimenticava di aggiungere dopo un attimo di pausa con un sorriso un dolce e riconoscente - Grazie-
Si alzò eccitato all'idea che con questa sua grande e immaginifica idea avrebbe per un altra volta interessato i luminari della padella e si sarebbe posto all'attenzione del mondo intero. Incluso i più grandi e famosi cuochi del mondo, simili a grandi dive tutti sorrisi e abbracci che naturalmente si odiavano uno con l'altro, non risparmiandosi critiche feroci e giudizi offensivi. Tutti erano depositari unici della Grande Cucina e si ritenevano estremamente intelligenti, odiavano gli altri cuochi e li disprezzavano come i peggiori degli sguatteri. Anzi per qualcuno di loro gli altri non erano nemmeno capaci di lavare un piatto o pelare una patata.
Non avrebbero partecipato mai a una competizione, la sola idea di potere arrivare secondi in un qualsiasi gara li avrebbe spaventati a morte. Si raccontava che anni prima uno Chef di origini Franco - Thailandese arrivò secondo in una manifestazione, vinto, cosa inaudita, da un suo ex sub-sub-sub-chef.
Affranto e incapace di superare il trauma lo trovarono la mattina dopo, in coma diabetico, di fronte a un secchio di marmellata di fragole drammaticamente vuoto.
Ma un simposio debitamente propagandato, dove ognuno avrebbe potuto dire la sua opinione per quanto cervellotica fosse, avrebbe funzionato. La sua idea avrebbe finalmente gettato le basi per il primo Codice Internazionale di Alta Cucina. Chi avrebbe accettato tra i “Grandi” di starne fuori? Nessuno. Nessuno avrebbe accettato di essere escluso dalla stesura della prima grande ricetta politicamente corretta che sarebbe stata veramente internazionale, anzi intercontinentale e "global" .
Immediatamente convocò una conferenza stampa e inviò una lettera spiegando il suo progetto a ben duecento venticinque Chef di fama internazionale. Quelli che secondo la sua Organizzazione e le migliori riviste specializzate venivano considerati i migliori.
La sua idea ebbe un effetto straordinario e riuscì a creare entusiasmo e interesse. La risposta fu unanime. Compiaciuto e gonfio come un tacchino ripieno, ancora felice di essere ancora al centro dell'attenzione, si diede ai preparativi dell'evento.
I duecento ventiquattro Cuochi (uno era così gravemente ammalato che la compagnia aerea si rifiutò di trasportarlo) si riunirono nei Saloni del “Super Grand Hotel Gold and Silver Majestic”, (l'unico al mondo con ben 12 stelle e 8 diamanti), però chiamato familiarmente dagli habitué “l'Hotelito”, per la straordinaria capacità delle sue cucine. La piccola somma a titolo “contribuzione spese” per ognuno dei cuochi ammontava a circa un anno di stipendio di un direttore di banca della Mitteleuropa.
Escluso naturalmente il costo della trasferta dello Chef e “dell'entourage”, inclusi segretari o segretarie (dipendeva dai gusti sessuali dei vari partecipanti), sub-chef e vari annessi.
Per ben cinque giorni, a turno i vari rappresentanti avrebbero mostrato al mondo la loro versione e poi al finale avrebbero codificato la ricetta e, a sorte, uno di loro avrebbe avuto l'onore di metterla in pratica.
La tenzone iniziò.
Solo qualche piccolo incidente macchiò il perfetto andamento della manifestazione, ma nulla in paragone a quello che sarebbe successo poi.
Per esempio fu famosa l'ira, per l'ignoranza manifesta di un sottoposto di un famoso chef, che riuscì a svergognarlo davanti a tutti. Il fatto si svolse davanti a ben cinque telecamere accese in Mondovisione.
Alla dimostrazione pubblica il grande Chef delegato del Cile, sotto-delegazione delle Isole Galapagos indicò un pomodoro al sub-chef entremetier. - Preparamelo!..- Al che, il solerte giovane rispose alto e chiaro.
-Si Chef. - e aggiunse timidamente - Come lo desidera Chef ?- spinto dal desiderio di mostrarsi solerte suggerì - in cubetti ?-
Il grande Chef si paralizzò un momento spalancando gli occhi dallo stupore e non credendo alle sue orecchie! Il suo viso rapidissimo prese i vari colori dell'arcobaleno stabilizzandosi infine su un bel rosso paonazzo: - Licenziato! Licenziato!-
Puntando il dito intimidatore verso la porta per indicargli l'uscita.
- Concassé, concassé: si dice concassé! Dov'è la tua professionalità infimo sguattero? Non conosci l'esatta terminologia! E' questa l'arte che ti hanno insegnato? Stalliere, vattene!-
Gli ci vollero più di dieci minuti per riprendersi, solo confortato dagli sguardi dei cortigiani presenti atterriti e pieni di compiaciuta disapprovazione per l'accaduto.
I commentatori televisivi tradussero in ben otto lingue l'increscioso incidente. Molti attribuirono la colpa al Chef delegato per aver ceduto alle pressioni di una lontana zia per aver assunto l'incapace giovane, altri attribuirono come causa della incauta assunzione colpevoli desideri dello Chef di natura non confessabile.
Altro incidente, che diede adito ad un intervento del Vaticano che chiese con un'interrogazione internazionale di censurare l'accaduto, fu per colpa di un tonfo.
