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UNA LETTURA PSICOLOGICA DEL ROMANZO
Ernst Theodor Wilhelm[1]Hoffmann è considerato l’esponente più tipico e rappresentativo del Romanticismo letterario tedesco per diversi motivi: lo stretto legame, sia dal punto di vista della poetica che da quello dei contenuti, con la grande musica che nell’Ottocento diventava ambasciatrice della cultura tedesca; l’ammirazione nei confronti di Hoffmann da parte di grandi autori quali Baudlaire, Dostoevskij, Carlyle, Poe; le tematiche argomentative presenti nella sua narrativa. Ma il motivo principale che fa di E.T.A. Hoffmann un autore romantico, unico nel suo genere, è il suo nuovo modo scavare nelle zone precluse dell’anima umana fino a qualche decennio prima, di penetrare al loro interno per poi proiettarne i contenuti nella realtà esterna dei protagonisti delle sue straordinarie opere, che oltre a essere racconti letterari, diventano delle vere e proprie indagini sulla dimensione sconosciuta della psiche umana. I suoi capolavori aprono la conoscenza al carattere dinamico e plurale delle profondità dell’Io segreto. L’attività di E.T.A. Hoffmann si estende anche al di là della letteratura. Egli fu tra l’altro, direttore d’orchestra, pittore e disegnatore. La passione per la musica è rintracciabile anche all’interno della sua narrativa. Il suo vasto impegno artistico non gli impediva comunque, di esercitare la sua professione di consigliere amministrativo del governo prussiano. Di giorno impiegato, di notte scrittore. Questa sorta di dualismo del suo essere e della quotidianità costituisce la colonna portante della sua narrativa, cioè il binomio realtà-fantasia.[2] Una parte della critica fa la distinzione tra uno spirito del tempo e uno spirito dell’arte. Nel momento in cui il cosiddetto “Geist der Zeit” si rende insoddisfacente, interviene il “Geist der Kunst”, che Hoffmann utilizza sia come rifugio all’insopportabile realtà sia come luogo in cui sprigionare la sua fantasia, facendolo diventare una dimensione parallela a quella della realtà in cui vive.[3] Nel periodo romantico il sistema chiuso nella razionalità illuminista viene prima forzato e poi fatto saltare portando alla ribalta quello che la ragione non riesce a spiegare: a questo punto, la letteratura vede nel mesmerismo, nel magnetismo, padre del sonnambulismo, nell’ipnosi, dei validi alleati.[4] Hoffmann, come molti dei suoi contemporanei, scavalca il circuito razionale tipico del periodo illuminista, per far ricorso a una struttura che poggia sulla dimensione irrazionale. Testi filosofici, scientifici e medici costituiscono una matrice privilegiata dei racconti hoffmanniani. Convinto che esista una realtà altra, generata dalla relazione tra la dimensione dell’Io e il regno della notte permeato dal soprannaturale, Hoffmann traduce il suo pensiero in meravigliose opere letterarie, in cui in ogni evento si scorge l’incursione del mistero[5], che aumenta ulteriormente con la presenza degli elementi soprannaturali. Claudio Magris considera E.T.A. Hoffmann un biografo e storiografo, poiché all’interno delle sue opere comunica dei dati reali. La realtà dei racconti hommanniani è frantumata e scomposta nelle lacerazioni interiori dei personaggi.[6] Per Hoffmann l’arte è espressione dell’irrazionale , delle forze oscure, della parte nascosta della psiche che, svincolandosi dalla coscienza, assumono una voce propria, diventando autonome.[7] L’autore crea un vasto itinerario fantastico: creature fiabesche ed extraumane, personaggi che smentiscono la logica temporale, miti che sono i tanti volti che assume lo sconcertante incontro con le profondità più nascoste e represse del suo Io segreto.[8] La narrativa hoffmanniana parte dal presupposto che ci siano due dimensioni a caratterizzare la realtà che si intrecciano e si alternano continuamente. Una è radicata nella quotidianità, dove la realtà viene percepita dai sensi. Si tratta della dimensione razionale; l’altra appartiene al mondo irrazionale, dominato da forze oscure e inspiegabili. Una duplicità della natura umana, quindi, che porta a uno dei concetti peculiari di Hoffmann, cioè la frantumazione dell’Io. Il passo successivo è il processo della presa di coscienza che pian piano conduce a una nuova unità dell’Io. Ne deriva la comparsa del doppio, che insegue e tormenta i protagonisti delle straordinarie pagine hoffmanniane. Inteso come risultato della frattura dell’Io, il doppio diventa la proiezione del lato oscuro della coscienza. L’interesse di Hoffmann per i fenomeni patologici e notturni della psiche è testimoniato in primis dalle sue opere, che sottolineano i processi psichici dello squilibrio mentale dei suoi personaggi. Le lettere e il diario dello scrittore contengono frequenti riferimenti alle sue conoscenze sulle dottrine relative ai fenomeni del sonno e le manifestazioni che da esso scaturiscono.[9] Essi, inoltre, testimoniano l’amicizia di Hoffmann con alcuni dei medici , che si sono occupati della psiche umana, tra cui Adalbert Friedrich Marcus[10] e Friedrich Speyer[11]. La critica internazionale considera E.T.A Hoffmann uno scrittore brillante e fuori dal comune, le cui opere nascono dalla sua fantasia distorta e bizzarra, frutto di un’esistenza disarticolata, che lo riduce però, in uomo ossessionato e allucinato.[12] Secondo il punto di vista di Walter Scott le opere di Hoffmann sono delle narrazioni fantastiche, che vengono fuori dalla sua fantasia malata e rappresentano nient’altro che il suo libero sfogo. Non seguendo alcun ordine, il loro obiettivo è quello di sorprendere e terrorizzare il lettore.[13] Il critico scozzese condanna, quindi, il modo di elaborare il prodigioso e il Meraviglioso dello scrittore tedesco, in quanto indirizzati verso l’orrifico. L’accusa di Scott è rivolta a una narrativa notturna priva di ogni principio etico e morale, che egli definisce addirittura grottesca per la continua presenza di strane e complicate figure e personaggi spiritualmente e mentalmente malati.[14] In Germania, uomini di grande intelletto, quali Goethe e Hegel, vedono in Hoffmann un artista del caos e del disordine, uno scrittore lacerato interiormente. Altri lo elogiano, considerandolo il proprio precursore: Poe, Dostoevskij, Baudelaire, Freud, ritengono lo scrittore tedesco un geniale poeta della scissione interiore dell’uomo.[15] Le opere di traduzione e le recensioni su Hoffmann iniziano dalla prima metà dell’Ottocento con grande interesse suscitato dall’autore fin oltreoceano. Nella seconda metà dell’Ottocento in Germania la fama di Hoffmann va man mano affievolendosi in seguito all’affermazione delle poetiche del realismo, per riaccendersi successivamente, agli inizi del Novecento con l’avvento della psicanalisi e della critica psicanalitica. Die Elixiere des Teufels(1815) è sicuramente il romanzo di maggior impegno di E.T.A Hoffmann. Si tratta della storia della purificazione mistica del protagonista Medardus, in seguito a una colpa tramandatagli dalla sua famiglia. Dal padre egli eredita, infatti, il peccato che lo conduce a cedere alla tentazione di bere dall’elisir del diavolo. Nella prima parte del racconto Hoffmann presenta Medardus come una personalità tranquilla, volta alla fede. Tuttavia, l’elemento inquietante non è del tutto assente per via del peccato che è in lui innato. Nel corso del racconto, emerge man mano la debolezza e l’instabilità del protagonista, che alla fine cede alla tentazione, diventando sempre più confuso e frantumato nel suo Io.
Dopo essere andato via dal convento, si verifica l’incidente tra Medardus e il conte Viktorin, che nel corso del racconto perseguiterà il protagonista sotto forma del doppio e che egli, accidentalmente, lascia precipitare nel burrone. La straordinaria somiglianza tra i due personaggi consente a Medardus di scambiare la propria identità con quella di Viktorin. Dopo essere arrivato al castello, il protagonista incontra Aurelie, la donna da cui egli è fortemente attratto e che identifica in Santa Rosalia. In seguito al duplice omicidio di Hermogen, fratello di Aurelie, e Euphemie, la donna che tenta di ucciderlo, Medardus è costretto a fuggire via. Successivamente viene arrestato per essere stato riconosciuto come l’assassino del conte Viktorin, che in realtà non è morto. In carcere Medardus è tormentato da strani sogni e visioni che vedono al centro la figura del doppio in conflitto con il suo vero Io. Scagionato perché ritenuto innocente, decide di sposare Aurelie sotto l’identità del polacco Leonard, personaggio creato dalla sua fantasia. Nel giorno del loro matrimonio, in un accesso di follia, Medardus colpisce la futura sposa con un coltello, ferendola. A questo punto è nuovamente costretto alla fuga. Il racconto termina con la morte di Aurelie nel giorno in cui avrebbe preso i voti, e con l’espiazione di Medardus, il quale come ultima penitenza scrive la storia della sua vita.
Scritto nel 1815, Die Elixiere des Teufels è un romanzo basato essenzialmente sul contrasto tra due dimensioni, quella razionale che coincide con la coscienza, e quella irrazionale, che comprende invece, le forze oscure della natura umana. Quest’ultima, che dopo la nascita della psicanalisi viene identificata con l’inconscio[16], nel Settecento si basa fondamentalmente su una spiegazione filosofica. La realtà si insinua nell’irrealtà ed entrambe si alternano, mantenendo validi i propri principi.[17] Il romanzo è permeato da sogni, visioni, forze oscure che irrompono nella vita del protagonista, generando paura e terrore. La storia di Medardus[18], il protagonista dalla personalità divisa, non viene narrata in modo lineare, bensì attraverso la sua scissione interiore, metaforicamente descritta da Hoffmann con la presenza del doppio. Nell’epoca delle grandi scoperte scientifiche, la parte nascosta della psiche non aveva ancora ricevuto una propria definizione in campo medico. Secondo la medicina romantica, il centro dell’individuo trova la sua sede nel cervello, appartenente al sistema cerebrale, a cui è contrapposto il sistema gangliare.[19] Medardus teme che la dimensione razionale, rappresentata appunto dalla parte cosciente, o dal Cerebralsystem volendo utilizzare una terminologia scientifica, possa essere risucchiata nella sfera irrazionale, nel Gangliensystem, precludendosi la possibilità di un’autoconoscenza e di conseguenza, di ritrovare il suo Io. Come spiega Claudio Magris:
»Medardo è l’individuo che lotta, come l’eroe del grande romanzo classico goethiano di poco precedente o quasi contemporaneo, per costruirsi una biografia, per darsi una Bildung, per formarsi nella pienezza della propria personalità.«[20]
Die Elixiere des Teufels può essere considerato come il grande romanzo dell’Io da analizzare prendendo in esame innanzitutto il soggetto in relazione con la propria identità. La tematica argomentativa del concetto binario destino-carattere è infatti centrale ed è il campo d’azione della lotta che prende vita tra Medardus e il suo doppio.[21] A volte sdoppiamento, a volte identificazione nell’altro da sé, sono questi i due elementi da cui scaturisce la lotta interiore del protagonista. Il racconto è sospeso tra sogno e realtà avvolti in uno scenario fantastico permeato da elementi soprannaturali e arricchito dalle passioni e dagli intrighi. La complessità del romanzo, gli intrecci, l’alternarsi degli stati di veglia e quelli di sogno, dall’allucinazione alla realtà, rendono il romanzo abbastanza complicato e richiedono la concentrazione totale del lettore. Gli elementi soprannaturali sono legati all’intervento di una presenza di matrice divina nella realtà quotidiana, che in generale, può essere generata sia dal bene che dal male.[22] L’incarnazione di Santa Rosalia in Aurelie, le visioni di Medardus, i giochi del visibile e dell’invisibile, l’alternarsi del regno dei sogni e di quello della realtà rendono il lettore incerto nel dare agli avvenimenti una spiegazione soprannaturale o una razionale. L’esitazione accompagna il lettore durante tutta la lettura, fino a quando, alla fine, è possibile attribuire una spiegazione logica agli eventi, grazie all’intervento delle annotazioni presenti all’interno del romanzo. Hoffmann dà vita a un racconto che pone le sue fondamenta su diversi piani della realtà, in particolare quella psicologica e quella religiosa, in uno stato di continua lotta. Il racconto è il viaggio del protagonista Medardus alla ricerca della propria unità soggettiva, inesistente sul piano psicologico, e inseguita dalla realtà religiosa. La realtà morale è caratterizzata invece, prevalentemente da una cupa angoscia dovuta alle sensazioni che scaturiscono in Medardus ogni volta diverse a seconda che si presenti una situazione o un’altra. Nel caso delle vicende legate ad Aurelie, le sensazioni sono racchiuse all’interno del duplice sentimento di amore e odio, devozione e istinto sacrilego che il protagonista prova per la ragazza e che sono la fonte di tormentose scissioni interiori,[23] impossibili da controllare con la forza della coscienza. Die Elixiere des Teufels è il primo romanzo hoffmanniano a essere tradotto in inglese. Nel 1824 Gillies pubblica in Gran Bretagna The Devil’s Elixir. In Francia, il romanzo viene tradotto nel 1829 da Jean Cohen.[24]
Nel romanzo, Hoffmann trasporta l’azione all’interno di un Io frantumato dal doppio.[25] I processi psichici descritti nel racconto equivalgono all’azione interiore del protagonista, in continuo spostamento tra due spazi, quello razionale e quello irrazionale. Le due dimensioni si alternano, si sovrappongono, ma non camminano di pari passo, nel senso che, a meno che non si conosca già la parte finale, in cui Hoffmann scioglie i dubbi, gli eventi possono essere o spiegati razionalmente, o appartenere invece, alla sfera dell’irrazionale, al sogno. Si tratta di un altalena, che oscilla nello spazio psichico in cui si svolge l’azione.
