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Vlad III di Valacchia: la storia del principe impalatore
di Davide Cariola
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Vlad III di Valacchia: la storia del principe impalatore

Non è chiaro sino a che punto si sia spinta la realtà dei fatti e fin dove sia arrivata l’immaginazione e l’invenzione di coloro i quali hanno dato vita al mito di Dracula e a tutto ciò che ne consegue. Sta di fatto che, vere o false che siano le ipotesi di studiosi e appassionati, il Principe Vlad III ha una storia comprovata che lo lega almeno indicativamente ad alcune delle voci che circolano sul suo conto.

Vlad III nacque nel 1431 in Sighisoara, un borgo medievale della Transilvania, figlio secondogenito di Vlad II Principe di Valacchia e, si ipotizza, della principessa ungherese Cneajna di Moldavia. Nello stesso anno, il padre Vlad II fu insignito del titolo di Cavaliere del Drago. Dopo l’investitura, Vlad II aggiunse il nome Dracul, dal latino Draco, a quello del casato dei Basarab al quale apparteneva. Il genitivo slavo “lea” si aggiunse al nome del figlio, che divenne Vlad III Draculea, abbreviato Dracula. Il nome di Dracula assunse un significato ambivalente durante gli anni del suo secondo regno. Infatti, se in latino draco significa drago, in romeno drac significa diavolo, ed è necessario sottolineare che la condotta del Voivoda sarà più degna di quest’ultima variante filologica.

L’Ordine dei Cavalieri del Drago fu fondato nel 1418 dall’Imperatore Sigismondo con lo scopo di difendere la popolazione cristiana dalle eresie e, in particolare, per fermare l’avanzata dei Turchi. A farvi parte erano principi che avevano dato prova di grande valore, soprattutto nella difesa dei confini dei loro territori e dalla minaccia islamica. L’emblema dell’Ordine era un ciondolo raffigurante un drago morto, a simboleggiare la vittoria della cristianità sul demone dell’eresia; tale simbolo veniva portato appeso al collo dai cavalieri che avevano avuto il privilegio di entrare a far parte di questa élite. La divisa prevedeva un mantello rosso sopra l’armatura e una piccola cappa verde sopra questo, a significare le viscere insanguinate del Drago che fuoriuscivano dalla pelle trafitta dalle armi cristiane. Da questo momento iniziò così ad essere chiamato Vlad Dracul (Vlad il Diavolo) invece di Vlad Dragonul (Vlad il Drago) e risiede forse in questi due possibili interpretazioni, una delle ragioni della confusione tra "diavolo" e "vampiro" che, in alcune lingue, ha portato ad associare Dracula a un vampiro.

Per comprendere le vicende relative a Vlad III in maniera più chiara, occorre approfondire brevemente la figura del padre, Vlad II. Abilissimo sul campo di battaglia, egli riuscì a conservare la libertà e l’indipendenza religiosa all’interno del principato di Valacchia, grazie ad una politica di voltafaccia e doppi giochi, diventando alternativamente vassallo sia dei Turchi che dell’Impero. Nel 1437 si trovò in una situazione di difficoltà: era morto l’imperatore Sigismondo, suo leale protettore, ed era minacciato dagli Hunyadi e dagli Asburgo. Il Voivoda cominciò quindi a considerare conveniente l’appoggio militare del sultano Murad. Tradì l’Ordine del Drago e guidò i Turchi nella loro avanzata oltre il Danubio. Le popolazioni della Valacchia e della Transilvania preferirono arrendersi davanti al loro sovrano traditore piuttosto che finire prigionieri degli Ottomani, e gli offrirono tesori e terre. Il Sultano, accortosi della doppiezza del Principe, lo invitò ad Adrianopoli a trattare e, consapevole dell’inclemenza dei Turchi, Dracul portò con sé i due figli Vlad e Radu per offrirli come ostaggi, allo scopo di aver salva la vita.

Durante la prigionia Vlad III ebbe modo di conoscere le tecniche che i Turchi usavano per infliggere supplizi ai prigionieri e ai condannati. In particolare rimase molto impressionato dalle pratiche di impalamento e, durante il suo secondo regno, le inflisse ad un numero talmente alto di condannati che si guadagnò il soprannome di Tepes (in romeno significa Impalatore).

