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Fadhma Aïth Mansour Amrouche,
una vita coraggiosa

di Francesca Fava


Fadhma Aïth Mansour Amrouche è una grande signora della Cabilia. E' una donna che ha conosciuto il dolore, l'umiliazione e la sofferenza. Ha vissuto in un mondo a lei ostile, che l'ha allontanata, costringendola a vivere come un'emarginata nella sua terra natale e che, in seguito, le ha imposto per sempre la condizione dell'esiliata. Ha vissuto un'esistenza semplice, ma marcata costantemente dalla lotta, dal coraggio e dalla resistenza. Ed è questa vita esemplare nelle pene e nelle gioie, che Fadhma Aïth Mansour Amrouche ha voluto ripercorrere in Histoire de ma vie, suo unico libro scritto.
Fadhma Aïth Mansour Amrouche nasce nel 1882 in un piccolo villaggio della Cabilia, una zona costiera e montuosa situata ad est di Algeri. Non essendo stata riconosciuta dal padre, la madre la porta in un convento per proteggerla contro le malvagità degli abitanti del proprio paese. Questa esperienza è, però, di breve durata poiché le suore, venute a conoscenza della sua imbarazzante e vergognosa origine, la umiliano e la puniscono continuamente. Di tale periodo, Fadhma conserva solo delle immagini: "Dapprima, quella di una grande donna vestita di bianco, con delle perle nere; a fianco del rosario, un altro oggetto di corde annodate, sicuramente un frustino. […] Ma soprattutto, vedo un'immagine spaventosa, quella di una piccola bambina in piedi contro il muro del corridoio; la piccola è coperta di fango, con addosso un vestito di tela di sacco; una piccola gavetta di escrementi è appesa al suo collo; piange. Un prete le si avvicina; la suora che lo accompagna gli spiega che la bimba è cattiva, che ha gettato i ditali delle compagne nel pozzo nero, che è stata obbligata ad entrarci per cercarli: è il contenuto del pozzo che ricopre il suo corpo e che riempie la gavetta."
Nel 1886, entra nella prima scuola francese per ragazze a Fort-National dove, rompendo la lunga e ferrea tradizione che impediva alle donne l'accesso all'istruzione, impara a leggere e a scrivere. La lotta contro un universo esterno che desidera imporre i propri schemi comportamentali e mentali diviene, in questo periodo, sempre più aspra e continua. La consapevolezza che la coscienza individuale si deve sottomettere agli obblighi sociali e alla volontà della comunità di appartenenza viene acquisita: infatti, osare ribellarsi alle regole si traduce in un atto punito non solo con l'emarginazione, ma anche con la morte. Ogni vita deve seguire una traiettoria perfettamente tracciata e nessuno può permettersi di mutare il disegno che è stato chiamato a realizzare, anche se si è stati destinati ad un'esistenza di silenzio, di sottomissione e di reclusione
Diviene così difficile (o spesso impossibile) pensare diversamente dagli altri o più semplicemente pensare.
Ed esprimere con la scrittura pensieri diversi da quelli concessi dal potere può trasformarsi in un reato da punire severamente, soprattutto se chi si espone sono persone a cui non sono riservati diritti, ma solo obblighi. Così, come ricorda un'altra scrittrice algerina Yamina Mechakra, descrivendo quasi settant'anni più tardi la condizione della donna in Algeria ,in La grotte éclatée , "Oggi, nel nostro paese, una donna che scrive, vale tanta polvere da sparo quanto pesa."
Nonostante le avversità e le numerose sconfitte, Fadhma non si lascia abbattere e decide di continuare a vivere seguendo solo il suo istinto e i suoi valori.
Nel 1889, a sedici anni, la solitudine e l'isolamento che l'hanno accompagnata fino a questo momento, terminano grazie all'incontro con Belkacem-Ou-Amrouche, che diviene poco tempo dopo, suo marito. E' in tale circostanza che avviene l'ingresso nel clan degli Amrouche: una famiglia numerosa animata da infinite rivalità e desiderosa di imporre ad ogni membro un codice comportamentale ed etico-morale predefinito. Le costrizioni e gli obblighi non riescono, però, a scalfire la forza del carattere della giovane donna, che non sarà mai completamente soggiogata dalle volontà e dai desideri altrui e che cercherà di condurre una vita in completa armonia e rispetto con i propri principi.
