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Il gatto in noi
di William S. Burroughs
Pubblicato su SITO
Anno
1994-
Adelphi
Prezzo €
6-
108pp.
Una recensione di
Elisa Fraticelli
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Votanti:
9034
Media
79.45%
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Il Gatto in Noi è un piccolo libro che ricorda una raccolta di appunti, pensieri, notizie. Un diario spezzettato senza filo logico che gira intorno alla figura del gatto, alla sua influenza sull’uomo. Pensieri profondi che si spingono oltre il limite della realtà tangibile sfiorando il delirio e concretizzandosi nel sogno.
“La terra dei Morti…Olezzi di scoli fumanti, di gas e plastica che brucia ....chiazze d’olio…montagne russe e ruote panoramiche ricoperte d’erbe selvagge e rampicanti. Non riesco a trovare Ruski. Lo chiamo…< Ruski! Ruski! Ruski!>.
Un senso di profonda tristezza e di presentimento. < Non avrei dovuto portarlo qui!>.
mi sveglio che le lacrime mi corrono giù per la faccia.”
Il Gatto in Noi non nel senso delle peculiarità feline riscontrabili nell’uomo (che sarebbe un po’ banale) ma come la presenza del gatto abbia influenzato l’uomo abituato alla sua vicinanza. Come il gatto sia concepito per essere propenso alla vita accanto all’uomo creando così un ibrido, un rapporto inscindibile, duraturo e unico. L’uomo schiavo del gatto, gli procura il cibo e gli da una casa in cambio di niente.
Personalmente ho riscontrato in questo libro (assemblato dall’editore) più sfumature dell’anima di Burroughs, come se la scrittura procedesse su piani diversi.
Da una parte c’è la cronaca più o meno filtrata dallo scrittore dei fatti che gli succedono, ma non è una cronaca fedele, gli manca la lucidità, non riesce a non contaminarla con elementi fantastici che regalano al tutto un’aria da favola e dimostrano l’impossibilità e l’inutilità di riproporre i fatti così come sono accaduti “Credo che nessuno possa scrivere un’autobiografia del tutto sincera. Sono sicuro che nessuno sopporterebbe di leggerla: Il mio passato è stato un fiume malvagio.”
Dall’altra la parte più bella de “Il Gatto in Noi” è quando arrivano quei pensieri così pieni e assurdi che non si può far altro che chiudere un attimo il libro e rimanere a pensare a cose che non avevamo mai pensato prima.
“Come tutte le creature pure, i gatti sono pratici”, la purezza è l’istinto, l’essenzialità, la precisione. È la forza che spinge il gatto a fare solo il necessario ad essere semplicemente essenza, senza nessuna bugia o inganno. Il gatto non conosce ipocrisia e più di tutti è il gatto bianco ad essere il più sfacciato perché con il suo colore innaturale è palesemente propenso ad essere addomesticato, ha perso ogni traccia di selvatichezza.
Ma non ci sono elogi solo di gatti, c’è una parte incredibilmente intensa dove Burroughs scrive che c’è un elemento magico che corrisponde alla natura, con la distruzione delle foreste c’è una diminuzione di elementi fantastici, siano reali siano fantasie personali suscitate da quel posto, per dar posto solamente al frutto dell’abbrutimento umano, hotel costosi e pacchiani e fast food.
La cosa buffa è che spesso da questi pensieri sensibili e delicati, si passa a qualcosa che definirei sentimentalismi da vecchio pazzo “ Facile immaginare un Gatto Pipistrello, le luccicanti ali nere e coriacee, i piccoli denti aguzzi, gli occhi di un verde acceso. Il suo intero essere irradia una pura dolcezza selvaggia, mentre volteggia tra i boschi notturni con gridi melodiosi, diretto a qualche critica missione. Circonda questa creaturina fiduciosa anche un’aura fatale e triste. Nei secoli è stata abbandonata molte volte, lasciata morire in freddi vicoli urbani, in torridi terrains vagues assolati, tra cocci e terraglie, ortiche, muri crollati. Tante volte ha gridato aiuto invano.”
Nonostante qualche debolezza quello che emerge da questa raccolta è la voglia di ridare al gatto il suo ruolo originario che è quello di compagno psichico, di spiritello domestico che incarna memorie, fatti e personaggi che popolano il passato, reale o immaginario di chi gli vive accanto.
Una recensione di Elisa Fraticelli
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