Con voce dico sommessa
e con l’incanto
(Anna Maria Curci)
E’ arrivato stamattina il nuovo libro di poesie di Anna Maria. Lo soppeso, lo sfioro tra le dita. Leggo la dedica, la nota di Giuseppe Manitta sull’aletta di copertina, il titolo. Mi colpisce il titolo. Insorte, un preludio sospeso tra un bisogno di azione e chiarezza e l’accettazione di una forza imperscrutabile e imprevedibile del destino. In questo scenario contrapposto credo vada letto il senso della poesia di Anna Maria e anche il ”līmĕs” stesso della parole poetica. Poi lascio scorrere le pagine tra le dita e a colpo d’occhio leggo qualche verso, soffermandomi qua e là su alcune pagine. Mi piace sempre questo approccio un po’ leggero e distaccato. E’ la misura con cui valuto ciò che leggo, ciò che mi arriva dentro prima dell’immersione, perché noi, come diceva Borges, “sentiamo la bellezza di una poesia prima ancora di pensare al suo significato”. E la bellezza della poesia di Anna Maria arriva con quel ritmo interiore tutto suo, che è battito cardiaco, passi in movimento, ricerca di una musicalità che va a rafforzare il significato e a dare vigore alla parola “scava fruga/ sprofonda nella piaga/ cerca un ragno (non buca ma tesse)/ fiotto da crosta/ rosso vivo da bruno/ sfrangia l’assillo/ l’aurora in medio cielo” (p.23). Tutto intessuto in una rete di immagini, di suoni, di significati simbolici e mitologici– più o meno percepibili dal lettore. Il fonosimbolismo, in particolare, ricorrente con l’allitterazione dei suoni aspri e impenetrabili di r-s-t richiama quella forza creativa potente e vorticosa -tamburata, martellata quasi- che piega, flette scuote la parola, in un coinvolgimento che risucchia al centro e dà consapevolezza dell’inaccessibilità della parola stessa. La poesia di Anna Maria, non dispiega, non rivela soluzioni facili, non ambisce a ridurre a chiarezza i miti e la parola, né a scardinare il mistero che li avvolge. Vive tra due forze contrapposte: il possibile e l’impossibile, il detto e il non detto. L’incanto e l’abbandono. Accoglie, ma non distrugge, e quando si appresta a quella soglia, arriva lo scacco dell’ironia o del gioco polisemico a depistare. La vita dell’uomo è costellata dai miti e dalla poesia, così come dei sogni pubblici e privati. Da stupore “Di luce che scolora/ che libera e cattura.// Lungo la strada s’apre/ replica alla tristezza.// Lo stupore in agguato/ la vince sull’affanno” (p.28). Come scriveva Madeleine L’Engle “Perdere i miti, come perdere la poesia, significa perdere il nostro posto nell’universo”. E il titolo, a cui ritorno, lo rivela bene, “Insorte”: noi viviamo divisi a metà tra ansia di ribellione e accettazione di ciò che ci viene offerto in sorte. In perenne sospensione.
E ogni giorno di Anna Maria Curci
E ogni giorno, bellezza, ogni giorno
sia camminare a fianco
oppure salutarsi;
perchè con il ritorno,
tra narrare e narrarsi,
spunti caparbia tra gramigna e gragnola
la riconoscenza