Non solo gli sviluppi scientifici dell’epoca, ma anche i processi politici e sociali portano Hoffmann all’elaborazione tematica della frantumazione dell’Io. La rivoluzione francese e le lotte legate alla restaurazione rompono l’equilibrio sociale dell’epoca, mettendo in discussione il concetto di un Io stabile. Dal punto di vista politico, la Germania non aveva ancora raggiunto il processo di unificazione, ma era ancora un agglomerato di stati. Questa situazione porta a concentrare l’interesse degli intellettuali sulle problematiche del singolo.[26] Gli scrittori romantici, in generale, riflettono nella loro narrativa la situazione sociale di un’epoca che rende l’individuo frantumato nella sua soggettività, e lo fa attraverso l’analisi della sua parte più nascosta e oscura, una sorta di notte interiore. Non soltanto da intendere come l’antipodo metafisico del giorno, la notte, è anche l’opposto della coscienza. Giorno e notte vanno quindi, intesi come il buio e la luce. Nell’epoca che fa della soggettività l’oggetto principale di ogni indagine e in cui il concetto di individualità entra filosoficamente e scientificamente in crisi, prende forma il tema del Doppio in senso moderno, quello cioè che vede dinanzi a se un altro se stesso, come entità autonoma ma identica, che si imbatte in un individuo simile a sé in tutto e per tutto.[27] Nelle diverse rappresentazioni di se stesso, messe in scena dallo stesso Medardus per via del destino o per riparare a circostanze poco convenienti, il protagonista comincia a vivere un periodo di totale confusione, non riuscendo più a ritrovare se stesso. Era ciò che appariva e sembrava ciò che era. La sua identità diventava come un labirinto vorticoso da cui era impossibile la via d’uscita.
L’incertezza e la confusione riguardo alla propria personalità rappresenta per Johann Christian Reil una anomalia della coscienza.[28] In Die Elixiere des Teufels il doppio interviene a disturbare la realtà psicologica di Medardus, in quanto responsabile della sua frattura interiore, e la realtà etico-religiosa, guidando il protagonista verso i misfatti e gli omicidi. Da una parte il bene, quindi, dall’altra il male, che diventa il topos del doppio.[29] Secondo la critica, esiste un’ambivalenza nella realtà quotidiana di Hoffmann, le cui polarità stanno alla base della sua arte.[30] Nella figura del doppio si cela la metafora dell’aggressione da parte del lato oscuro della psiche, del processo di dissoluzione che intacca l’unità dell’ Io.[31] Nel romanzo il motivo del doppio è strutturato in due fasi. La prima consiste nel condizionamento del doppio nei confronti di Medardus, il quale si abbandona alla tentazione che lo porta alla successiva identificazione col suo doppio. Segue la fase in cui il protagonista lotta con tutte le forze per allontanarlo, per lasciar prevalere la dimensione morale. Claudio Magris individua nella figura del doppio tre funzioni: evento inspiegabile, ossessione patologica, ingrediente misterioso dovuto all’intrecciarsi di fatti reali che vengono tuttavia smentiti.[32] I doppi hoffmanniani producono un’influenza psicologica sui protagonisti, i quali si sentono minacciati da queste figure che appaiono talvolta come nemici, talvolta come loro antagonisti. In Die Elixiere des Teufels il motivo del doppio emerge nel secondo capitolo della prima parte, dopo l’incidente in cui Medardus aveva lasciato precipitare nel burrone il conte Viktorin. A questo punto il personaggio si sdoppia. Euphemie lo considera Viktorin, per gli altri abitanti del castello egli è il frate che stavano aspettando. Mentre Medardus, invece, perde completamente il prospetto, cominciando a vivere una situazione in cui non sa più chi egli davvero sia. Il motivo del doppio è fondamentale nello sviluppo del racconto e al lettore può capitare di confondere i due personaggi, quello di Medardus e quello di Viktorin. In questo viene però aiutato dal discorso in prima persona che Medardus utilizza quando parla di sé e dei suoi ricordi, mentre ricorre alla terza persona per riferirsi a Viktorin. Ogni volta che il doppio fa la sua comparsa, in Medardus scaturisce la paura e il terrore per qualcosa a cui egli non riesce a dare una spiegazione. Secondo una parte della critica, Hoffmann procede dal mondo interiore della fantasia e dell’immaginazione per arrivare al mondo esteriore, quello della realtà, atteggiamento attraverso cui fornisce una rappresentazione realistica della fantasia, senza perdere mai il contatto con la realtà.[33] Un’ altra parte della critica riassume il principio semplicemente come unione tra vita e mistero, quotidianità e meraviglioso.[34] La figura del doppio diventa l’arte della rappresentazione dello sfondo interiore e antagonista del frate, lacerato nel suo Io. L’equivalente psicologica della rappresentazione romantica del doppio è appunto la scissione interiore[35], di cui Medardus stesso si rende conto.
L’intervento del doppio crea il confine tra sogno e realtà, che rimane indefinito nel corso del racconto, come un filo sottile che regge l’intera opera. Il Doppio hoffmanniano diventa “una discesa negli abissi dell’inconscio e negli inferi della schizofrenia”.[36] Quando Medardus ha per la prima volta la visione del pittore, viene colto infatti, da un accesso di follia che gli fa addirittura confondere la sua personalità con quella di Sant’Antonio. Associando la follia al sogno, Reil spiega che nei momenti di follia si spazia nel tempo con molta facilità, e con la stessa ci si identifica in molteplici personalità. La schizofrenia di Medardus si manifesta anche nella scena del giorno del matrimonio con Aurelie. Questa è la fase in cui Medardus vive sotto le spoglie del polacco Leonard, personaggio frutto della sua fantasia. Ancora una volta a generare la sua furia è la comparsa del doppio, che incita il protagonista a sfidarsi.
La sfida rivolta dal doppio a Medardus è la metafora della lotta interiore che avviene nel protagonista, prova che egli fino a questo punto non riesce a superare. Il doppio prevale, scatenando in lui un accesso di follia che lo porta ad avventarsi contro Aurelie. La lotta viene vinta da Medardus solo in seguito alla sua presa di coscienza. La follia è uno strumento che permette a Hoffmann di indagare la natura umana. Alla luce degli studi scientifici coevi sulla psiche, gli autori romantici tematizzano la follia per rappresentare lo smarrimento della coscienza.[37] Nella formulazione del concetto di follia, Hoffmann viene influenzato soprattutto dalla lettura del testo Praktische Bemerkungen über Geisteszerrüttung, traduzione da parte di Reil del trattato di Joseph Mason Cox, Practical observations on insanity(1808)[38] e delle Rhapsodieen über die Anwendung der psychischen Curmethode auf Geisteszerrüttungen[39] di Christian Reil,[40] Nei racconti di Hoffmann realtà e immaginazione tendono a confondersi. Se i personaggi lasciano predominare le forze della fantasia sulla realtà, rischiano di cadere nella follia. Le manifestazioni che scaturiscono dalla fantasia di Medardus, quali i sogni, gli stati sonnambolici e soprattutto le sue allucinazioni, lo conducono ai frequenti accessi di follia, che cominciano nel momento in cui, durante la predica in chiesa, egli ha la visione del pittore, immagine secondo lui, della tentazione. Reil afferma che la follia scaturisce dal predominio della fantasia sugli organi sensoriali. La forza dell’immaginazione lascia vedere al malato oggetti che sono proiezioni esterne delle loro ossessioni e che in realtà non esistono. Le visioni e i sogni ne sono un esempio. L’individuo proietta nella realtà solo gli oggetti dei suoi tormenti e delle sue paure, oggetti che possono apparire anche in sogno.[41] La lettura di Reil si riflette nei testi hoffmanniani per le caratteristiche con cui l’autore presenta i disturbi psichici dei suoi personaggi, frutto nient’altro che della loro immaginazione. La follia rappresenta una forma acuta della melanconia. Entrambe vengono concepite come disordine delle passioni e come perturbazioni dello spirito. In seguito alle innovazioni e ai miglioramenti degli istituti in cui venivano internati i folli ad opera di Pinel, cambia alla fine del Settecento, il punto di vista sulla follia, che d’ora in avanti diventa una patologia da osservare per poter essere curata, anziché oggetto di giudizio da affidare alla legge. E’ a questo punto che la follia comincia a essere sottoposta all’indagine empirica attraverso non solo l’osservazione dei malati, ma anche attraverso la lunga serie delle pubblicazioni sull’argomento.[42] Un contributo importante è dato da Christian Heinrich Spiess, il quale tra il 1795 e il 1796 pubblica una raccolta di casi clinici sotto il nome di Biographien der Wahnsinnigen[43]. I sintomi e le cause delle malattie mentali vengono presentati sotto forma di dialoghi, in modo da rendere scorrevole la lettura del trattato e avvicinare in questo modo, un vasto pubblico di lettori, atteggiamento tipico delle pubblicazioni medico-letterarie di fine Settecento, periodo in cui si fa strada l’indagine sulle malattie mentali da parte della filosofia, della medicina, della letteratura. La moderna riflessione sulla follia ha origine in Germania nell’epoca in cui l’interesse degli studiosi si sofferma sull’individualità, sull’interiorità, sulle emozioni e sui sentimenti dell’uomo. L’inclinazione alla passività, i sensi di colpa, la consapevolezza della precarietà della vita dell’epoca trovano il loro libero sfogo nelle opere letterarie romantiche. La delusione nei confronti del razionalismo illuminista, aveva portato gli intellettuali a porsi domande che la chiusura del sistema illuminista non aveva saputo risolvere. Questo atteggiamento conduce alla riflessione sulla propria interiorità, che culmina con l’ipotesi dell’esistenza di una parte segreta della psiche, la cui prova è data dal suo materializzarsi nei sogni, negli stati sonnambolici, nelle visioni, nella follia e nei disturbi mentali in generale.[44] La letteratura fantastica diventa il campo privilegiato da parte degli scrittori romantici dove poter rappresentare le patologie mentali dell’epoca sotto forma di discorso narrativo. Gli elementi fantastici delle opere letterarie quali l’alienazione della realtà, le apparizioni, l’atmosfera che genera terrore, vengono concepiti come fenomeni legati alla follia dei personaggi.[45] La follia, come ogni manifestazione prodotta dall’immaginazione che scaturisce dalle profondità della psiche, in letteratura ha la funzione di rendere accessibili i contenuti nascosti nella regione ignota dell’uomo, che altrimenti rimarrebbero nascosti.[46] Letteratura e scienza diventano ottimi alleati nello scavo delle profondità della psiche. Nel Magazin zur Erfahrungseelenkunde[47] di Carl Philipp Moritz vengono riportati numerosi casi delle malattie mentali dell’epoca. All’approccio teorico, si unisce la ricerca empirica, basata sulla raccolta di dati e di racconti di casi clinici, che venivano inviati alla redazione della rivista dai medici o dagli stessi pazienti. Il Magazin esamina i sintomi e le caratteristiche delle patologie, delle quali si tenta di individuarne l’origine. Lo studio per l’aspetto irrazionale della psiche e della sua sfera emotiva nasce dall’esigenza di comprendere la struttura della personalità e dell’identità sulla base delle emozioni, delle passioni e dei desideri dell’individuo. L’interesse si sofferma sull’immaginazione, che occupa un ruolo centrale nella formazione dei disturbi psichici. Il Romanticismo attribuisce una particolare importanza alla capacità dell’individuo di percepire le sensazioni provenienti dall’esterno. Nelle opere letterarie romantiche la follia può scaturire in seguito alla rivelazione della verità, che rimaneva celata da convinzioni prodotte dalla fantasia dei personaggi. La follia del personaggio omonimo della Pentesilea(1808) di Kleist, è il risultato del capovolgimento della verità che sconvolge la protagonista e viene rappresentata come trasgressione di ogni norma.[48]
Nel corso del racconto, cresce sempre più nel protagonista un profondo senso di colpa dovuto ai molteplici misfatti commessi dopo aver ceduto alla tentazione e in seguito all’incidente in cui lascia precipitare involontariamente il conte Viktorin nella voragine. Il suo senso di colpa però, non dura a lungo. Dopo aver ucciso Euphemie ed Hermogen, infatti, e giocando il ruolo del conte, Medardus prova ad allonatnare il senso di colpa in seguito alla confusione riguardo alla sua identità. Pertanto, a uccidere non era stato lui, bensì Viktorin. Va tenuto presente che nel gioco dello scambio delle identità, non è ben chiaro neanche a Medardus chi lui stesso sia nelle differenti fasi dello sviluppo della vicenda. Il motivo della colpa è strettamente legato al processo di autoconoscenza e di presa di coscienza da parte del protagonista. Fintanto che in Medardus si confondono le due personalità, egli non può concepire totalmente la colpa, rimanendo ancorato a quello che è il piano di Hoffmann, cioè farlo emergere solo dopo che il protagonista abbia ritrovato se stesso.[49]. Il senso di colpa si materializza man mano attraverso le visioni, i sogni, gli stati sonnambolici. Dopo aver commesso i molteplici delitti, Medardus è tormentato dal suo sosia spettrale il quale gli ripete di andare nel bosco a sfidarsi. Mentre all’inizio Medardus riesce solo a sentirne la voce, nel periodo che egli trascorre in carcere il doppio si materializza nella figura che vede fuoriuscire dal pavimento nelle notti insonni della prigionia, in cui Medardus riconosce il suo sosia. L’elemento del bosco non viene inserito a caso da Hoffmann. Il simbolismo del bosco hoffmanniano può essere paragonato a quello del bosco dantesco, come luogo del male, del peccato, che è distante dalla dritta via, volendo utilizzare la terminologia di Dante Alighieri, e che nel caso de Die Elixiere des Teufels rappresenta la via della fede e della moralità. Secondo un’interpretazione, il ritrovarsi in un bosco simboleggia la necessità di ritrovare se stessi.[50] Il bosco appare già nelle prime pagine del romanzo e appartiene ai ricordi d’infanzia del protagonista. La simbologia del bosco accompagna l’intero racconto, fino alla fine, quando il priore Leonard chiede a Medardus di scrivere fedelmente la storia della sua vita, premettendogli che nel ripercorrere tutte le tappe della sua esistenza, avrebbe rivissuto sia i momenti di gioia che quelli di dolore. Questa era tuttavia l’ultima penitenza di Medardus. Se lo spirito del male si era completamente allontanato da lui, avrebbe dovuto vedere tutto in una prospettiva diversa. Ogni volta, Medardus attribuisce al bosco un aggettivo legato al suo stato interiore.
