|
|
|
|
|
VOTA QUESTO TESTO
|
|
Votanti:
5609
Media
79.89%
|
|
«Mamma… Mamma ci sei?…» La cucina è in ordine e nessun rumore turba la pacifica quiete della casa, addormentata nel pomeriggio estivo. Le cicale con il loro instancabile frinire accompagnano l’operoso ronzare delle api. La tenda sospesa sulla porta aperta, ondeggia lievemente ad ogni piccolo e raro sospiro di vento. In lontananza il riflesso della “fata Morgana” riempie di fatui bagliori il paesaggio uniforme e monotonamente sonnacchioso di quella dolce campagna. Da un lato della strada bianca e accecante, macchie sanguigne di papaveri risaltano sulle gialle messi di grano, mentre dall’altro lato il verde brillante dei trifogli ed i piccoli bocci viola dell’erba medica chiazzano dei loro vividi colori la tavolozza della natura. Nemmeno una nuvola vaga in quell’immenso cielo così turchese e così vicino da sentirne il respiro. L’uomo sale di corsa la rampa di scale che conduce al piano superiore. Quasi accarezzandola, bussa alla porta della camera da letto. Non riceve risposta. Poggia la mano sulla maniglia e con timore, trattenendo il fiato, fa una piccola fessura. Un familiare e dimenticato aroma di violette l’avvolge: è l’odore di sua madre. Il sapore di lei, la sua essenza. Il dolce profumo che sentiva quando da bambino stretto ai seni di lei pieni e sodi ritrovava la forza per vincere le sue paure e che espandendosi odoroso nel calore di quell’intimità fugava i suoi dubbi sul futuro. Oppure quando, insonnolito, lo percepiva rannicchiato tra le sue braccia che lo stringevano e lo cullavano con amore. O quando, ormai uomo, lo avvertiva sospeso nell’aria che la circondava mentre la osservava seduta fuori dalla porta, sotto il glicine fiorito con gli occhi distanti, persi in un punto indeterminato dell’infinito. Ella era così assorta ad osservare un tempo lontano o forse intenta a rincorrere un sogno sfiorito che non si accorgeva di lui. Solo quando una lacrima furtiva ed inopportuna scorreva veloce lasciando un solco umido sulla rugosa guancia, lei si riscuoteva e, rapida, con la mano tremante, la cancellava, nel timore di essere sorpresa in quel momento di debolezza. Apre del tutto la porta, le tendine alle finestre si gonfiano leggermente, la stanza è immersa in un ovattato, quasi irreale silenzio. Il grande letto è rifatto e il suo stesso volto giovane ed emozionato nel giorno della laurea, gli sorride dalla fotografia sul vecchio comò. «Mamma?». È più un sussurro che gli esce con spontaneità dalle labbra che un richiamo. Anche la stanza da letto, come il resto della casa è vuota… È quasi disperato mentre richiude la porta alle sue spalle. In quella penombra ritrovata del corridoio si accorge di una piccola lama di luce che filtra dall’alto, dalla porta accostata della soffitta. Con il cuore che pulsa veloce per l’emozione sale a piccoli balzi i gradini che lo separano dall’amata figura. Lei non si accorge della sua presenza, è china a rimestare in un vecchio baule. Il lucernario lascia filtrare, nel buio soffuso, una timida spera di sole. Nella sua scia danzano impercettibili corpuscoli di polvere, entità impalpabili che giocano a rincorrersi e fanno l’altalena sui piccoli raggi di minuscoli arcobaleni. Improvvisamente ella si alza e si accosta al corpo esile e delicato un vestito che suo figlio non ricorda di averle mai visto indosso. È una veste bianca, con dei piccoli mazzi di delicati fiori sfumati di giallo ed arancio, gli stessi colori di quei meravigliosi tramonti che lui spesso ha atteso, seduto sui pali della recinzione dei campi o sdraiato tra i fili d’erba con il vento che gli carezzava il giovane corpo sudato. L’uomo trattiene il fiato, mentre la donna avvicinandosi ad un lungo specchio, macchiato dagli anni e coperto di polvere, è illuminata da un discolo raggio di sole. Lilli, la vecchia gatta di casa, gli si avvicina e facendo rumorose fusa di gioia, struscia alternativamente il musino umido e la coda contro le sue gambe. L’uomo sorride avanzando verso quella cara figura: «Mamma, finalmente!» esclama, mentre i suoi occhi si illuminano di gioia e le braccia si tendono per stringere quel corpo stanco e adorato. La donna si gira, nel volto dolce, un’espressione distesa e appagata, gli occhi luminosi come gocce di stelle. Una folata di vento. Un sospiro… Grosse ragnatele pendono tristemente indifferenti dal soffito e la polvere accumulatasi negli anni, implacabile, ha coperto i contorni di ogni cosa, appropriandosene. Tutto è ammantato da un bianco velo, un pietoso sudario che avvolge anche i ricordi che come fantasmi si aggirano disperati sulle travi sconnesse. L’addetto dell’agenzia immobiliare è rimasto silenzioso ed in disparte, notando il commosso turbamento dell’uomo, poi con discrezione si avvicina e gli mette una mano sulla spalla. Si schiarisce la voce: «Ecco deve firmare qui. Questo è il documento per il mandato di vendita della sua vecchia casa di campagna…»
©
Cinzia Baldini
|
|
|
|
|