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Con “Rose Rosse”, Roberta Martinetti consolida il suo amore per un genere difficile , quello pulp-thriller, tra le cui pieghe si destreggia con notevole talento.
Tre episodi, brevi ed intensi, tre racconti narrati con un senso di nausea imposto palesemente al lettore. Nausea per le mosche che svolazzano per vendetta nel primo episodio, o il sangue di rose violente nell’ultimo, o, infine, le confessioni di un uomo in preda ad un siero mortale nel secondo.
Ammaliati dalla delicata ars narrativa dell’autrice, chi legge non può che sorprendersi dinanzi alla naturalezza con cui la Martinetti ci sbatte in faccia la morte, la crudele premeditazione generata dalla vendetta, la cinica attesa dell’ultimo alito di vita.
Tra i tre, molto bello il primo racconto in cui la morte di un gatto, provocata da un potentissimo veleno, genera una fitta rete di relazioni, sospetti e colpi di scena davvero interessanti, che appassionano il lettore immergendolo nell’atmosfera di lucida follia che l’autrice ha sapientemente cucito intorno.
In “vicini di casa”, tuttavia, non vi è solo macabra narrazione di premeditazioni omicide, ma racconto sincero della sublimazione di un sentimento, quello dell’amicizia, che anche nella cruda preparazione di un delitto riesce a saldarsi per la vita.
Un’architettura semplice ma appassionante, regge il filo narrativo del libro che non cede mai a cadute di stile o a banalità. La scrittrice ci sospende fino alla fine su un tappeto di rose rosse, tenta ,riuscendoci, di farci credere che anche un efferato delitto in fondo può essere un pranzo di gala se partorito da menti ingenue con giustificato propositi di vendetta. Azzardato ma efficace.
Meno ricchi di pathos e tensione, gli episodi successivi che evidenziano una maturità stilistica che spicca, in misura minore, rispetto al primo. A mio parere la Martinetti avrebbe dovuto concedere a “vicini di casa” di fagocitare , dal punto di vista dei contenuti narrativi, “rose rosse” ed “un mondo perfetto” che troppo danno l’idea di un già visto che, sicuramente, non da merito alla comprovata originalità creativa della scrittrice di Cesena ed alla sua volontà di narrare la pazzia nascosta della mente umana.
Credo che ogni lettore che provi ad immergersi nel testo, preferirebbe veder ronzare più a lungo le mosche che rendono di un fascino così nauseabondamente pulp dei vicini di casa non proprio raccomandabili. In essi la moderna follia narrativa dell’ autrice mostra la propria piena, contraddittoria, seducente identità.
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