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Mette pioggia
di Gianni Tetti
Pubblicato su SITO
Anno
2014-
Neo Edizioni
Prezzo €
14-
208pp.
ISBN
9788896176238
Una recensione di
Carlo Mocci
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Votanti:
2380
Media
86.15%
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Mette pioggia? Sì, mette pioggia. E' questa frase il filo conduttore del bel romanzo scritto da Gianni Tetti che si intitola, appunto, Mette pioggia (Neo Edizioni, 208 pagg., 14 euro); e più che una constatazione è una speranza, un'attesa che va avanti lungo tutti i sette giorni che compongono il romanzo.
E' la storia, raccontata a più voci, di una torrida settimana di una torrida estate in uno dei luoghi più torridi della Sardegna. Una settimana durante la quale si attende la pioggia come salvezza, ristoro, via di scampo da quello scirocco che ha in sé il Diavolo, e porta la morte. Una settimana che precede l'Apocalisse.
Mentre leggevo questo romanzo pensavo che su di lui avrei scritto un post, e che non sarebbe stato facile parlarne, perché non è un romanzo convenzionale, tradizionale, nella struttura. Poi, all'improvviso, ho capito che la parola che più lo descrive è "mosaico".
Sì, è costruito come un mosaico, però non di quelli da negozio di bricolage: è costruito come un mosaico di quelli seri, antichi, con tanti pezzetti di materia colorata che alla fine compongono il mosaico di Pompei o i disegni di Gaudì. Non voglio essere troppo enfatico: voglio solo dire che questo mosaico narrativo è una cosa di quelle serie, forti, e che per essere apprezzato deve essere guardato da debita distanza e nel suo insieme.
Allora, tornando a questo mosaico narrativo, devo spiegare innanzitutto che i frammenti sono sia spaziali, quindi di materia e luoghi, sia temporali, ovvero la storia si sposta continuamente nel tempo e nello spazio, ma lo fa all'interno dei singoli periodi, costruiti come pensieri. Quindi, in definitiva ogni periodo è un piccolo blocco, che ha come estensione lo spazio, e come profondità il tempo.
Detto questo, di che cosa parla? Parla della vita di varie persone, parla di attese, parla della difficoltà di essere equilibrati, e forse anche del concetto stesso di equilibrio. Ma parla soprattutto di integrazione.
No, non pensate al problema dell'immigrazione: la questione, qui, è molto più sottile e forse anche inquietante. L'integrazione di cui si parla in Mette pioggia è essenzialmente quella del singolo rispetto al suo vicino di casa, al collega di lavoro, alla moglie perfino. E' quell'atto di prendere il proprio sé e tirarlo fuori, mettendolo sinceramente a disposizione di chi vive accanto a noi. Non di una Onlus, no: del vicino col cane rompipalle e aggressivo, o della moglie alcolizzata, o del capo stronzo. Di questo si parla. Di una cosa molto difficile da fare, ancor più se, sullo sfondo, a rendere le cose più complicate c'è il maledetto vento di scirocco che soffia incessante.
Ora, direte, uno scrittore sardo se è sardo non può che parlare del vento, soprattutto naturalmente del vento sardo che è sempre lì, a soffiare da una parte o dall'altra, portando il caldo in inverno e il fresco in estate quando la Natura vorrebbe il contrario, determinando se d'estate riuscirai a dormire oppure no, cantando nelle notti di primavera per farti addormentare o urlandoti nelle orecchie in quelle d'inverno tutta la sua rabbia. Insomma, il vento, così mutevole, sempre presente al punto da modellare non solo l'umore dei sardi, ma anche le rocce e gli alberi, se sei uno scrittore sardo probabilmente nelle tue opere ce lo metti.
Però qui lo scirocco, maledizione, è tutta un'altra cosa. Qui è un vento diabolico, è vivo e ingrassa, se ne frega degli uomini e si diverte a seccare gli occhi e i pensieri, fa e disfa a proprio piacimento. E' quasi un vento da tragedia greca, per intenderci, perché muove vite, mette i bastoni fra le ruote, rompe le palle e determina destini.
Più o meno, io Mette pioggia lo vedo così. Sì è vero, credo di essere stato un po' confuso, ma spero almeno di avere risvegliato una curiosità sufficiente ad approvvigionarvene e a leggerlo prima possibile.
Voglio solo aggiungere che Gianni Tetti è sassarese. Questo a molti dirà poco, ma per chi conosce la ironia tagliente e a volte amara di quella gente è una garanzia in più. E ora, giuro, ho davvero finito.
Gianni Tetti, specializzato in tecniche di narrazione per cinema e tv, ha scritto e diretto il documentario Un passo dopo l’altro, ed è sceneggiatore del lungometraggio SaGràscia (regia di Bonifacio Angius). Suoi racconti sono stati pubblicati su Frigidaire, Il Male, Atti Impuri, Prospektiva e in diverse antologie, tra cui E morirono tutti felici e contenti (Neo Edizioni, 2008). Sempre per Neo Edizioni, nel 2010, ha pubblicato il libro I cani là fuori.
Una recensione di Carlo Mocci
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