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Una catena di rose
di Jeffrey Moore
Pubblicato su SITO
Anno
2002-
Marcos y Marcos
Prezzo €
15-
382pp.
ISBN
9788871685885
Una recensione di
Carlo Mocci
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Votanti:
7764
Media
79.76%
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Ho appena finito di leggere «Una catena di rose», di Jeffrey Moore. Potrei prendermi qualche giorno per metabolizzare il romanzo, ma preferisco invece scrivere a caldo, dando importanza più alle impressioni che alle riflessioni a cadavere freddo. Diciamo che non mi è dispiaciuto. In una scala di voti da 1 a 10 beccherebbe una sufficienza piena, forse un "sei più". Nel libro si parla di un giovane, tale Jeremy Davenant, che cerca, tra sotterfugi e affanni di cuore, di dare un senso alla propria vita. Abbandonato dalla compagna, si trasferisce e conosce casualmente Milena, che diventa subito "la donna della sua vita" nonchè un polo spirituale, insieme a Gerard, un anziano ex fidanzato della madre (il padre non lo ha mai conosciuto). Sullo sfondo, la Pagina, ovvero un foglio strappato da un libro quando Jeremy era un ragazzo e donatogli da Gerald come traccia e portafortuna della sua vita. La trama, di fatto, è tutta qui: le trecentottantatrè pagine del romanzo di fatto raccontano i tira e molla del suo rapporto con Milena, il tutto condito da uno stile leggero, ironico, a volte grottesco. Diciamo che se questo stile ironico ecc. si fosse un po' meno accanito nel mostrare il protagonista come un imbranato pieno di dubbi e insicurezze, il risultato finale probabilmente sarebbe stato migliore: si scivola spesso nella caricatura, nel troppo che stroppia. Sorvolo su alcuni vuoti logici del romanzo, per esempio come un professore al primo impiego si possa mantenere con una cattedra universitaria che prevede solo due lezioni a settimana, compreso il periodo nel quale non percepisce più stipendio. Vabbé, dettagli si dirà. Però onestamente, andare oltre il seipiù non si può. Tutttavia è una lettura leggera e piacevole, almeno per la prima metà o i due terzi. Poi però un po' stanca: gli artifici stilistici e le note caricaturali appesantiscono un po' la narrazione, rendendola faticosa.
Una recensione di Carlo Mocci
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