Uno dei cinque delegati della Francia era particolarmente orgoglioso della sua ultimissima produzione. Uomo ricchissimo e di multiforme ingegno aveva tra le varie attività imprenditoriali in suo possesso, tutte collegate alla gastronomia, una fattoria di produzione avicola, per essere esatti, di oche. Vi si produceva il famosissimo fois gras marca “super etoile delice”.
In una cassetta di legno foderata di paglia, vennero poste le sei uova d'oca, prodotte dalla sua regina madre, la più bella oca del reame, pardon, della fattoria. Freschissime e arrivate dalla patria per aereo.
Una hostess elegantissima, bionda naturale (fatto che scoprirono quasi immediatamente), con il corpo splendido fasciato in una “filippina” di lamé argento e con una minigonna mozzafiato che mostrava il meraviglioso compasso delle sua gambe, entrò trionfale con la cassetta in mano.
L'aspettativa era alle stelle. Tutti o quasi volevano vedere le uova. Ma il tragico destino colpì a tradimento. La ragazza, che indossava due scarpe dal tacco himalaiano, cadde violentemente in avanti con uno dei due trampoli che la sorreggevano spezzato. La cassetta si aprì nel fatidico volo e le sei uova rotolarono al suolo con un fracasso orripilante. Tutte, senza pietà si frantumarono mostrando il loro rosseggiante contenuto.
Un “oh!” di sorpresa corse per la sala, non solo a causa delle uova rotte, ma anche perché la ragazza cadendo aveva mostrato generosamente i suoi quarti posteriori. La procace fanciulla seguendo la moda e timorosa di mostrare la linea della cucitura delle sue culottes attraverso la gonna aveva preferito non metterle. Così, semplicemente. A più di un presente la scena richiamò alla mente delle splendide pesche che troneggiavano in un cesto trionfale di frutta messo per decorazione all'entrata del salone.
Il cuoco delegato dell'Inghilterra in filippina e kilt sussurrò ridacchiando felice al cuoco italiano al suo lato.
- Ma non avevano detto uova all'occhio di bue? Questa è una...come dite voi Italiani? Ah si, una “frittata”! Troppo poco cotta, per giunta!-
L'italiano da parte sua non riusciva a staccare gli occhi dalle due splendide natiche.
- Io le preferisco poco cotte!-
Allo sguardo interrogativo dello Chef Inglese rispose, con uno sguardo pieno malizia mal repressa.
- Lei no?-
Alla fine dopo le presentazioni dei vari “modus operandi”dei maestri all'opera, in quella orgia esibizionistica, incominciò il lavoro serio. Si riunirono a porte chiuse per stendere la prima ricetta codificata mondialmente. Era iniziata, per la storia, la stesura del primo ricettario intercontinentale globale e multietnico.
Dopo due giorni di lavoro estenuante il presidente si presentò di fronte alla stampa trepidante col fatidico foglio in mano. Già dipinto su pergamena con inchiostri multicolori e portante sul retro la firma dei tutti i partecipanti.
- Egregi signori, ho il pregio di presentarvi la prima ricetta che questo Augusto Comitato ha avuto il sommo privilegio di preparare per il diletto di tutti i buongustai del mondo e porre fine alle infinite polemiche sulla preparazione dei piatti base della Cucina Internazionale.-
Un ovazione accolse queste parole, finalmente s'intravvedeva la possibilità di porre fine a tante diatribe, insulti, discussioni tra i vari maestri della Gastronomia.
Il Presidente con il sorriso del trionfatore e con lo sguardo compiacente fece segno alla platea di calmarsi e proseguì:
- É stato eseguito un sorteggio per stabilire quale Maestro Chef avesse avuto l'onore di eseguire questa prima ricetta. E il prescelto fu... il Chef John Piao Mc Eletti di Hong Kong.-
Un applauso accolse lo Chef emozionatissimo, che s'inchinò umilmente giungendo le mani sul petto in preghiera. L'emozione gli stravolgeva i lineamenti e molti testimoni, tra quelli a lui più vicini giurarono che videro una lacrima brillare come un piccolo diamante al lato della palpebra tremolante. Uomo minuto e di straordinaria energia era il proprietario di una catena di ristoranti di nuova concezione che furoreggiavano nel mondo più alla moda. L'inventore della Cucina Multietnica Destrutturata Multiorgonomica. Naturalmente era multimilionario.
Il Chef John Piao fece un cenno alla hostess incaricata di azionare il cordone che apriva il sipario sulla tavola imbandita in cui troneggiava l'opera maestra.
Guadalupe Silva Gonzales, chiamata dagli amici e colleghi Lupita, incaricata della pulizia della cucina della sala delle conferenze aveva fame. Si accorse che tutti quei signoroni, al di là del telone, avevano dimenticato un bel piatto con due uova fritte molto ben presentato nel bel mezzo di una tavola tutta infiorata.
“Che spreconi” pensò. Si guardò intorno per vedere se per caso ci fosse stata anche una tortilla, ma non ne trovò. “ Peccato” si disse.
Il sipario si alzò che aveva appena finito di divorarsi il contenuto del piatto e, pensandosi sola, persino lo leccava per raccogliere tutto il condimento.
Le trombe trionfali che avevano iniziato a suonare si zittirono di colpo, un silenzio totale invase la sala.
La signora Lupita Silva Gonzalez si guardò intorno, confusa da quelle luci e da tutta quella gente che la guardava allibita. Assunse uno sguardo innocente e mormorò – Non sapevo...- Poi sorrise e disse per cercare di farsi perdonare. - Buone però, buone, veramente buone!-
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