Attribuendo al bosco l’aggettivo dunkel cioè oscuro, cupo, Medardus crea una contrapposizione tra ciò che il bosco rappresenta e i barlumi della sua coscienza con cui si apre la citazione. Dopo aver letto l’intero romanzo, il lettore sa che Medardus sta scrivendo in un momento di lucidità e in una fase in cui è avvenuta in lui la presa di coscienza. Ciò giustifica la contrapposizione, che porta a termine l’obiettivo di Hoffmann, cioè la percezione del senso di colpa dopo il ritrovamento di sé. Nella sua autobiografia, Medardus racconta di aver lasciato il convento dopo aver ceduto alla tentazione. Il fatto che successivamente si trovi ad attraversare un bosco preannuncia il suo graduale allontanamento dalla vita religiosa e morale. Gli aggettivi frequentemente utilizzati per descrivere il bosco sono dunkel e dick[51] a testimonianza del fatto che il protagonista si trova in un luogo labirintico da cui non riesce a trovare via d’uscita, metafora che sottolinea la sua difficoltà a ritrovare se stesso perché pervaso dalle molteplici personalità che convivono in lui. Dopo aver ucciso Euphemie ed Hermogen, Medardus si ritrova ancora una volta nel bosco, dove faticosamente trascina un cavallo. L’oscurità interviene ad adombrare completamente la sua anima, perdendo ogni punto di riferimento.[52] Il peso del peccato pesa così tanto su di lui da rendersi insopportabile e viene metaforicamente descritto da Hoffmann con la stessa difficoltà con cui il frate trascina il cavallo. Il racconto di Medardus è il viaggio alla ricerca della propria identità. Il momento di lasciare il bosco arriva quando egli crede di aver riconosciuto il proprio Io nella personalità del conte Viktorin. E’ come se egli fosse uscito dal labirinto in cui era rimasto intrappolato. In realtà Medardus aveva soltanto trovato la soluzione più comoda per poter gestire l’intera vicenda. La sua convinzione apparente di essere Viktorin non si fondava su solide basi e il crollo delle certezze non tarda ad arrivare. Giunto in casa del guardiaboschi, questi decide di portare il protagonista con sé a caccia e di raccontargli la storia del monaco folle che fino a quel giorno aveva ospitato. Arrivati nel bosco, Medardus comincia ad avere delle visioni. Dall’oscurità del bosco appaiono davanti a lui le figure della madre e della badessa che lo guardano con occhi pieni di rimprovero. Pur senza parole, le due donne gli suggeriscono di ritrovare se stesso cioè, la direzione morale. Egli si rendeva conto di aver percorso la strada sbagliata e le sue visioni erano nient’altro che la materializzazione del suo senso di colpa. Successivamente entrano in scena anche le figure di Euphemie ed Hermogen da cui egli si sente minacciato. Medardus non aveva mai cacciato fino a quel momento. Tuttavia centra tre bersagli pur avendo nel buio, mirato da tutt’altra parte. Appare evidente che a sparare non era stato lui bensì il maligno, in quel luogo che, oltre a rappresentare il peccato, assume adesso la valenza del male. Il bosco è l’immagine che, per influsso delle civiltà mediterranee, continuato poi col cristianesimo, ha prodotto massicci riflessi nell’inconscio collettivo, apparendo come un simbolo di oscura perdizione, dell’azione del diabolico. E’ una terra oscura, che affiora in superficie come prolungamento degli strati inferi. Anche se il bosco è oscuro esso ha comunque i suoi occhi e nelle ombre si è sempre osservati da esseri invisibili. Per questo motivo esso non è mai stato visto favorevolmente dalla teologia, che lo considera contrapposto alla luce, definendolo come negazione della trasparenza dell’anima e sede di ombre della perdizione. E’ nel bosco che va a nascondersi chi vuole fuggire dagli altri e dal mondo consueto.[53] In Die Elixiere des Teufels il bosco viene identificato come dimensione del peccato, come luogo dello smarrimento del soggetto. E’ la metafora dell’assenza di regole. Visto in quest’ottica, esso richiama alla mente la selva oscura dantesca, luogo che Dante Alighieri aveva scelto per indicare il suo smarrimento, l’allontanamento dalla dritta via che sottintende con la dimensione della fede e della moralità, e come sede del peccato. Il bosco è l’immagine del teatro interiore, dei conflitti con la propria anima ed è il luogo del Male e del peccato.
Durante l’età romantica, gli intellettuali pongono al centro del loro interesse la natura umana, caratterizzata da due dimensioni. Una appartiene alla coscienza, l’altra si riferisce, invece, alla regione sconosciuta, da cui si dipartono manifestazioni inspiegabili fino a quel momento, quali sogni, fenomeni sonnambolici e visioni. I romantici trovano insufficiente la spiegazione illuminista sul sogno, che nel Settecento obbediva a rigorose leggi meccaniche. Nel secolo successivo si sente la necessità di scavare le zone più nascoste dell’anima per poter trovare l’origine dell’atto onirico e tentare di spiegarne la sua natura. La chiusura del sistema razionale illuminista viene accantonata per portare alla luce ciò che non può essere spiegato razionalmente. E’ a questo punto che la letteratura vede nel magnetismo e nei fenomeni legati al sonno dei validi alleati.[54] Il sogno rappresenta una delle tematiche argomentative centrali del romanticismo letterario e a partire da Jean Paul e Novalis, la dimensione onirica diventa Leitmotiv della maggior parte delle opere dell’epoca. Mentre nella narrativa precedente il sogno ricorreva come semplice ornamento, le opere romantiche trattano il sogno in relazione all’immaginazione creatrice, definita anche senso interiore, fondamentale nella formazione dei sogni. Il sogno e in generale i fenomeni legati al sonno costituiscono la base da cui partire per la creazione di opere letterarie che pongono al centro il soggetto. Una parte della critica ritiene il sogno una realtà superiore che rende possibile una conoscenza intuitiva del mondo.[55] Il sogno è la conferma dell’esistenza di una parte nascosta dell’uomo in cui sono racchiuse le sue esperienze. La letteratura si propone di indagare i processi durante i quali tali esperienze affiorano in superficie e lo fa attraverso la struttura del sogno. Il discorso onirico diventa possibilità di conoscenza da parte degli scrittori romantici, che con le loro opere, contribuiscono agli sviluppi delle scoperte scientifiche sulla dimensione irrazionale dell’individuo.[56] L’obiettivo principale degli scrittori romantici è quello di scavare nei più profondi meandri della psiche e portarne in superficie i suoi elementi.[57] A differenza della concezione illuminista, quella romantica vede il sogno come fonte di sapere che non coinvolge solo l’intelletto, ma l’intero essere. Jean Paul stabilisce un legame tra sogno e poesia, considerando lo stato onirico come poesia involontaria creata dall’immaginazione.[58] Tale concetto è valido anche per Hoffmann, per il quale la poesia è una sorta di contenitore delle potenze oscure che si manifestano in sogno.[59] Analogamente al sogno, la poesia trae le sue immagini dall’irrealtà del mondo racchiuso nella profondità dell’anima. I processi onirici sono simili a quelli poetici.Entrambi vengono generati dall’immaginazione. Secondo una parte della critica il sogno è addirittura fantasia poetica.[60] La differenza è da rintracciarsi nella funzione della coscienza. Mentre la poesia nasce dall’azione consapevole del poeta, i sogni sono creati senza volontà alcuna del soggetto.[61] Nelle loro opere, i romantici utilizzano il sogno come riflessione con se stessi sotto forma di conversazione. Ma la dimensione onirica permette all’individuo di fare anche un salto nel passato e di rivivere le emozioni dell’infanzia. Intesa in questo senso, essa dà all’uomo la possibilità di evadere dal presente. Il sogno ha funzioni strutturali ben precise, tra cui premonizione, la capacità di spaziare nel tempo, elemento di stupore, e ha la capacità di influenzare la vita dei protagonisti dei racconti. La letteratura romantica indaga il sogno sia attraverso la sua struttura formale (struttura visiva, struttura dei segni, struttura narrativa) sia attraverso una struttura semantica (significato divinatorio, funzione profetica, meccanismo del passaggio da uno stato all’altro). La tecnica narrativa onirica, attraverso il suo sistema di segni, crea un nuovo linguaggio fatto di immagini. L’autore viene quindi a creare un discorso che collega passato, presente e futuro, attraverso momenti che generano angoscia e paura o al contrario, momenti gioiosi a seconda della funzione che in quel momento occupa il sogno. Nei racconti romantici si delinea una vera e propria cartografia del mondo onirico. Luoghi fantastici che caratterizzano il sogno, vengono rappresentati come reali.[62] Gli studi sulle manifestazioni oniriche si estendono ben oltre il campo letterario. I trattati scientifici e letterari dell’età romantica inaugurano la discussione sui problemi della psiche, con particolare attenzione al sonnambulismo e al sogno. [63] L’interesse per l’universo onirico e per la sfera irrazionale da parte di Karl Philipp Moritz è riassunto nel Magazin Gnothi Sauton oder Magazin zur Erfahrungsseelenkunde,[64] in cui l’autore non fa una netta distinzione tra sogno e realtà, definendo il sogno addirittura come «eine Copie des Wachens».[65] Il periodico offriva a intellettuali e non, la possibilità di accedere alle scoperte e agli sviluppi degli studi sulle patologie mentali. Le manifestazioni legate al sonno presuppongono una parte sconosciuta e nascosta dell’anima, che nel periodo romantico non aveva ancora ricevuto una definizione. La psicanalisi denominerà questa regione inconscio, il cui concetto non è però sconosciuto ai romantici, per i quali la parte oscura della psiche costituisce la radice stessa dell’essere umano, la sede dove confluiscono le immagini e le idee rimosse da cui sorgono le azioni e le ispirazioni. Nonostante il termine inconscio entrerà in uso nel linguaggio collettivo solo dopo la nascita della psicanalisi, i suoi presupposti si sviluppano già a partire dal periodo romantico. I romantici tedeschi parlano di Nachtseite. Uno dei trattati più importanti di Schubert sulla natura umana è intitolato, non a caso, Ansichten von der Nachtseite der Naturwissenschaft, dove con Nachtseite l’autore intende appunto la regione inesplorata della mente che si oppone alla coscienza. Gli studi dell’epoca individuano una doppia esistenza dell’essere umano, che dal punto di vista fisiologico si riflette in un sistema binario: il sistema cerebrale e il sistema gangliare. Da una parte la coscienza, dall’altra il suo opposto. Questi i due aspetti fondamentali della vita dell’uomo, che si manifestano nell’alternarsi del sonno e della veglia. Si tratta di due elementi autonomi, per cui il sonno non è da intendersi come la negazione della veglia. Il sogno si colloca tra i due fenomeni.[66] L’amicizia di E.T.A. Hoffmann con i medici dell’epoca e la lettura dei trattati patologici porta l’autore tedesco all’interesse per le scienze occulte e per il lato nascosto dell’anima. Non a caso, l’inizio della carriera letteraria di Hoffmann coincide con gli anni del suo soggiorno a Bamberg, centro della scienza medico-romantica, dove l’autore era circondato da medici e studiosi della dottrina del magnetismo animale[67] e impegnati nelle riforme dei metodi e delle terapie curative dei malati di mente.[68] Grazie soprattutto ai suoi rapporti con i medici Speyer e Marcus, Hoffmann entra in contatto non solo con la teoria ma anche con la pratica del magnetismo. Durante la sua visita presso uno degli ospedali fondati da Marcus dove la dottrina del magnetismo veniva applicata come metodo curativo, si verifica il suo primo incontro con un sonnambulo.[69] Hoffmann accede inoltre, a testi scientifici di particolare rilievo, quali quelli di Carl Alexander Ferdinand Kluge e di Schubert, contenuti nella biblioteca dello zio dell’amico Kunz.[70] Egli rimane particolarmente affascinato dal fenomeno del sonnambulismo magnetico, prova dell’effettiva esistenza di una parte nascosta dell’anima umana. Nella Symbolik des Traumes Schubert offre una spiegazione dettagliata del sogno, che si riflette nei racconti hoffmanniani sotto forma di immagini. Il linguaggio dei sogni non è altro che quello della Natura, in cui si manifesta Dio. In questo contesto Schubert parla di “Hieroglyphen der Naturbibel”, identifincandoli come segni della natura comprendenti anche il linguaggio dei sentimenti, dell’amore e della fantasia. Tale linguaggio viene compreso dall’uomo solo durante il sogno.[71] I trattati scientifici e letterari dell’epoca costituiscono una sorta di dialogo tra filosofi, letterati, psicologi e fisiologi, tutti concordi nell’affermare che in sogno, l’uomo entra in diretto contatto con la natura.[72] Il vasto sistema della filosofia romantica pone le basi allo sviluppo scientifico e al campo medico, ma anche alla narrativa di E.T.A. Hoffmann, il cui nome è legato al suo modo originale di creare opere fantastiche, caratterizzate da un universo spettrale abitato dal terrore, da delitti, da maledizioni ereditarie. E’ in questo universo che si incontrano strane figure che riflettono le profonde ossessioni interiori dei personaggi proiettate nella realtà attraverso i loro sogni e gli stati sonnambolici in cui cadono. Il peccato ereditato da Medardus è l’intervento di un principio spirituale estraneo al mondo reale e implica una forza superiore alla propria. Hoffmann riconosce nella parte non cosciente dell’uomo lo spazio in cui svincolarsi dal proprio Io limitato. L’autore attinge il valore dei sogni non solo attraverso la lettura di Schubert ma anche da quella di Novalis[73], cogliendo, come loro, il senso interno attivo della dimensione onirica. In Der Magnetiseur i personaggi riflettono a lungo sui sogni, concludendo che essi, oltre a essere prodotti da sensazioni fisiche, sono principalmente opera dello spirito. Nel racconto, Ottomaro afferma che per comprendere la natura dei sogni bisogna far riferimento alla teoria dell’influsso magnetico[74].
