Nel buio della piccola sala teatro avverto nitida la presenza delle tante persone, eppure intorno al mio cuore ed al suo battere sempre più forte tutto sembra silenzio. Mi sembra di intravedere nella penombra i contorni del palco e, a tratti lo scintillio dei piatti della batteria e la massa lucida del pianoforte a coda. Nelle narici l’odore del velluto impolverato e consunto delle piccole poltrone della platea e poi la percezione delle colonne rivestite di legno decorato e dei lampadari di cristallo.
E’ difficile spiegare persino a me stessa quello che provo in questo momento: un groviglio di emozioni che, a tratti, prendono il sopravvento l’una sull’altra. L’orgoglio, la paura, la gioia e, dal passato, tanto dolore, fitto, denso, pesante.......
Avevo perso Alessandro solo due anni prima della nascita di Chiara e tenendola fra le braccia appena venuta al mondo pensavo: A lei non dovrà succedere mai nulla. La proteggerò e la guiderò in ogni passo facendo del mio amore per lei una vera corazza contro le avversità della vita. Aveva gli occhi grandi Chiara e mi guardava pur non vedendomi con una dolcezza che, ancora oggi, a vent’anni, le appartiene. E così è stato. Sono stata la sua guida ed il suo rifugio, la sua confidente e la sua anima critica. Ho condiviso con lei ogni piccola conquista e sopportato ogni dolore, compleanno dopo compleanno, giorno dopo giorno. Ci sono stati anche i periodi di incomprensione e scontro: io che pretendevo lei ragionasse come un’adulta, lei che mi supplicava di considerarla quello che era, un adolescente che deve commettere i suoi sbagli per crescere davvero. Ho pianto di nascosto quando sentivo che era triste per l’amore non corrisposto delle sue amiche ed ho pregato perchè non sanguinasse troppo per la perdita del nonno, mio padre, con il quale per anni aveva vissuto in simbiosi e che andandosene via dopo una lunga malattia, lasciava un vuoto incolmabile di storie non più raccontate, complici passeggiate a contatto con la natura che non sarebbero mai avvenute.
Poi un giorno ho sentito Chiara cantare. Di nascosto nella sua stanza, una sera, dopo aver studiato per il compito in classe del giorno dopo. Nella sua voce ho sentito una forza pronta ad esplodere. La melodia era orecchiabile anche se non ricordo più che canzone fosse, ma quello che ricordo è la dolcezza, il colore della sua voce, le sfumature del timbro ed insieme la potenza delle note che, uscendo dalle sue labbra, si univano come in un gioco di incastri perfetti ed armoniosi.
Da quel giorno Chiara non ha più smesso e la musica è pian piano diventata il suo linguaggio, il suo modo di comunicare con gli altri e con se stessa o, meglio, con i meandri più reconditi del suo cuore. Naturalmente io l’ho seguita anche in questo e l’ho sostenuta momento dopo momento perchè non è facile trovare una propria dimensione anche nel canto. Ci sono state le lezioni individuali, poi le audizioni ed i concorsi, gli stage e le prime amicizie in campo musicale. E’ un mondo fantastico visto dal di fuori, ma dentro c’è tanto sacrificio e lavoro duro, ci sono gli incontri sbagliati, le invidie, le delusioni e i sogni infranti. Ma se ci credi davvero bisogna continuare, a testa bassa ma con determinazione. Chiara si faceva strada a spintoni io la seguivo, Chiara cadeva io l’aiutavo a rialzarsi, Chiara era delusa, stanca, indecisa, frastornata io lì pronta ad ascoltare in silenzio la sua delusione, la sua stanchezza, la sua indecisione.
Nelle note di una canzone ci siamo spesso perse e poi ritrovate, più solidali di prima, più vicine. A volte non abbiamo avuto bisogno di parlare perchè il testo di una canzone parlava per noi e la nostra storia si perdeva nelle storie degli altri per poi riconquistare la sua individualità ed unicità. Allora abbiamo cominciato a scrivere insieme, a quattro mani e sono nate delle canzoni che sapevano di complicità e scoperta, contenevano l’entusiasmo di una giovane donna e la pacatezza adulta di un’altra, ma soprattutto raccontavano di vita, emozioni, tempo, sussurri del cuore, sospiri dell’anima, amore, grande amore.
Si avverte, distinto, il suono di una chitarra basso. Cerca di trovare un accordo comune con il pianoforte. Un’ombra compare sul fondo del palco: qualcuno si siede dietro la batteria. Lo scintillio diventa più marcato. Ora il silenzio in sala è reale e si riempie di attesa. Sento in maniera nitida da qualcuno seduto accanto a me: Ti piacerà, è davvero brava! Poi più nulla. I minuti che seguono appaiono infiniti e le corde del cuore vibrano forte.
Dal fondo del palco appare una figura di donna, prima solo una sagoma indistinta, poi, alla luce di un faro che dal fondo della sala raggiunge il proscenio si intravede la chioma morbida di capelli ricci, l’abito che cade sui fianchi rotondi e ricopre le gambe fino alla caviglia, un microfono tenuto fra le mani in modo naturale ed elegante.
Un applauso scoppia, caloroso, lungo.
Al primo si uniscono gli altri fari del palco. Eccola! La mia Chiara. Della ragazzina che cantava nella sua stanza è rimasta la dolcezza, il resto è di una giovane donna: gli occhi, i movimenti, la sicurezza della voce.
Inizia il canto e le note del pianoforte gli fanno da cornice, sostengono le pause, smussano gli acuti, giocano con i colori del timbro.
Mi rivedo come in un flash in quel letto di ospedale con un fagottino fra le braccia. Le mie labbra si muovono appena: Ti proteggerò! Sempre, non aver paura! Il cammino fatto insieme fin qua ritorna nella mia mente: il tempo si dilata e si comprime, insieme. Vorrei gridare a tutta quella gente che non conosco: E’ mia figlia! Che ne sapete della strada percorsa per arrivare fin qua. Io conosco le gioie, le sofferenze, le ansie, i sogni. Io sono la sua mamma. Sono parte di quella voce che ora ascoltate, ho abitato in quel cuore che ora vibra e vi fa vibrare. Ma nel momento stesso in cui penso a quello che vorrei dire una nuova consapevolezza si impossessa di me e si fa chiara, limpida.
Mi sento stanca, felice, ma stanca. Forse è meglio che io mi fermi qui. Avrei dovuto già farlo, ma non ne ho avuto il coraggio. Il canto sembra allontanarsi da me, piano piano e.... non fa male. Guardo Chiara e sento l’affetto delle persone che la circondano. Mi fermo sul suo sorriso, sui suoi occhi da non più adolescente. E’ pronta ad andare. Ora è sicura di sè, di quello che vuole essere per se stessa e per il mondo. E’ forte, la vita non potrà più farle del male, ci proverà, lo so, ma non ci riuscirà se non per pochi istanti. Poi Chiara riprenderà a volare, sola, ma con tanto amore dentro, quello che io e suo padre le abbiamo dato e che ora è pronta per donare agli altri.