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Opera Incerta
di Anna Maria Curci
Pubblicato su SITO
L’arcolaio
Prezzo €
12,00-
112pp.
ISBN
9788899322779
Una recensione di
Maria Pina Ciancio
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Votanti:
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Media
80.12%
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“Ascolta, su, porgi l’orecchio / dirama la conversazione / traduci e chiedi, leggi e annota, / discerni e associa sotto il cielo” (p.26). Sono seduta ad una panchina sotto casa, c’è sole fuori e sono uscita per una passeggiata pomeridiana. Dalla cassetta della posta ho ritirato un pacchetto che mi porto dietro. Lo scarto lungo la strada. Di fronte agli involucri e ai cellofan ho sempre l’impazienza dei bambini. E’ “Opera incerta” di Anna Maria Curci. E’ arrivato il giorno della Resurrezione e questo esalta il dono, lo rende ancora più apprezzato. E’ un libricino di quelli che mi piacciono, essenziale, discreto, composto, come si conviene a un libro di poesia. La sua copertina è in accordo con i colori che mi stanno intorno, l’acciottolato, il bosco, i fili d’erba. Lo sento così parte di questo tutto, che prima di aprirlo, come in uno strano rituale, lo poso a terra tra una radice e l’erba e resto ad osservarlo qualche istante. Quando lo apro, il primo testo che leggo è “Ascolta, su, porgi l’orecchio”, ed è questo verso di esortazione che mi introduce alla poesia di Anna Maria Curci. Ascolto, porgo l’orecchio, resto assorta per qualche secondo, qualche minuto, non so. Porto sempre una matita nello zaino e la prima azione che compio è quella di tracciare un segno su quell’ascolta e poi un po’ più giù su cielo. Mi prendo tutto il tempo che voglio. Non ho fretta. Sento che sarà bello leggere all’aperto qualche verso. Spalanco altre pagine, a caso. E’ così che comincio sempre le mie letture. Scorro alcuni testi e mi colpisce ritrovare parole familiari che mi sono care e affini, come cammino, ascolto, sosta, discrezione, varco, pazienza, speranza. E’ la prima parte quella su cui indugio. Sento aria, slancio, accoglimento. Uno strano accordo con questo perimetro di cielo. So che alludono ad un’idea e ad una concezione della vita che si muove dentro le cose con garbo e attenzione. Sono le cose del presente e del passato, quelle della realtà e dell’immaginazione, della creazione e dell’attraversamento-traduzione. E di fronte all’oscuro, all’ignoto, al complesso, non c’è mai fuga, ma sempre speranza, stupore, incontro. C’è poi una parola che fa eco in sottofondo “riso”, “sorriso”, “sorridendo” “sorrisero”. La noto e l’annoto. E’ una parola luminosa e inattesa, di contatto. A p. 32 mi soffermo sul testo “Leggere versi all’alba” che mi introduce alle altre sezioni, quelle delle dediche, delle traduzioni, della memoria collettiva e familiare. E anche qui la risposta è luce “dopotutto”, tenacia “non mi arrendo”, sorriso “dopo tanto”. Contemplazione e azione (movimento), la risposta che segue alla pazienza, all’inciampo, alla preghiera: “Mentre qui aspetto/ mi si accosta il silenzio/ e suggerisce” (p.78) , “Come in un giardino pensile a Babele / il tuo sorriso mi è venuto incontro” (p.61). L’ultima cosa su cui lascio scorrere il mio guardo prima del rientro è la postfazione di Francesca del Moro. Lunga, esaustiva, chiara e ben scritta. Ho sentito sintonia anche con il suo dire. E non sempre è così. Fuori comincia a far freddo e sono senza giubbotto. Prendo le mie cose e mi stringo il libro sotto il braccio. A casa butto giù questi pensieri, queste prime impressioni. “Opera incerta” è un libro da rileggere e da riflettere. Fortemente polisemico. Ad ogni lettura arricchisce e dona sguardi, cieli nuovi e sorrisi anche. E un buon libro di poesia, deve essere anche questo.
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