Come le bollicine dello champagne salgono alla superficie del bicchiere, allo stesso modo i contenuti della parte nascosta dell’anima emergono in sogno. Le bollicine sono la metafora dell’essenza spirituale che si manifesta in sogno, capace di rendersi autonoma e di liberarsi da ogni limite. E’ a questo punto che ha inizio una forma di vita più intensiva. Nell’esplorazione dei fenomeni onirici, le opere letterarie romantiche camminano di pari passo con le scoperte scientifiche contemporanee, offrendo un contributo importante ai loro sviluppi. All’inizio del XIX secolo, Schelling e il suo allievo Schubert, teorizzano il principio fondante della filosofia della natura, che riguarda il dualismo tra spirito e natura e che successivamente viene trasferito alla medicina, considerando la malattia come condizione naturale. Un significativo modello scientifico improntato sulla filosofia della natura è rappresentato dal magnetismo animale. L’interesse per la dottrina del magnetismo da parte di E.T.A. Hoffmann è testimoniato nel racconto Der Magnetiseur, in cui attraverso la narrazione di Ottomaro, si apprendono le scoperte e gli sviluppi in campo medico riguardo all’influsso magnetico. L’autore mostra inoltre, il rapporto che si stabilisce tra magnetizzatore e paziente, che nel racconto si riflettono in Alban e Maria. Al 1775 viene collocato lo scontro tra l’esorcista Gassner, esponente della superstizione popolare, e il medico Franz Anton Mesmer. Da questo momento, si apre la strada verso quelle che saranno le moderne tecniche psicologiche e psichiatriche.[75] In modo analogo a Schubert, anche Mesmer afferma che durante il sogno, si crea una relazione tra uomo e natura.[76] Le scoperte innovative di Mesmer sono importanti per capire il pensiero di E.T.A. Hoffmann e per comprendere le fonti di ispirazione che portano alla nascita delle sue opere. Se da un lato, infatti, i suoi sono racconti fantastici permeati dall’elemento soprannaturale, dall’altro essi possono essere considerati dei veri e propri trattati scientifici che aprono la conoscenza delle patologie mentali, degli sviluppi e dei risultati dell’epoca, da integrare alla lettura degli scritti medici di fine ‘700. Gassner ricorre all’esorcismo per la cura dei fenomeni inspiegabili razionalmente: nel momento in cui i sintomi si manifestavano, egli cominciava a sfidare il demonio. Secondo Mesmer, pur inconsapevolmente, Gassner curava i malati per mezzo del magnetismo animale. Applicando dei magneti sul corpo di una sua paziente, quest’ultima cominciava a sentire le correnti di un fluido misterioso che le scendeva dentro il corpo. Le correnti di magnetismo erano prodotte da un fluido che si era accumulato nella persona stessa del medico. Tale fluido veniva da lui chiamato “magnetismo animale”. Pertanto, il magnete era solo un mezzo ausiliario per conferirgli una direzione di scorrimento.[77] Il sistema di Mesmer, da lui esposto nel 1779, può essere sintetizzato nel modo seguente: 1) un sottile fluido fisico riempie l’universo e forma un mezzo di connessione tra l’uomo e la terra, tra corpi celesti e anche tra uomo e uomo; 2) la malattia ha origine dalla distribuzione non omogenea di tale fluido all’interno del corpo umano. La guarigione si ottiene quando viene restituito l’equilibrio; 3) con l’aiuto di talune tecniche, il fluido può essere incanalato, immagazzinato e convogliato in altre persone; 4) in questo modo si possono provocare delle “crisi”, curando infine, le malattie. La crisi, che Mesmer stesso provocava nei pazienti, i quali venivano indotti in condizione di sonnambulismo, era la manifestazione della malattia e allo stesso tempo, il mezzo per curarla.[78] Il medico Reil spiega che durante la crisi, il paziente mostrava di essere addirittura qualcuno diverso da sé, assumendo un comportamento differente da quello che si manifesta nello stato che precede la crisi.[79] Ai pazienti che si sottoponevano alla cura del magnetismo animale e che avevano avuto la cosiddetta “crisi”, si dava il nome di sonnambuli.[80] Al termine della crisi il paziente non conservava alcun ricordo di quanto fatto e detto. Il sonno magnetico in realtà non è né uno stato di sonno né uno di veglia, ma piuttosto una condizione che sta tra l’uno e l’altra, come spiega il Dott.Kluge.[81] Le condizioni che si verificavano nello stato di sonno in cui cadevano i pazienti sottoposti alla crisi indotta da Mesmer, e in seguito dai suoi seguaci, erano analoghe a quelle presenti nello stato di sonnambulismo naturale, la cui indagine prende piede proprio dagli sviluppi del sonnambulismo indotto artificialmente. Nelle file dei mesmeristi tedeschi vi sono uomini di grandi meriti intellettuali come Kluge, i fratelli Hufeland, Kieser, Gmelin, il cui operato viene citato più volte da Schubert nelle Ansichten von der Nachtseitseite der Naturwissenschaft, straordinaria e affascinante opera secondo Hoffmann, per l’attenta spiegazione del fenomeno sonnambolico[82]. Il pensiero di Schubert, espresso esemplarmente nelle sue due opere principali, Die Symbolik des Traumes e le Ansichten fornisce l’input a E.T.A. Hoffmann per l’indagine psicologica che egli trasferisce nelle sue opere e da cui bisogna partire per un’attenta interpretazione dei suoi personaggi. Le manifestazioni della Natura di Schubert, mostrano le situazioni che si verificano nelle condizioni di sonnambulismo, del sogno e delle profezie, che a suo parere, hanno un legame profondo con l’uomo.[83] Nelle Ansichten, Schubert sottolinea il doppio lato della Natura, dove la notte viene intesa come la fonte da cui si genera l’intera vita, mentre il giorno viene paragonato a un pianeta illuminato dai raggi del sole.[84] Di conseguenza, il giorno è il lato illuminato dell’uomo e pertanto, l’unico a esistere. In realtà, è il lato notturno, quello oscuro e sconosciuto a dirigere il lato diurno. La duplicità dell’individuo si basa sulla differenza tra il sistema cerebrale, che predomina nello stato di veglia e la cui funzione principale è quella di gestire le percezioni provenienti dal mondo fisico, e il sistema gangliare, sede dei ricordi e dei sogni, che coincide con la dimensione irrazionale. Il cervello e i sensi si presentano come quella parte dell’organismo che non prende parte in modo diretto al processo di formazione materiale del corpo. La nutrizione, la formazione, la crescita dipendono senz’altro dagli organi del sistema gangliare, mentre gli organi del sistema cerebrale, rimangono da questo punto di vista, inoperosi.[85] Nello stato di veglia i due sistemi appaiono isolati, indipendenti l’uno dall’altro.[86] Ciò che differisce maggiormente è l’azione della coscienza, attiva solo nel sistema cerebrale.[87] Nella fase iniziale del sonno, fantasia e facoltà immaginativa sono poco attive, fino al momento in cui subentra l'azione massima del sistema gangliare mentre l'azione del cervello viene ridotta al minimo. Successivamente fantasia e immaginazione raggiungono il vertice della loro operosità, che viene riconosciuta nei sogni.[88] Nonostante il sonno sia comunemente inteso come il riposo dell’organismo, esso può comunque essere definito come un atto, la cui azione consiste nel passaggio da vita cerebrale a vita dominata dal sistema nervoso, che a sua volta tende nuovamente a diventare vita del sistema cerebrale.[89] Per Schubert, il sogno conserva le esperienze passate che si verificano nello stato vigile e racchiude in un’immagine l’intera esistenza. Poiché, secondo lui, il linguaggio del sogno non è un linguaggio verbale, bensì un linguaggio fatto di segni, esso non è di facile comprensione. Tali segni sono quelli propri della Natura. Nel sogno, e già ancor prima, in quel particolare stato di semicoscienza che, nella maggior parte dei casi precede l’addormentarsi, l’anima sembra parlare una lingua completamente diversa da quella che le è abituale. Vi sono infatti, certi oggetti o certe proprietà delle cose che in quel momento vengono a indicare all’improvviso delle persone e, all’inverso, certe caratteristiche o certe azioni ci si presentano sotto forma di una persona. Fin quando l’anima si trova a parlare questa lingua, le sue idee seguono una legge di associazione diversa dal solito. Il collegamento di idee che si crea, segue una strada che si contraddistingue per la sua maggiore rapidità, per la sua maggior brevità e per la sua maggiore ricchezza spirituale rispetto allo stato di veglia. In questa lingua si fa ricorso a poche immagini, quasi dei geroglifici collegati l’uno all’altro o presentati in successione. Spesso le situazioni, i luoghi, le emozioni, che nel sogno appartengono al linguaggio dei segni, nella realtà si manifestano capovolti, assumono cioè, la valenza contraria.[90]Con le immagini proprie del sogno, si riesce a esprimere molto di più di quanto si è in grado di fare con le parole nell’arco di molte ore. Inoltre, le immagini oniriche insegnano molto di più di quanto possa fare la lingua di cui si fa normalmente uso. La lingua del sogno è più ricca dal punto di vista espressivo e, a differenza del linguaggio verbale, non necessita di essere appresa perché è innata. L’anima tenta di parlare questa lingua non appena, nel sonno, si trova a essere meno vincolata o addirittura libera dal consueto concatenarsi dei suoi pensieri.[91] Il Settecento osserva con particolare attenzione il sonno e le relative manifestazioni che, nel secolo delle grandi scoperte scientifiche, appaiono come straordinari fenomeni inspiegabili razionalmente anche ai più attenti osservatori. Diversi sono stati i tentativi nel dare una spiegazione ai fenomeni legati al sonno, ma nessuno di essi tuttavia, ha prodotto un risultato assoluto dell’analisi, pur rimanendo comunque, utili alla loro comprensione e ai loro successivi sviluppi. Alla luce del pensiero schubertiano, Hoffmann crea delle opere fantastiche, basate sull’Io e i suoi Doppi e sui fenomeni legati al sonno. Ciò che l’Io proietta nel mondo esterno come elementi estranei appartengono comunque alla propria mente e vengono fuori dai suoi substrati oscuri e nascosti. I racconti hoffmanniani sono delle vere e proprie traduzioni narrative del pensiero schubertiano, rintracciabile non solo in Die Elixiere des Teufels ma anche in altri racconti.
