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La vita non è data per essere goduta, ma per essere sopportata. A.Schopenhauer
Il barman posa il quarto margaridas sul vassoio e lancia un’occhiata veloce al foglietto sul bancone. Afferra la bottiglia di rum bianco e comincia a preparare i daiquiri. La sala illuminata da faretti rossi é piena di fumo dolciastro denso come gelatina alla fragola. Musica e chiasso rimbalzano fra le pareti traslucide. Richiude la bottiglia di chacaca, mette sul vassoio i daiquiri e fa segno al cameriere di servire i drinks al gruppo che festeggia un distacco, nel privé sulla sinistra. L’autista accosta alla pensilina. Si ferma e tira il freno. “Fine corsa amico. Porta fuori il culo che vado al deposito”. Non è un amico e risponde all’invito con il dito medio. Scende e si incammina. La strada ha l’aspetto del già visto. Ma dove e quando è un’altra storia. In tasca ha una piantina della città dono della polizia. Un cerchio indica il dormitorio pubblico dove lo hanno sistemato. Per il momento. Cerca il nome della strada. Viale Asia. Non è lontano. La donna con i capelli blu si siede in grembo al festeggiato. Lo abbraccia e lo bacia sulla bocca. Staccate le labbra rimane a fissarlo perplessa. “Allora sei arrivato al distacco. Che effetto fa?” “Un anno e lo saprai anche tu.” Lui l’afferra per i fianchi e la bacia di nuovo, a lungo. “Però ti mancherò, ammettilo” dice lei. “Difficile. Sarò più io a mancarti” e ride divertito per la battuta. Anche gli amici ridono. “Un altro giro di cocktails?” “Ok.” I lampioni spandono chiazze di luce sulla strada umida. Chiarori indistinti nel buio, come i suoi pensieri. Suoi di chi? Non ricorda nemmeno come si chiama. Non sa nemmeno quanti anni ha. “Non sarà per molto, non si preoccupi. Sono cose temporanee.” Lo psicologo del centro sociale sembrava sicuro. E’ il suo mestiere. Il cameriere arriva con altri tre Black Russian e quattro Whiskey Sour. Qualcuno gli domanda : “E a te quanto manca al distacco?” Sorride. “Ne ho ancora… Ho solo ventidue anni” “Hai voglia ad arrivare a quaranta”. Il festeggiato si porta il bicchiere davanti agli occhi. Guarda il ragazzo in controluce attraverso il cocktail. E’ almeno il terzo di troppo che beve, ma non ha importanza. “Sei giallo come un cinese!” Ridono tutti. Poi con voce impastata continua: “Lo sai che una volta non c’era il distacco? Si, la gente moriva a caso, vecchia decrepita. Centodieci, centotrenta anni, solo una questione di culo”. La donna dai capelli blu ascolta stupita. “Si, e quando si resero conto d’essere in troppi sulla terra, la prima cosa che venne loro in mente fu di scopare meno”. Il festeggiato poggia il bicchiere e infila le mani nella scolatura: “tu non avresti potuto sopravvivere a quel tempo.” La compagnia ride. Anche la donna. “Roba da animali. Molto meglio oggi. Nasci e sai già che dopo quarant’anni esatti, click, un chip impiantato nel cranio al momento della nascita, ti fa chiudere gli occhi per l’ultima volta” Si ferma. Infila la mano nella tasca. Cerca il contatto dei due pacchetti acquistati poco prima. Prende fuori quello delle sigarette. Non ricorda nemmeno se ha mai fumato. Ne accende una e tira una profonda boccata. Gli piace. Era un fumatore. “Non sarà per molto, non si preoccupi. Sono cose temporanee”. Le parole dello psicologo gli martellano il cervello. Temporaneo è una parola del cazzo. Ha senso dire fra tre giorni, fra due anni, fra sei ore, ma fra non so quanto, no! Entra in un bar e si siede ad un tavolino. La sala è illuminata da faretti rossi, piena di fumo dolciastro, denso come gelatina alla fragola. Musica e chiasso. Stanno festeggiando un distacco. Il barman si avvicina. “Un bourbon, per favore.” Puoi perdere la memoria e non ricordare chi sei, dove abiti, se hai una famiglia, ma non puoi vivere senza ricordare il giorno esatto della tua morte. La mano nella tasca stringe l’altro pacchetto: veleno per topi. Per fortuna esiste sempre una via d’uscita.
©
Giorgio Ottaviani
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