Credo di averlo già detto, ma spesso le quarte di copertina non rendono giustizia ai libri: a volte sembrano l'effetto di una lettura affrettata e non priva di pregiudizi. Qui Marco Mazzucchelli nella sua raccolta di racconti “Heartjob” ci starebbe offrendo un “ritratto fedele dell'ultima generazione: a tratti sbandata, spesso vuota di valori, ma allo stesso tempo capace di amare”, ecc. ecc. (ci sono motivi che sono talmente conosciuti, che dopo le prime note, si può proseguire da soli).
A parte che essendo nato negli anni ''60, è qualche decennio che mi sorbisco il discorsetto sui giovani che sono diversi dagli anziani e da quelli di mezz'età. E' banale (oltre ad essere stereotipato, perché le differenze personali pesano), ma evidentemente, a detta degli editori, fa ancora vendere libri. Sia come sia, in questo libro c'è parecchio di più di un ritratto generazionale: trovo che siano perfettamente riusciti letterariamente il primo e l'ultimo racconto, “Addormentarsi. Svegliarsi da un'altra parte” e “Una fine, poi una ancora”, anche se autentici pezzi di bravura non mancano qua e là, dove Mazzucchelli scrive di ciò che lo ispira di più, che sono le relazioni tra uomo e donna, le reciproche accuse di esser cambiati, quando in realtà tutto è mutato, il contesto, l'ambiente, la vita. Nel racconto d'apertura c'è un anziano che parla, come per miracolo, con una voce giovane e trascina con sé addii non definitivi su un treno delle Nord, visioni cinematografiche romane (c'è l'ombra di Marcello Mastroianni sullo sfondo) ed un telefonare compulsivo, come quello degli amanti, che hanno tanto da dirsi, o forse no. Nel racconto di chiusura c'è uno scenario del possibile, costruito con abilità attorno ad un giovane e ad una ragazzina che arrivano a Milano Cadorna (ancora le Nord), e c'è una storia intorno a loro che non riesce a dipanarsi, ma invece si attorciglia intorno ai loro corpi, o forse attorno alle loro anime, quando il guardarsi diventa la condizione essenziale per un sentimento, che sia solo per curiosare tra i dischi di un negozio.
In mezzo, ci sono alcuni spunti realmente interessanti, tra un gruppo di ragazzi che vanno ad Amsterdam a Capodanno e naturalmente finiscono nel quartiere a luci rosse, dove le comitive di italiani finiscono sempre, e c'è la possibilità di innamorarsi della ragazza di un altro del gruppo, chi medita sui muli in Polonia, che siano spariti o meno, oppure sul proprio cane Intelligenza Artificiale e le sue passeggiatine igieniche. Diverse sono le storie adolescenziali, c'è anche un Piccolo Zucchero Filato che ama la Bimba Lingua di Menelik, ma non sono storie recenti, o meglio non è detto che siano “solo” recenti, certe caratteristiche sono perfettamente universali e non è necessario frequentare tuttora le medie o le superiori per immedesimarsi.
In questo, dicevo, la quarta di copertina porta fuori strada, nel senso che un ultra-quarantenne non particolarmente interessato ai problemi dei ragazzi di oggi potrebbe, leggendola, astenersi dall'immersione in “Heartjob” (che è poi uno dei racconti della raccolta, innestato su una trama di corse in bicicletta ed ancora una volta di sogni e di preoccupazioni per il futuro, sempre che l'incantesimo, che sembra percorrere le vite di molti personaggi di Mazzucchelli, ce lo conceda davvero, un futuro). E sarebbe un peccato non leggerlo, perché è un libro onesto e di disarmante sincerità (il che non esclude, quando occorre, un abile ricorso all'artificio letterario), che riesce a tenere ad una giusta distanza il realismo ed il sentimentalismo, pur tuffandosi nella realtà e nel sentimento più di una volta, ma con occhi che conoscono l'eterno ritorno delle cose, che l'apparenza non ci mostra.