Hoffmann utilizza immagini che appartengono alla natura, e che in sogno ricorrono per descrivere le sensazioni e gli stati d’animo dei protagonisti. Il sogno è la possibilità di appartenenza a un altro mondo, di spaziare nel tempo, di vivere per tutta la sua durata un universo parallelo a quello reale, nel quale scatenare la propria fantasia. Nel sogno i sensi dormono ed entrano in un circuito fatto di possibilità date dall’immaginazione, che fa apparire tutte le immagini come reali.[92] Si è tentati di considerare il sogno come un’illusione, ma se così fosse, si dovrebbero sognare solo situazioni già vissute. Al contrario, in sogno si ha la possibilità di vivere anche situazioni nuove. Per questo motivo, il medico Meyer, preferisce parlare di finzione.[93] Un’altra ipotesi vede i sogni originati da situazioni esterne che accederebbero alla coscienza o attraverso le forti scosse del cervello, o da movimenti interni di esso, o da entrambi ma con l’ausilio dell’azione dell’anima. Nel primo caso in sogno apparirebbero o immagini gradevoli, o oggetti che a loro volta genererebbero altri oggetti fino a dare un senso al sogno. Sarebbe la sequenza di tali immagini a formare una vera e propria storia. Nel secondo caso, le immagini non avrebbero alcun collegamento tra di loro, apparirebbero e scomparirebbero senza sapere da dove esse provengano e quale sia la loro funzione. Ad esempio, l’attimo prima ci si trova in un luogo mentre l’attimo successivo, ci si trova in un altro. Nel terzo caso il sogno è incentrato sulle passioni o abitudini del soggetto. Ad esempio, un matematico che ininterrottamente ha studiato a una formula, si troverà a sognarne la sua dimostrazione.[94] In Die Elixiere des Teufels i sogni hanno la funzione di aiutare Medardus a comprendere meglio la natura del suo dramma e ricorrono per enfatizzare il rapporto tra la vita irrazionale e il destino del personaggio.[95] Allo stesso tempo, essi hanno il compito di creare l’elemento di stupore.[96] Non solo il sogno accompagna il protagonista dall’inizio alla fine, esso è addirittura la fonte di ispirazione della composizione. A ispirare Hoffmann nella creazione de Die Elixiere des Teufels è appunto Oneiros, il Dio del sonno.[97] I sogni e le visioni di Medardus irrompono nella realtà, influendo sul suo equilibrio psichico. Hoffmann stabilisce un rapporto causale tra le due dimensioni e fà si che le visioni del sogno influenzino la realtà del protagonista.[98] Il sogno e il sonnambulismo hanno la capacità di guidare il soggetto verso una natura nuova ed elevata, fatta di immagini e di figure. Ma ogni prodotto di tali fenomeni non è altro che l’eco, la risonanza della facoltà originaria, che si manifesta sotto forma di voce priva di corporeità.[99] I sogni di Medardus sono infatti, il prodotto delle sensazioni che il protagonista percepisce nella vita reale e che emergono nel mondo onirico. La critica identifica il sogno come il mediatore tra lo stato si veglia e quello di sonno.[100] Hoffmann crea un sottilissimo filo conduttore tra le due dimensioni tanto che non si capisce bene dove terminano i sogni e dove comincia la realtà, poiché il loro confine non è ben delineato. Nei sogni di Medardus, si apre un mondo fatto di immagini che la sua fantasia gli detta e che è popolato da strane figure, talvolta deformi. La narrativa hoffmanniana trae continuamente spunto dagli sviluppi e dalle scoperte dell’epoca sull’anima umana. Grazie alle sue conoscenze sul mondo onirico, l’autore trasmette in Die Elixiere des Teufels gli aspetti che vengono attribuiti al sogno dagli studi psicologici e fisiologici, tra cui la capacità profetica e la possibilità di connettere presente e passato. Durante il periodo di espiazione, Medardus fa un sogno ricco di immagini significative per le vicende che lo coinvolgono. Prima di presentare il sogno, Medardus espone il suo stato d’animo. Era folle di disperazione. Si gettava a terra piangendo, urlando, pensando di essere maledetto in seguito ai delitti commessi. Rimasto solo col priore, il quale aveva capito che a ridurlo in quello stato doveva essere il rimorso per qualche orrenda vicenda, Medardus decide di confessarsi. Tremenda fu la penitenza impostagli dal priore. Non la permanenza nella cripta mortuaria né il digiuno o le flagellazioni fisiche, bensì i sogni erano la sua più grande tortura, nei quali si materializzava il suo senso di colpa, al quale nel sogno vi è un esplicito riferimento da parte di Euphemie, nel dialogo con Medardus. Quest’ultimo temeva che le serpi che fuoriuscivano dalla veste di Euphemie potessero ucciderlo. Ma come gli spiega la donna, il suo tormento non era la morte, bensì il ricordo del delitto. La figura di Euphemie viene poi sostituita da quella di Hermogen sanguinante. Il sangue può avere valenze diverse nella dimensione onirica. Esso ricorre spesso nei sogni di un assassino, che ne viene perseguitato sia da sveglio che durante il sonno.[101] Un’altra interpretazione vede nel sangue il simbolo di rabbia e di collera ma esso può anche significare riconciliazione, ripresa.[102] Nel sogno apparivano davanti a lui figure appartenenti a un mondo fantastico: teste poggiate su gambe di cavalletta, mostri alati, corvi dai volti umani. Il linguaggio onirico condivide con la Natura le medesime immagini simboliche: animali, piante ecc. Il mondo animale gioca un ruolo importante nella dimensione onirica e ogni specie ha il suo significato che varia a seconda delle caratteristiche fisiche e comportamentali dell’animale.[103] L’interpretazione schubertiana vede nella classe degli insetti e dei vermi l’ immagine di morte, ma allo stesso tempo può simboleggiare anche una rinascita. Da larva si evolvono a insetti, implicando quindi una metamorfosi.[104] La rinascita di Medardus si compie man mano che arriva alla fine dei suoi giorni, quando l’ultima penitenza è rappresentata dalla sua autobiografia, scritta nella fase in cui il processo di autocoscienza giunge al termine e il protagonista riconosce finalmente il suo vero Io, precedentemente frantumato nei vari Doppi che lo accompagnano nel racconto. Le strane figure si sostituiva d’un tratto a una luminosa figura femminile, la cui presenza assume la funzione rivelatrice. La donna gli confessa di essere viva. In quella figura femminile Medardus riconosce Aurelie che gli rivela di essere viva. Emerge qui la caratteristica profetica del sogno. Nel giorno del loro matrimonio, Medardus si avventa contro Aurelie, la colpisce col coltello e pensando di averla uccisa, scappa via. La funzione rivelatrice viene enfatizzata dalla luce da cui è avvolta, che secondo interpretazioni certe, è simbolo di verità.[105] Tutto il racconto è caratterizzato dai sogni di Medardus, ma il sogno appena descritto, sintetizza quelli precedenti e lo fa attraverso immagini che raccontano il protagonista, il suo stato d’animo e le sue vicende. Nella sequenza delle immagini oniriche, Medardus rivede tutta la sua vita. Nel sogno si crea una connessione tra passato e presente. Il sistema cerebrale è caratterizzato dalla capacità di memoria ed è in grado di conservare anche i ricordi più remoti. Questo spiega il motivo per cui in sogno e in condizione sonnambolica, il soggetto è capace di ricordare eventi passati, anche quelli appartenenti alla prima infanzia, che non sono in grado di affiorare in superficie nel normale stato di veglia, neanche con il più duro degli sforzi. Il protagonista riconosce nel sogno oggetti e persone conosciute a B. anni addietro. Ne consegue che i ricordi che non emergono nel normale stato di veglia, non sono ricordi perduti, ma sono conservati nella mente e possono riemergere durante il sogno. Nello stato di veglia, il soggetto non riesce a ricordare eventi remoti, in seguito alla frattura e all’isolamento che si crea tra il sistema gangliare e il sistema cerebrale.[106] Al termine dei sogni di Medardus, si crea la confusione da parte del lettore ma anche del protagonista stesso, poiché non vi è una frattura netta tra sogno e realtà. Si ha quasi l’impressione che il mondo onirico sia il prolungamento del mondo reale e viceversa. Nel sogno che Medardus fa dopo aver chiesto al carceriere di essere condotto dal giudice per fornire nuovi elementi sull’omicidio di cui era stato accusato, il protagonista vede un frate domenicano, che si ritrova vicino anche nel momento del risveglio. E il sogno diventa realtà. In questo caso, il mondo onirico si identifica col mondo reale. Non appare infatti, nessuna figura appartenente a un mondo fantastico e l’ambientazione del sogno riflette il luogo in cui Medardus realmente si trova. In un altro sogno, Medardus ritrova accanto a sé il personaggio sognato. Anche questa volta il mondo onirico si identifica in quello reale. Questo aspetto accresce ulteriormente lo stupore e impedisce la distinzione tra finzione e realtà. Nell’ultimo sogno rappresentato nel romanzo, il protagonista vede Aurelie in una candida veste, con i capelli intrecciati di rose. Al suo ritorno in convento Medardus nota che si stavano svolgendo dei preparativi e chiede informazioni al sacrestano, il quale gli dice che si attendevano delle rose fresche perché il giorno successivo Aurelie avrebbe preso i voti. Medardus presiede alla funzione e alla vista della ragazza viene scosso da un’ansia profonda. Aurelie appariva radiosa, sembrava una sposa e la sua pettinatura era intrecciata di rose. Il sogno gli aveva rivelato la ragazza proprio come egli la vedeva adesso. Durante le manifestazioni del sonno, passato, presente e futuro del soggetto si mischiano fino a diventare un’unità, da cui scaturisce la capacità profetica.[107] La serie degli eventi della vita dell’uomo pare infatti concatenarsi secondo un’associazione di idee da parte del destino, analoga a quella che lega le immagini nel sogno. In altre parole: dentro e al di fuori dell’uomo, il destino parla la medesima lingua che in sogno parla l’anima, la quale non appena comincia a far uso della lingua propria della dimensione onirica, arriva a realizzare delle combinazioni a cui è impossibile pervenire nello stato di veglia. Durante il sogno si manifesta una più efficace e superiore conoscenza da parte dell’uomo, grazie al suo carattere rivelatorio. Il linguaggio dei sogni pone sullo stesso piano poesia e profezia, che in comune alla natura hanno la caratteristica di fungere da immagine per qualcosa. Si tratta di una facoltà della natura dell’uomo al quale viene fatto dono di una vista più estesa, in grado di giungere ben al di là dei confini della sua natura. Questa regione si fa viva nella lingua fatta di immagini che ha origine nel mondo onirico.[108] In sogno, ad esempio, si può avere la visione di una persona che il giorno successivo si fa viva realmente. Ma ciò che vuole comunicare, deve essere percepito non nelle sue parole, bensì attraverso l’interpretazione delle immagini che si presentano durante il sogno. I sogni delle opere hoffmanniane sono mondi generati dall’immaginazione dei personaggi, che prendono parte integrante al racconto. La dimensione onirica diventa possibilità di conoscenza dell’interiorità dei protagonisti, [109] che si presenta sotto forma di immagini prive di voce, ma in grado di raccontare la vita dei personaggi al pari delle loro parole. Nel racconto i sogni di Medardus sono quattro, di cui uno non viene definito propriamente sogno dall’autore. Si tratta della visione da parte del protagonista, dell’uomo vestito da cappuccino, che appare in una fase in cui Medardus non è completamente addormentato. Nei racconti hoffmanniani sogno e sonnambulismo si trovano in stretta relazione. Sarebbe proprio il sogno ad aprire la strada alle manifestazioni sonnamboliche.[110] La lettura de Die Elixiere des Teufels non consente chiaramente di distinguere la condizione in cui viene e trovarsi Medardus durante le sue visioni. Non si comprende se si tratti di sogno o se in realtà quella sia una condizione che sta a metà tra il sonno e la veglia, cioè il sonnambulismo, uno degli aspetti fondamentali del romanzo. C’è sempre un velo di mistero, di incertezza sulle situazioni del protagonista. La terminologia hoffmanniana sugli stati di incoscienza di Medardus è ampia, ma l’autore non utilizza mai il termine “Sonnambulismo”, anche se le caratteristiche degli stati semicoscienti del protagonista riflettono quelle delle manifestazioni sonnamboliche descritte dai trattati scientifici dell’epoca. Così, gli accessi di nervi di Medardus vengono definiti Delirien[111]. Gaukelbild diventa il sinonimo di illusione visiva nella scena in cui padre Cyrillus consola Medardus dopo che quest’ultimo era stato vittima di un accesso di nervi, in seguito alla visione in chiesa del pittore dal manto viola che egli considera l’incarnazione del male. Dopo aver commesso il duplice omicidio, Medardus rivede Aurelie, la quale riconosce in lui l’assassino e, presa dalla paura, sviene. In seguito a quest’episodio, Medardus scappa via e stanco, tenta di addormentarsi. Ma il sonno viene turbato dai suoi pensieri, dalle immagini pallide e sbiadite che si susseguono nel suo stato di intontimento, di sfinimento paralizzante il pensiero e la fantasia. A meno che non sia Hoffmann a spiegare che le visioni di Medardus appaiono durante i suoi sogni, il lettore si trova sempre in balia del dubbio sulla condizione del protagonista, a conferma dell’intento di Hoffmann, quello appunto di creare il mistero intorno alle situazioni del racconto. Spesso Medardus viene presentato in una fase in cui i suoi sensi non sono completamente addormentati. Diventa quindi, difficile stabilire se le sue visioni compaiano in uno stato di veglia, di sonno, o durante la condizione sonnambolica. Mentre si trovava in casa del guardiaboschi, Medardus viene turbato da una strana visione. Sfinito dalla stanchezza, si getta sul letto, addormentandosi quasi subito. Ma un sogno orribile gli turba il riposo. Il sogno comincia con la coscienza di star prendendo sonno. Nonostante la stanchezza e la volontà di volersi addormentare, Medardus non può far a meno di tenere gli occhi aperti. A un tratto sente aprirsi la porta che segnala l’ingresso in una dimensione parallela a quella reale. A questo punto, Medardus vede entrare una figura tenebrosa in cui egli riconosce se stesso vestito da cappuccino, che gli si avvicina e gli parla. Al risveglio da questo stato che Hoffmann non definisce chiaramente, l’uomo si trova ancora li accanto a lui. Non è chiaro se la visione appaia mentre Medardus è sveglio oppure durante il sogno. Alcuni medici spiegano che la condizione sonnambolica può verificarsi non solo durante il sonno, ma anche da svegli, sia che ci si trovi in piedi o seduti.