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Gino, profilo di folletto nordico scolpito nella pietra, norcino umbro di sette generazioni, stava sistemando le caciotte di Pienza in modo che le più vecchie fossero vendute al più presto.
Tuttavia c’era un formaggio di capra con delle piccole muffe giusto in cima che aveva ancor più necessità d’esser smaltito.
La signora Matilde, 40 anni, decisamente una bella signora, varcò la porta automatica dell’alimentari proprio in quel momento.
Si diresse con andatura sculettante al banco dei formaggi.
Il tacco vertiginoso dei suoi stivaletti di pelle scandiva un ritmo marziale sul piastrellato salmone del negozio.
“Signor Gino, che mi vuole DARE di buono oggi?”, ammiccante sesso dalle sue labbra rossetto fuoco.
“Siora Matilde” fece Gino con un tono di voce a metà tra lo speaker dei match di pugilato al Madison Square Garden e il Professore ordinario della cattedra di estetica alla facoltà di Oxford, “abbiamo un ottimo formaggio di capra…sa siooora…è anche più leggero…”
Leggero-ero-ero-ero-ero-ero, rimbombò nella mente della signora Matilde, mi sta dicendo che sono grassa, e sgranò gli occhi.
Dall’ultima volta che si era pesata, aveva preso sette etti.
Gino la guardò; rimase estasiato da quello sguardo così intenso, mi sta dicendo che mi vuole, pensò.
Siora Matilde…ah, siora Matilde…..se solo non ci fosse mia moglie Luciana alla cassa…
La signora Luciana si intratteneva in lunghi monologhi, prendendosi beffa dei piazzisti alimentari, rivolgendo le sue espressioni alla Tina Pica nel vuoto.
Improvvisamente si ridestò e si estrasse dalla cassa, cominciando a dirigersi verso il bancone.
Luciana aveva un andamento alla Garrincha, una lievissima claudicanza da sciatica alla gamba destra.
Gino sbiancò.
Luciana sapeva essere violenta, e dai suoi due centimetri in più lo dominava a suon di sganassoni.
La signora Matilde sentì tutto il peso dei suoi quarant’anni; non si capacitava di come anche Gino il Norcino, solamente osservandola dal di là del bancone si fosse accorto che era ingrassata di sette etti.
“No, grazie, non mi serviva nulla”, disse Matilde con un flebile soffio di voce e si smaterializzò senza nemmeno scodinzolare.
Meno male pensò Gino, ma anche "forse è troppo tardi".
Luciana incedeva caracollante verso di lui.
Proprio come Garrincha, faceva sempre la stessa finta, ma ci cascavano tutti.
Ondeggiò, ondeggiò sulla destra e scartò Gino sulla sinistra per infilarsi in men che non si dica nel bagno di servizio.
Gino rimase impietrito con le sopracciglia foltissime aggrottate a formare un ponte di Brooklyn di pelo, in braccio il suo formaggio di capra, irrimediabilmente scaduto da una settimana.
©
Flavio Carbone
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