I contrasti con il mondo che la circonda si trasformano in un pericoloso scontro quando, con il marito, decide di convertirsi al cristianesimo. La loro scelta diviene l'emblema di una coraggiosa sfida quotidiana: come ricorda nel suo libro, "in ogni stagione ci alzavamo prima dell'alba e partivamo di nascosto. I giorni in cui dovevo rincasare prima per un grave motivo- malattia di un bambino, per esempio- percorrevamo dei cammini fuori mano attraverso i campi, per raggiungere la casa, dove sentivo su di me sguardi ostili."
Ma la difficile situazione economica impone un allontanamento dalla famiglia del marito per cercare lavoro altrove: la Tunisia diventa la nuova patria. Nel frattempo, i tre figli più grandi partono per l'Europa per studiare e per fare fortuna. La famiglia sembra dividersi per sempre e la sofferenza di Fadhma Aïth Mansour Amrouche diviene ogni giorno più insopportabile.
L'esilio non riesce, però, a migliorare il tenore di vita della famiglia che, nel 1936, è costretta a partire per la Francia, dove già risiedono tre figli.
Purtroppo, il nuovo stato non riesce a porre termine al periodo di dolore e di difficoltà.
Nel 1940, tre figli partiti per la guerra muoiono. Pochi anni dopo, anche il marito, ammalatosi gravemente, l'abbandona.
Fadhma Aïth Mansour Amrouche decide di abbandonare la Francia e parte per il Belgio, dove, nel 1967, a ottantacinque anni, muore, sentendosi, ancora una volta e per sempre una cabila esiliata: "mai, malgrado i quarant'anni che ho passato in Tunisia, malgrado la mia istruzione essenzialmente francese, mai non ho potuto legarmi sentimentalmente né con i francesi, né con gli arabi. Sono restata, sempre, l'eterna esiliata, quella che, mai, non si è sentita a casa sua, da nessuna parte."
Histoire de ma vie è la narrazione di questa semplice, ma difficile vita. Composto tra il 1946 e il 1962, durante gli anni segnati dalla morte di cinque dei sette figli e del marito, il manoscritto viene consegnato al figlio Jean, poeta berbero, che decide di pubblicarlo nel 1968. Il testo che ne deriva rispetta rigorosamente le volontà dell'autrice poiché Fadhma aveva lasciato una lettera in cui venivano espressi chiaramente i suoi desideri. " A mio figlio Jean. Ti lascio questa storia, che è quella della mia vita, per farne ciò che vorrai dopo la mia morte. Questa storia è vera; non un episodio è stato inventato; tutto ciò che è successo prima della mia nascita, mi è stato raccontato da mia madre, quando ho raggiunto l'età giusta per comprenderla. Se ho scritto questa storia, è perché credo che voi la dobbiate conoscere. Vorrei che tutti i nomi propri (se mai pensassi di farne qualche cosa) fossero cancellati e che i guadagni fossero divisi tra te e tua sorella, considerando le tue spese e il tuo lavoro"
Histoire de ma vie è il susseguirsi di ricordi amari e dolci, al gusto dei fichi neri e dell'uva matura; è un documento in cui si vuole celebrare la prima sfida di una donna dell'Algeria che ha osato raccontare ciò che ha patito, senza timore e senza falso pudore; è una testimonianza storica sviluppata da una prospettiva femminile in cui si rispecchia il dolore e la sofferenza che sopportano quotidianamente tutte le algerine; è un tentativo di mantenere e conservare la tradizione di un mondo lontano che sembra destinato ad essere dimenticato; è la semplice ma esemplare storia di una piccola ed eroica donna che non ha voluto soccombere sotto il peso del disprezzo del mondo che la circondava, ma che ha lottato per difendere la sua dignità di madre, di cabila e di donna; è un inno alla libertà, un grido contro le ingiustizie e un soffio di speranza.
"Sono vecchia, stanca, ma ho conservato il mio spirito infantile, pronto a voler raddrizzare i torti e a difendere gli oppressi."

© Francesca Fava

Le citazioni sono tratte da Histoire de ma vie, ed. La Découverte & Syros, 2000 e tradotte dalla soprascritta. N.d.A.

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