[112] Il sonnambulo commette le azioni quotidiane senza coscienza e senza spontaneità, dando luogo ad azioni meccaniche, come spiega Reil.[113] Al risveglio da quello che Medardus considera un sogno, in cui egli vede seduto sul suo letto un uomo vestito da frate che non è altro che il suo sosia, l’uomo non svanisce come capita a oggetti, persone o situazioni sognate, ma rimane li accanto a lui. Si ha l’impressione che tutto ciò che Hoffmann descrive accada realmente, nonostante i sensi di Medardus siano parzialmente addormentati. Il dubbio del lettore si ripete nel momento in cui il sosia riappare a Medardus che questa volta si trova in carcere. La strana figura fuoriesce dal pavimento durante la notte, porgendogli un coltello. Successivamente, l’uomo svanisce, ma il coltello[114] rimane nelle mani di Medardus senza saperne come. Nel primo caso è il protagonista stesso a spiegare la sua condizione. E’ stanco, vuole chiudere gli occhi per addormentarsi, ma non ci riesce. La fase in cui ha la visione del sosia non può essere definita uno stato di sonno profondo. Come affermano i medici dell’epoca, il sonnambulismo si verifica proprio quando il soggetto non è ancora addormentato completamente. Il sonnambulo dorme, pur essendo i suoi sensi parzialmente attivi, ma allo stesso tempo compie le azioni come da sveglio. Meier, che aveva tentato di dare una spiegazione del sonnambulismo, riporta un caso interessante analizzato dal medcico Knoll, che sembra avere delle analogie con la condizione psichica di Medardus. Ridestatosi, il sonnambulo descritto dal medico, racconta ciò che aveva vissuto durante la notte, e lo fa come se si fosse trattato di un sogno. Tuttavia, trova sul suo letto gli uccelli che durante la notte aveva avvolto nella maglia. C’è una sorta di continuità tra quello che lui crede di aver sognato e la realtà. Il caso appena descritto è uno dei tanti riportati nei trattati e nei periodici romantici. L’Ottocento è il secolo in cui il fenomeno del sonnambulismo viene studiato e analizzato in tutta Europa. In Germania un contributo significativo viene offerto soprattutto da Hufeland, Kluge, Schubert, Reil, Humboldt, i quali trattano l’argomento con particolare intensità.[115] Le circostanze del sonnambulismo si manifestano inizialmente con segnali analoghi a quelli del sonno abituale. Gli arti si indeboliscono e gli occhi non riescono a rimanere aperti. Può durare talvolta minuti, talvolta ore. Generalmente, il sonnambulo risponde a ogni domanda che gli viene fatta e lo fa in modo chiaro e intenso, descrivendo dettagliatamente ogni situazione vissuta.[116] Il sonnambulismo è caratterizzato dall’attività del Gangliesystem, che tuttavia, non risulta isolato dal punto centrale del pensiero, cioè il cervello. Ne consegue che, l’azione del sistema cerebrale non rimane passiva, come invece accade durante il sogno. Al risveglio dallo stato sonnambolico si verifica una netta separazione tra il cervello e il sistema gangliare, che fino alla fase precedente erano legati. Al suo risveglio, il sonnambulo non ricorda nulla ed è la prova evidente dell’isolamento tra i due sistemi. Neanche il racconto da parte degli altri è in grado di far riaffiorare alla mente quanto accade nello stato sonnambolico. Ma come succede anche a Medardus, il sonnambulo è però in grado di ricordare alla perfezione ogni situazione che si verifica nello stato di veglia, grazie alla funzione dell’anima. Le fasi particolari in cui Medardus è semicosciente, sono caratterizzate, infatti, da immagini relative a tutti gli avvenimenti accaduti mentre la sua coscienza era attiva. Esiste tuttavia, la circostanza in cui l’isolamento tra i due sistemi persiste anche durante il sonnambulismo, quando cioè, emerge una seconda personalità. La ragazza tedesca curata dal Dott. Darwin, mostrava una personalità completamente diversa da quella propria dello stato di veglia. Durante il sonnambulismo, infatti, la paziente parlava un perfetto francese e un tedesco interrotto, considerando addirittura estranei i suoi genitori. In questo caso si parla di doppia anima, una domina lo stato di veglia, l’altra lo stato di sonno.[117] Durante il sonnambulismo si risveglia una forza vitale che lo guida e che ha sede nel sistema nervoso, mentre l’anima trova il suo luogo naturale nel resto degli organi. Nel normale stato di veglia, anima ed energia vitale lavorano entrambe ma in maniera diversa. La prima guida le azioni coscientemente, percependo le circostanze, la seconda invece, opera in modo inconsapevole e irrazionale. I processi dell’energia vitale si attivano durante il sonno, quando si addormenta l’azione dell’anima. Si osserva però, un legame tra anima ed energia vitale, tanto che l’anima del sistema nervoso appare come la sua energia vitale mentre l’energia vitale del corpo appare come la sua anima. Entrambi convivono nell’uomo, tant’è che non si vedrà mai un corpo morto con un’anima né un corpo vivente privo di essa.[118] Il termine Sonnambulismo racchiude in sé due tipi di situazioni: quella che viene a crearsi durante il fenomeno del magnetismo animale e quella che si verifica spontaneamente. Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, gli studiosi soffermano la loro attenzione sul sonnambulismo indotto per magnetismo, ma i risultati mostrano le analogie tra le due situazioni. In realtà, è proprio attraverso gli sviluppi del magnetismo, che si arriva ad analizzare scientificamente il sonnambulismo naturale, sia dal punto di vista psicologico, sia da quello fisiologico. Gli sviluppi di tali studi si riflettono poi, in letteratura. A seconda che si tratti dell’uno o dell’altro, il sonnambulismo viene concepito come cura o come malattia.[119] Diversi medici hanno tentato di dare una spiegazione ai fenomeni del sogno e del sonnambulismo. Karl Philippe Moritz considera sia l’uno che l’altro come fenomeni che scaturiscono dall’anima.[120]
Lo psicologo Tiedemann ritiene che il sonnambulismo sia invece, uno stato intermedio che egli colloca tra il sonno e la veglia, in cui il sonnambulo si trova in una condizione che non è di sonno profondo, ma in cui, tuttavia, i sensi non sono completamente addormentati.[121]
Durante il sonnambulismo il soggetto vede, sente e percepisce solo ciò che si trova all’interno della sua visione corrente. Le immagini sonnamboliche sono ben chiare e definite, tanto da apparire reali. Sia che si tratti di sonnambulismo indotto per magnetismo, sia che si tratti di sonnambulismo naturale, il soggetto sviluppa una sorta di sesto senso che gli permette di vedere, leggere e compiere tutte le azioni anche al buio. Il sesto senso dei sonnambuli è legato allo sguardo divinatorio, alla fantasia creativa e all’intelligenza intuitiva.[122] La difficoltà principale nella spiegazione del fenomeno, consiste nel dare una risposta certa a come sia possibile che, pur dormendo apparentemente, il sonnambulo sembri sveglio. L’unica certezza è che il sonnambulo riesce a fare tutto ciò che farebbe da sveglio: tenere conversazioni, scrivere, vestirsi, camminare, ecc. Al risveglio, però, tutto appare come un sogno, non ricordando quanto detto e fatto. Questo è un altro punto su cui i medici dell’epoca si interrogano. Moritz ritiene che per comprendere il fenomeno del sonnambulismo bisogna partire dalla funzione dell’anima e capire la sua relazione con il corpo. I movimenti dell’uomo dipendono in parte dal corpo, o meglio dai nervi, in parte dall’anima. Senza l’impulso di uno dei due elementi il movimento non sarebbe possibile. Dal momento che i movimenti di un sonnambulo sono movimenti umani e che ogni movimento umano si manifesta esternamente attraverso il corpo pur nascendo dall’impulso dell’anima, ne consegue che i movimenti del sonnambulo sono dettati sia dai nervi che dall’anima. Sarebbe addirittura l’anima a gestirne la forza. Tra lo stato di veglia e quello di sonno differisce un elemento fondamentale, che riguarda il grado di coscienza. Nel primo caso l’uomo agisce consapevolmente. Nel secondo non ha la piena coscienza delle sue azioni. Durante il sonnambulismo, invece, l’anima percepisce delle sensazioni, ma con uno scarso grado di coscienza.[123] I sensi esterni di chi si trova in stato di sonno, quali la vista o l’udito, sono addormentati e nervi e muscoli perdono tono. Da svegli accade il contrario: nervi, muscoli e sensi sono attivi. Il sonnambulismo assimila quindi, alcune caratteristiche della veglia e altre del sonno.[124] Un elemento importante che emerge dall’analisi sulle manifestazioni sonnamboliche, è la forza della memoria del soggetto, maggiore nello stato sonnambolico rispetto a quello di veglia. Da sveglio, il soggetto non ricorda nulla di ciò che accade durante il sonnambulismo, ma da sonnambulo egli è in grado di ricordare perfettamente anche la disposizione degli oggetti dell’ambiente in cui si trova. Se, ad esempio, deve vestirsi, non ha alcuna difficoltà a trovare i suoi indumenti.[125] Nella Symbolik des Traumes, Schubert si occupa di tale concetto riferendosi al sonno magnetico e affermando che al suo risveglio, il sonnambulo non riesce a credere a chi gli racconta quanto accaduto mentre egli apparentemente dormiva. Al contrario, nello stato di sonno magnetico, il sonnambulo è in grado di ricordare tutto ciò che accade da sveglio.[126] Le azioni che si verificano durante il sonno magnetico, possono riemergere in sogno, che si fa quindi, mediatore tra sonno e veglia.[127] Sembra certo che il sonnambulo non veda e non senta in modo assoluto, altrimenti sarebbe sveglio, ma percepisce le sensazioni in grado sicuramente superiore rispetto a chi sogna. I nervi sono più attivi nello stato sonnambolico anziché in sogno, ma meno attivi rispetto alla veglia.[128] Alla luce delle varie interpretazioni sulle manifestazioni sonnamboliche, i medici dell’epoca rimangono incerti sull’attribuire alla mente del sonnambulo uno stato di equilibrio o al contrario, di squilibrio.
Die Elixiere des Teufels viene definito, tra l’altro, un romanzo visionario.[129] La Visione è uno dei punti centrali dell’opera, che accompagna non solo il protagonista, ma anche la sua famiglia. Tale fenomeno appartiene agli elementi che danno luogo al processo di ciclicità che struttura l’intero romanzo: da padre a figlio, le situazioni si ripetono fino a formare un cerchio che racchiude i motivi principali, le azioni delittuose, le immagini e finanche gli oggetti con i quali vengono compiuti i delitti. Il fenomeno della Visione è presente già nella prima pagina del romanzo, in cui l’autore descrive il padre del protagonista, che come lui, si era macchiato di peccato. San Bernardo, apparsogli in una Visione, gli aveva promesso perdono e conforto al momento della nascita di un figlio. La Visione si sarebbe avverata. Inoltre, come a Medardus, anche a suo padre, era apparso il pittore, che per Medardus incarna la tentazione ma che in realtà funge da ammonizione. Hoffmann crea un’atmosfera inquietante, sottolineata dalla descrizione del pittore dal manto viola, i cui occhi infossati e spettrali erano fissi su Medardus quando gli appare in chiesa. Improvvisamente la figura scompare dietro la colonna. Come il pittore fosse potuto entrare e uscire dalla chiesa, nonostante i due ingressi fossero entrambi chiusi, rimane un fatto incomprensibile, un avvenimento misterioso. Medardus ha per la prima volta la visione del pittore nel giorno di Sant’Antonio. In quell’uomo c’era qualcosa di spaventoso e orrendo. La Visione si manifesta come proiezione di cose e oggetti racchiusi nel cerchio delle idee del sonnambulo, la cui percezione sonnambolica lo rende incapace di distinguere gli oggetti reali da quelli prodotti dalla sua immaginazione.[130] Anni addietro, nel giorno di San Medardus, alla madre appare il vecchio pellegrino incontrato al Sacro Tiglio: conduceva per mano Franz, nome di battesimo del protagonista, indossando un saio da cappuccino. In omaggio alla Visione della madre, Franz assume in seguito il nome religioso di Medardus. Ogni apparizione, così come tutti i fenomeni legati al sonno, contribuisce a creare la continua incertezza su cui poggia l’intera opera. La Visione altro non è che una apparizione percepita come reale, nonostante essa sia soltanto il prodotto dell’azione dell’immaginazione e appartiene alle manifestazioni del Sonnambulismo naturale. Gli studiosi dell’epoca si interrogano su come sia possibile vedere qualcosa che in realtà non esiste davanti agli occhi di chi la vede. Il Dott.Locher tenta di fornirne una spiegazione. Secondo il medico, il quale prende come oggetto della visione una rosa, la visione è la materializzazione del pensiero. La rosa viene vista nello stesso modo in cui viene immaginata.[131] La visione può manifestarsi anche come fenomeno diurno, nel senso che le figure che normalmente ricorrono durante il sonnambulismo possono invadere anche la veglia quotidiana, divenendo percettibili ai sensi esterni, nella maggior parte dei casi, alla vista e all’udito. La Visione diurna è il gioco sonnambolico di immagini che si manifesta davanti a occhi e orecchie svegli e ad un’anima attenta. Il campo della Visione diurna abbraccia fenomeni quali allucinazioni, fantasmi, apparizioni religiose. Fischer ritiene le manifestazioni sonnamboliche quali fenomeni straordinari, sovrannaturali, e allo stesso tempo come sintomi patologici. L’apparizione di fantasmi è la più angosciante, soprattutto se il fantasma si identifica nel proprio Io[132] Medardus è infatti terrorizzato dalla figura che appare mentre egli si trova in carcere e le sue paure aumentano nel momento in cui si rende conto che si tratta del suo doppio. Padre Ciryllus definisce le visioni di Medardus, allucinazioni.
Le allucinazioni appartengono al campo delle Visioni diurne. Non si tratta di sogni poiché questi ultimi compaiono nel momento in cui l’anima si addormenta, mentre le allucinazioni vengono percepite anche da svegli.[133] In tutte le manifestazioni sonnamboliche l’udito è, generalmente, il primo senso a svilupparsi e l’ultimo a svanire. Questo vale sia per il sonnambulismo naturale che per quello indotto per magnetismo.[134] Prima di avere l’apparizione visiva del suo sosia, Medardus ne aveva già percepito la presenza attraverso la voce nelle notti che precedono la Visione. Anche nella scena in cui egli descrive la figura del cappuccino apparsagli mentre si trovava in casa del guardiaboschi, il primo senso ad attivarsi è il suo udito. Medardus vede l’uomo, solo dopo aver sentito il rumore della porta. Durante le visioni, appaiono frequentemente figure spettrali, che il soggetto percepisce come reali pur trattandosi semplicemente di pura illusione.[135]
[1] Dopo il successo di un’opera teatrale, Hoffmann decide di sostituire il terzo nome Wilhelm con quello di Amadeus in omaggio a Mozart. In Erinnerungen aus meinem Leben in biographischenDenksteinenund andern Mittheilungen, hrsg. von Kunz, Leipzig, F.A Brockhaus, 1836, p.77
[2] L. Mittner, Storia della letteratura Tedesca, Torino, Einaudi, 1964, p. 841
[3] W. Häufler, Zeitkritik und politiche Satire in den Werken E.T.A. Hoffmanns, Marburg, Masch. Diss.,1955, p. 21
[4] W. Segebrecht, Krankheit und Gesellschaft. Zu E.T.A. Hoffmann Rezeption der Bamberger Medizin, in Romantik in Deutschland. Ein Interdisziplinäre Symposion, Stuttgart, Metzler,1978, pp. 267-290
[5] F.Jesi, Letteratura e mito, Torino, Einaudi, 1991, p.67
[6] Cfr. introduzione di C. Magris, in ETA Hoffmann, Romanzi e racconti,op. cit., pp.x-xii
[8] Cfr.introduzione C. Mgris,p.VII, in Mastro Pulce, Milano, Nuovo Portico Bompiano, 1980
[9] Cfr. introduzione di C. Magris, in E.T.A. Hoffmann, Romanzi e racconti, op. cit., p.xii
[10] Durante la sua permanenza a Bamberg, Hoffmann stringe amicizia con il Dott. Adalbert Friedrich Marcus, che ebbe una grande influenza su di lui. Il medico era all’epoca direttore del manicomio Sankt Getreu, che egli fece visitare a Hoffmann, fornendogli una spiegazione approfondita sulla dottrina del magnetismo. In Erinnerungen aus meinem Leben in biographischen Denksteinenund andern Mittheilungen, hrsg. von Kunz, Leipzig, F.A Brockhaus, 1836, p. 65
[11] Sia le lettere che il diario di Hoffmann testimoniano la sua amicizia e frequentazione con Speyer, il medico che lo tenne in cura durante tutta la sua vita. Nella lettera datata 19 agosto 1813, e indirizzata a Kunz, Hoffmann scrive che il suo medico, Speyer appunto, gli aveva diagnosticato una “Nervenfieber”, che secondo lo scrittore , lo avrebbe condotto pian piano alla morte.Tra il medico e lo scrittore vi fu una forte frequentazione soprattutto nei primi cinque mesi del 1811. In E.T.A. Hoffmann, Frühe Prosa, hrsg. Von G. Allroggen, F. Auhuber, H. Mangold, J. Petzel und H. Steinecke,Frankfurt am Main, Deutscher Klassiker Verlag, Bd.I.
[12] T. Carlyle, E.T.A. Hoffmann, in German Romance, translation from the german, with biographical and critical notices(1827), Centenary Edition of the works of Thomas Carlyle in thirty volumes, New York, Charles Scribner’s, vol.21, 1901, pp. 17,18
[13] W.Scott, On the Supernatural in Fiction Composition: and particularly on the Works of E.T.A. Hoffmann in Foreign Quartely Review, 1827, p.72
[14] W.Scott, On the Supernatural in Fiction Composition: and particularly on the Works of E.T.A. Hoffmann op. cit. pp. 81,82
[15] Cfr. introduzione di C.Magris pp. v,vi in E.T.A. Hoffmann, Die Elixiere des Teufels, op. cit.
[16] Il termine inconscio risale a Karl Robert Eduard von Hartmann(1842-1906). Nella sua opera Philosophie des Unbewussten egli sostiene che a spingere il mondo verso una finalità precisa e coerente, verso la perfezione, è l’inconscio, qualcosa che sfugge alla ragione. Hartmann si rifaceva a Schopenhauer, che riteneva nascosta(inconscia) la volontà di vivere. Prima ancora, erano stati gli scrittori romantici ad aver intuito l’esistenza di una parte nascosta dell’uomo che si opponeva alla coscienza. Per una lettura approfondita dell’indagine dell’inconscio prima di Freud, si veda: L.L.Whyte, L’inconscio prima di Freud. Una storia dell’evoluzione della coscienza umana, Roma, Astrolabio, 1970. Nel 1900, con la pubblicazione dell’opera Die Traumdeutung (L’interpretazione dei sogni), nasce ufficialmente la psicoanalisi a cui Freud si dedicherà per tutta la sua vita. Lo psicanalista austriaco considera il sogno come il linguaggio privilegiato dell’inconscio. La grandezza di Freud non sta nell’aver scoperto la dimensione dell’inconscio, bensì nell’avergli dato una dimensione clinica, attraverso cui capire il comportamento dell’uomo e la sua patologia. Nella parte finale dell’opera Psicopatologia della vita quotidiana (Zur Psychopathologie des Allthagsleben), Freud spiega in che modo l’inconscio condizione l’uomo: » Non credo che un evento verificatosi nella mia vita psichica possa farmi conoscere qualcosa di nascosto sulla forma che assumerà la realtà futura; credo invece che una manifestazione non intenzionale della mia attività psichica mi sveli veramente qualcosa di nascosto, che a sua volta appartiene soltanto alla mia vita psichica;[…]per il superstizioso è il contrario:[…]è disposto[…]ad attribuire al caso esterno un significato che si manifesterà nell’accadere reale, è propenso a vedere nel caso uno strumento di espressione per cose esterne a lui. Le differenze fra me e il superstizioso sono due: in primo luogo egli proietta all’esterno una motivazione che io cerco dentro di me; in secondo luogo, egli spiega il caso attraverso un accadimento, invece io lo riconduco a un pensiero. Ciò che per lui è l’occulto corrisponde a ciò che per me è l’inconscio, e la coazione a non considerare il caso come tale ma a volerlo interpretare è comune a entrambi.« In: S. Freud, Psicopatologia della vita quotidiana, Milano, RCS, 2011, pp.281-282
[17] K. Detering, Hoffmanns Erzählungen.Eine Einführung in das Werk Eta Hoffmanns, Würzburg, Königshausen und Neumann, 2007, p. 16
[18] Potrebbe esserci una relazione tra Medardus, il nome che Hoffmann sceglie per il protagonista del suo romanzo, e la vita del santo realmente vissuto. San Madardo, fu un vescovo di Saint-Quentin, che dopo la distruzione della città, trasferì la sua cattedra episcopale a Noyon, dove profuse ogni cura nel convertire il popolo dalle superstizioni pagane alla dottrina di Cristo. Il suo vescovato durò dal 530 fino al 545. Successivamente alla sua morte, venne fatta costruire una chiesa, con annesso cimitero che divenne luogo di pellegrinaggi e di riunioni di convulsionari, durante i quali si registravano fenomeni straordinari e inspiegabili, fenomeni che caratterizzano anche la vita del Medardus de Die Elixiere des Teufels. Oltre a questa analogia, ciò che avvicina il personaggio hoffmanniano al santo realmente esistito sono le rose. Si attribuisce, infatti, a San Medardo l’istituzione della festa delle rose. Sull’altare della cappella di San Medardo è appeso un quadro raffigurante un santo nell’atto di porre una corona di rose sul capo di sua sorella. Il dipinto richiama quello appeso sull’altare della cappella descritta nel romanzo hoffmanniano, in cui viene raffigurata Santa Rosalia, la cui acconciatura è adorna di rose. San Medardo fu un ottimo predicatore, capace di radunare una numerosa folla di fedeli che accorrevano per ascoltare le sua preghiere. Allo stesso modo, il Medardus di Hoffmann riesce ben presto a farsi amare dai fedeli, attirandoli in chiesa durante le sua prediche. Per una lettura approfondita della vita di San Medardo, si veda R.F.Rohrbacher, Storia universale della chiesa cattolica, Milano, presso C. Turati Tipografico-Librario, 1844, Vol.27 e A. Butler, C.Butler, A.Muzzarelli, Vita dei padri, dei martiri, e degli altri principali santi, Venezia, presso C.Battaglia, Tip-Edit, 1824
[19] In Die Elixiere des Teufels, la contrapposizione tra sistema cerebrale e sistema gangliare potrebbe coincidere con l’alternarsi della sfera razionale e quella irrazionale, del sogno e della realtà. Per una analisi approfondita della definizione e della funzione di Cerebralsystem e Gangliensystem, si veda Schubert, Ansichten von der Nachtseite der Naturwissenschaft.
[20] Rif. Introduzione di C. Magris, p. xiii, in Gli elisir del diavolo, op. cit.
[22] Z. Todorov, La letteratura fantastica, Milano, Garzanti, 1991, p.92
[23] Cfr. introduzione di C. Magris, p. xi in ETA Hoffmann, Gli Elisir del diavolo, op.cit.
[24] E .T.A. Hoffmann, Die Elixiere des Teufels, in E.T.A. Hoffmann Sämtliche Werke 1814-1816, Frankfurt am Main, Bibliothek deutscher Klassiker Verlag, 1988, Band II, pp. 572,573
[25] L. Mittner, Storia della Letteratura Tedesca, op. cit., p. 858
[26] B. Feldges-U.Stadler, E.T.A. Hoffmann Epoche-Werk-Wirkung, München, Beck, 1986, pp. 13-46
[27] G. Bonino, introduzione a Io e l’altro. Racconti fantastici sul Doppio, Torino, Einaudi, 2004
[28] C. Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Kurmethode auf Geisteszerrüttungen, Halle, in der Curtschen Buchhandlung, 1818, p. 72
[29] A.Alt-Di Peter, Aesthetik des Bösen, München C.H.Beck, 2010, p.127
[30] O. F. Bollnow, Der golden Topf und die Naturphilosophie der Romantik. Bemerkungen zum Weltbild E.T.A. Hoffmanns., In: Bollnow, Unruhe und Geborgenheit, Stuttgart, Kohlhammer, 1953, p. 207
[31] A. Reininger, Profilo storico della letteratura tedesca, Torino, Rosenberg e Sellier, 1986, p. 216
[32] Cfr. Introduzione di C. Magris, in E.T.A. Hoffmann, Romanzi e racconti, op. cit. p. xxv
[33] S. Bergström, Between real and unreal. A thematic Study of E.T.A. Hoffmann’s Die Sarapionsbrüder, New York, Lang, 2000, p. 28
[34] G.Kaiser, E.T.A. Hoffmann, Stuttgart, Metzler, 1988, p.133
[35] A.Alt-Di Peter, Aesthetik des Bösen, München, C.H.Beck, 2010, p. 126
[36] C. Magris, L’altra ragione. Tre saggi su Hoffmann, op. cit., p. 14
[37] O. Kohns, Die verrücktheit des Sinns, Wahnsinn und Zeichen bei Kant und E.T.A. Hoffmann, Bielefeld, Transcript Verlag, 2007, p. 4
[38] E.T.A Hoffmann, Die Elixiere des Teufels, op. cit., p. 565
[39] J.C.Reil, Rhapsodieen über die Anwendung der psychischen Curmethode auf Geisteszerrüttungen, Halle, 1803
[40] U. Hohoff, E.T.A. Hoffmann. Der Sandmann, De Gruyter, Berlin, 1988, p.307 e D.Kremer, E.T.A. Hoffmann: Leben, Werk, Wirkung, Berlin, De Gruyter, 2010, p.30
[41] C.Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Kurmethode auf Geisteszerrüttungen, op. cit., pp. 47-65
[42] F. La Manna, Più solitario d’un Lupo, Lecce, Manni, 2001, pp.123-129
[43] C.H.Spiess, Biographien der Wahnsinnigen, Leipzig, 1810
[44] H.Steinecke, Die Kunst der Phantasie, Frankfurt am Main, Insel Verlag, 2004, p. 268
[45] H. Lederer, Phantastik und Wahnsinn, Köln, Dme Verlag, 1986, p.22
[46] H. Lederer, Phantastik und Wahnsinn,, op. cit. pp. 16-21
[47] C.P. Moritz, Gnothi Sautòn oder Magazin zur Erfahrungseelenkunde, Leipzig, 1810
[48] Pentesilea è un’opera drammaturgica di Heinrich von Kleist, composta nel 1808. La protagonista omonima, regina delle amazzoni, si innamora dell’avversario Achille. In un primo combattimento Pentesilea viene sconfitta. Dopo la sua caduta da cavallo, Achille le risparmia la vita perché innamorato di lei. Al suo risveglio, Pentesilea non ricorda nulla e, convinta di aver vinto la battaglia iniziale, dice ad Achille di seguirla a Temiscira, la sua patria. Achille non accetta, rivelandole che a seguirlo deve essere lei, in quanto sconfitta. Ferita nel suo orgoglio, Pentesilea decide di sfidarlo nuovamente. Achille si presenta al duello disarmato affinchè Pentesilea possa vincere, ma l’amata, in preda alla follia lo dilania a morsi senza rendersi conto delle sue azioni. La follia di Pentesilea comincia attraverso il travisamento della realtà in seguito allo svenimento avvenuto dopo il combattimento, e raggiunge il culmine dopo aver ucciso l’amato. D Pentesilea non ricorda nulla dell’accaduto e le compagne non trovano il coraggio di svelarle la verità. Nel momento in cui apprende cosa è realmente accaduto, Pentesilea legittima i suoi morsi poiché secondo lei, tra baci e morsi non vi è una netta differenza. La confusione della protagonista è dettata dalla sua follia.
[49] G. Ellinger, E.T.A Hoffmanns Werke in fünfzehn Teilen, Berlin-Leipzig, Bong, 1912, p.212
[50] B. Bettelheim, Il mondo incantato: uso, portanza e significato della fiaba, trad. di A. D’Anna, Milano, Feltrinelli Editore, p. 208
[52] C. Bordoni, Del soprannaturale nel romanzo fantastico, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 2004, p. 86
[53] G.M.Chiodi, Propedeutica della simbolica politica, Milano, Francoangeli, 2010, pp. 209,210
[54] W. Segebrecht, Krankheit und Gesellschaft. Zur Eta Hoffmann Rezeption der Bamberger Medizin, in Romantik in Deutschland. Ein Interdisziplinäre Symposion, op. cit., pp. 267-290
[55] A.Kupfer, Die Künstliche Paradiese. Rausch und Realität seit der Romantik, , Stuttgart, Metzler, 1996, p. 131
[56] A.Alt- Andrè, Traum Diskurse der Romantik op. cit., p. 10
[57] A.Beguin, L’anima romantica e il sogno, Milano, Il Saggiatore, 2003, pp. 204-217
[60] W.Iser, Das Fiktive und das Imaginäre. Perspektiven literarischer Anthropologie, Frankfurt am Main, Suhrkamp ,1991, p. 18
[61] S. Lo Bue, Il fiore azzurro:infinito e anima romantica, Milano, FrancoAngeli, 2000, p. 77
[62] A. Alt- Andrè, Traum Diskurse der Romantik, op. cit., p. 120
[63] A. Alt- Andrè, Traum Diskurse der Romantik, op. cit., pp. 9,19
[64] K.P.Moritz, Gnothi Sauton oder Magazin zur Erfahrungsseelekunde alse in Lesebuch für Gelehrte und Ungelehrte. Berlin, A. Mylius , 1783-1793. Il Magazin rappresenta un trattato in cui Moritz e i suoi collaboratori indagano i disturbi dei nervi e della mente e inaugura l’inizio delle pubblicazioni di periodici neuropsichiatrici
[65] K.P.Moritz, Magazin zue Erfahrungsseelekunde in Moritz: Die Schriften in dreissig Bänden, hrsg von P. und U. Nettelbeck, Nördlingen, Grano, 1986, Bd VI, p. 239
[66] A.Beguin, L’anima romantica e il sogno, op. cit., pp. 119- 127
[67] Il Magnetismo animale, chiamato successivamente Mesmerismo in seguito agli studi del medico Franz Anton Mesmer, consiste nella cura di malattie o disfunzioni psichiche. Durante la pratica del magnetismo, il paziente veniva indotto in stato di sonnambulismo artificiale, dai cui studi, comincia l’indagine del sonnambulismo naturale. Per una lettura approfondita sulla dottrina del Magnetismo animale si veda F.A.Mesmer, Mesmerismus oder System der Wechselwirkungen, Theorie und Anwendung des thierischen Magnetismus als die allgemeine Heilkunde zur Erhaltung des Menschen. Mit dem Bildniß des Verfassers und 6 Kupfertafeln, hrsg. von Karl Christian Wolfart, Berlin, Nikolai 1814
[68] W. Segebrecht, Krankheit und Gesellschaft. Zur Eta Hoffmann Rezeption der Bamberger Medizin, in Romantik in Deutschland. Ein Interdisziplinäre Symposion,, op. cit., pp. 266-290
[69] Hoffmann annota l’incontro nel suo diario: Zum ersten Mal im Hospital eine Somnambule gesehen- Zweifel. In ETA Hoffmann, Frühe Prosa, hrsg. Von G. Allroggen, F. Auhuber, H. Mangold, J. Petzel und H. Steinecke, Deutscher Klassiker Verlag, Frankfurt am Main, Bd.I, p. 186
[70] Segebrecht, Krankheit und Gesellschaft. Zur ETA Hoffmanns Rezeption der Bamberger Medizin, op. cit., p.278. La testimonianza viene riferita dallo stesso Hoffmann nella lettera del 24 marzo 1814, in cui l’autore chiede a Kunz di inviargli Die Symbolik des Traumes di Schubert in: ETA Hoffmann, Frühe Prosa, op. cit., pp. 24,25
[71] G.H.Schubert, Die Symbolik des Traumes, Bamberg, im neuen Leseninstitut von Kunz, 1814, pp. 1-5
[72] A.Alt- Andrè, Traum Diskurse der Romantik, op. cit., p. 10
[73] Novalis occupa un posto centrale nella narrativa di Hoffmann, il quale annota le sue impressioni dopo la lettura dell’autore tedesco. Il 17 aprile 1812 si legge: Zu Hause- Novalis gelesen und sehr erbaut worden. In ETA Hoffmann, Frühe Prosa, op. cit., p. 407
[74] L’elaborazione della teoria di Mesmer sul magnetismo animale era nata dall’ipotesi di presunti influssi astrali
[75] H. Ellenberger, La scoperta dell’inconscio, Torino, Boringhieri, 1976, Vol. I, p. 61
[76] F.A. Mesmer, Mesmerismus oder System der Wechselwirkungen. Theorie und Anwendung des thierischen Magnetismus als die allgemeine Heilkunde zur Erhaltung des Menschen. Hrsg von K. C. Wolfart, Amsterdam, Nachdruck der Ausgabe Berlin 1814, 1966, p. 23
[77] H. Ellenberger, La scoperta dell’inconscio, Torino, Boringhieri, 1976, Vol. I,op. cit., pp. 62-65
[79] C. Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Kurmethode auf Geisteszerrüttungen, op. cit., p. 83
[80] C. Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Kurmethode auf Geisteszerrüttungen, op. cit., p. 111
[81] C. Kluge, Versuch einer Darstellung des animalischen Magnetismus, Berlin, bei C. Salfeld, 1811, p.110
[82] Il 19 agosto 1813 Hoffmann scrive a Kunz, parlandogli di un libro magnifico, intitolato Ansichten von der Nachtseite der Naturwissenschaft,di Schubert,che l’autore Tedesco definisce un uomo geniale: Das herrliche Buch:Schuberts Ansichten habe ich erhalten und bin begierig auf alles was der geniale Mann ist die Erklärung der Ahndungen der Somnambulen. In: E.T.A. Hoffmann, Frühe Prosa, op. cit., p.301
[83] B. Kristek, Gotthilf Heinrich Schubert und Eta Hoffmann. Die Bedeutung der romantischen Naturforschung für die Literatur der Romantik, Norderstedt, Grin Verlag, 2001, pp. 1-4
[85] G.H. Schubert, Die Symbolik des Traumes, New York, Cambridge university Press, 2011, p.123,124
[88] J.Heinecken,Ideen und Beobachtungen den Thierischen Magnetismus und dessen Anwendung Betreffend, Bremen, bei Friedrich Wilmans, 1800, p.100
[89] J.Heinecken,Ideen und Beobachtungen den Thierischen Magnetismus und dessen Anwendung Betreffend, op. cit.,p.97
[90] G.H. Schubert, Die Symbolik des Traumes, op. cit., p.8
[92]C. Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Kurmethode auf Geisteszerrüttungen, op. cit., p. 92
[93] G.F. Meier, Versuch einer Erklärung des Nachtwandelns, Halle, verlegt von Carl Hermann, 1758, pp. 45-47
[94] D.Tiedemann, Handbuch der Psychologie, Leipzig, bei Johann Ambrosius Barth, 1804, pp. 239-240
[95] A.Beguin, L’anima romantica e il sogno, op. cit., pp. 402-408
[96] A.Alt- Andrè, Traum Diskurse der Romantik, op. cit., p. 130
[97] Il 24.03.1814 Hoffmann scrive a Kunz: Eben vor einiger Zeit habe ich, wie kanne, gelobt, 40 Tage und Nächte bei meinem Liebchen, und Oneiros der Traumgott hat mir einen Roman inspiriert, der in lichten Farben hervorbricht, indem Tom I beinahe vollendet. Das Büchlein heisst Die Elixiere des Teufels, aus den nachgelassenen Papieren des Paters Medardus, einers Capuziners. In E.T.A. Hoffmann, Frühe Prosa, op. cit., pp. 24,25
[98] J. Zhou, Erzählstrategie in der Traumdarstellung der deutschen Romantik und der chinesidchen Ming, Göttingen, V&R Unipress, , 2006, p. 123
[99] G.H. Schubert, Die Symbolik des Traumes, op. cit.,, pp. 155,156
[100] D.Kremer, Romantik Lehrbuch Germanistik, Stuttgart, Metzler, 2007, p. 145
[101] G.H. Schubert, Die Symbolik des Traumes, op. cit.,, p.65
[107] G.H. Schubert, Die Symbolik des Traumes, op. cit., p. 40
[109] A.Alt- Andrè, Traum Diskurse der Romantik op. cit., p. 130
[110] H. Steinecke, E.T.A. Hoffmann. Jahrbuch, Berlin, Erich Schimdt Verlag, 2007, Bd. 15, p. 42
[111] Il termine delirieren risale a Schubert e si riferisce agli stati sonnambolici, alle visioni, agli stati di semicoscienza.
[112]F.Fischer, Der Somnambulismus, Basel, Druck und Verlag Schweighausserschen Buchhandlung, 1839, pp.99,100
[113] C. Reil, Rhapsodien über die Anwendung der psychischen Kurmethode auf Geisteszerrüttungen, op. cit., p. 10
[114] In questo caso, il coltello costituisce l’oggetto mediatore, la prova di transito da uno stato all’altro, la testimonianza inequivocabile che dal mondo in cui ci si trovava precedentemente, si è riportato qualcosa. Per una analisi approfondita sul concetto di oggetto mediatore, si veda: L. Legnani, Verità e disordine: il dispositivi dell’oggetto mediatore, in La narrazione fantastica, Pisa, Nistri-Lischi,1983
[115] L. Verati, Sulla storia, teoria e pratica del magnetismo animale, Firenze, presso V. Bellagambi Editore, Vol. I, 1845, pp. 511,512
[116] G. H. Schubert, Ansichten von der Nachtseite der Naturwissenschaft, op. cit., p. 278
[117] G.H. Schubert, Die Symbolik des Traumes, op. cit., pp. 105,109
[118] F. Fischer, Der Smnambulismus, op. cit., pp.111-118
[120] K.P.Moritz, Magazin zue Erfahrungsseelenkunde als ein Lehrbuch für Gelehrte und Ungelehrte, Berlin, bei A. Mylius, 1789, Bd, 7, p. 75
[121] Tiedermann, Handbuch der Psychologie, op. cit., p. 343
[122]F. Fischer, Der Somnambulismus, op. cit., p. 20
[123]C.F. Meier, Versuch einer Erklärung des Nachtwandelns, op. cit., p. 43
[125]K.P.Moritz, Magazin zur Erfahrungsseelenkunde als ein Lehrbuch für Gelehrte und Ungelehrte, op. cit., p.82
[126] G.H. Schubert, Die Symbolik des Traumes, op. cit., p. 107
[128]C.F. Meier, Versuch einer Erklärung des Nachtwandelns, op. cit., p. 53
[129] Cfr. introduzione di C. Magris,In: ETA Hoffmann, Il vaso d’oro e altri racconti, op. cit., p. XIII
[130]F.Fischer,Der Somnambulismus, op. cit., p. 133
[131] H. Locher, Ueber den Schlaf und die Träume, das Nachtwandeln und die Visionen, Zürich, Höhr, 1853, p. 29
[132]F. Fischer, Der Somnambulismus, op. cit., pp. 192-200
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