Nel 1447, nella fortezza dell’Anatolia, dov’erano segregati i due valacchi, giunse la notizia dell’uccisione di Vlad II Dracul da parte di alcuni uomini armati, i Boiardi, mentre valicava un passo nelle alpi transilvane. Dracula decise di fuggire e giunse in Valacchia per rivendicare i suoi diritti di successione al trono paterno. Radu non lo seguì perché profondamente legato a Maometto II, divenuto sultano in seguito alla morte di Murad II. Intanto gli Hunyadi avevano messo sul trono valacco un principe della famiglia dei Danesti, Vladislao II. Vlad III aspettò che Vladislao partisse per una crociata oltre Danubio con Janos Hunyadi e, con un colpo di mano, si riprese il trono nel 1448. Il suo regno ebbe vita breve perché Vladislao e Hunyadi tornarono dopo pochi mesi dalla crociata e lo detronizzarono. Vlad si trovò costretto a chiedere ospitalità in Moldavia presso lo zio Bogdan, che allora era sovrano, e il cugino Stefano.

Tre anni dopo il trono di Moldavia fu usurpato da un avventuriero di nome Petru Aron. Stefano e Vlad fuggirono, e quest’ultimo decise di affidarsi alla protezione degli Hunyadi. Infatti Janos pensava di liberarsi dei Danesti e, a rigor di logica, Dracula era il successore più indicato al trono di Valacchia.
Janos Hunyadi istruì Vlad nell’arte della guerra facendolo partecipare a crociate e campagne militari contro i principi rivali, in particolare gli Asburgo, e, mentre le sue doti di guerriero si affinavano, Dracula preparava il suo ritorno come Voivoda di Valacchia.

Nel 1456, dopo una lunga e paziente attesa, Dracula si rimpossessò del trono di Valacchia, grazie ad un rescritto imperiale. Provvide subito all’eliminazione dell’usurpatore Vladislao Danesti e ad una rappresaglia contro tutti coloro che lo avevano appoggiato. In un secondo tempo attuò la sua vendetta contro i Boiardi, responsabili dell’uccisione del padre, e li costrinse a lavorare come schiavi per la costruzione del suo nuovo castello sul fiume Arges.

Il suo regno durò fino al 1462, ed è in questo periodo che cominciarono a fiorire le narrazioni relative alle crudeltà commesse dal Voivoda, racconti che sono giunti fino ai giorni nostri grazie alla trascrizione di ballate e aneddoti riferiti dai pochi fortunati che riuscivano a fuggire dalle città prese di mira da Vlad III.

La posizione del Voivoda era però assai difficile sia per l’ostilità dei nobili e dei mercanti Sassoni, legati alla famiglia rivale dei Danesti, sia per la continua pressione dei Turchi, i quali dopo la conquista di Costantinopoli erano ancor più determinati ad avanzare in direzione dell’Europa; forzato dalla necessità di trovare un alleato potente per fronteggiare la minaccia, Dracula fu costretto a legarsi con il Re d’Ungheria Mattia Corvino.

Contro i nemici interni procedette in modo spietato, impalandone in gran numero. Contemporaneamente cercò di guadagnarsi il consenso popolare avviando una politica protezionistica a favore dell’artigianato e del commercio, e favorendo l’ascesa sociale di coloro che si guadagnavano la sua fiducia col valore militare e l’operosità. L’esercito fu potenziato al massimo. Vlad curò personalmente la preparazione dei soldati e tenne testa agli Ottomani con numerose vittorie, le quali incrementarono la sua fama anche fra le schiere nemiche e alimentarono l’ira del nuovo sultano Maometto II. Il cronista turco Ibn Kemal descrisse lo spettacolo agghiacciante che si presentò nel giugno 1462 agli occhi di Maometto II, il quale a Tirgoviste si trovò di fronte una foresta di pali sui quali erano infilzati i soldati di un intero distaccamento.

Nonostante i successi militari gli avversari politici continuavano a tramare contro di lui, e nel novembre 1462 fecero pervenire a Mattia Corvino tre lettere a lui attribuite da cui risultava la sua intenzione di venire a patti coi Turchi. Mattia Corvino le considerò autentiche e fece arrestare il Voivoda confinandolo nel castello di Visegard, dove rimase fino al 1466. Uno degli scritti incriminati di Vlad III, insieme a una lettera di accompagnamento di Mattia Corvino, fu recapitato a Pio II. Il Papa lo riportò nei suoi Commentarii, contribuendo a distorcere l’immagine del Principe anche in Occidente. Infatti, nel suo testo, il Pontefice descrisse Vlad in maniera decisamente ambigua: ne parlò con orrore, ma al tempo stesso con meraviglia, quasi ammirazione, probabilmente in virtù del suo profondo impegno contro gli infedeli ottomani, comandati da Maometto II. Affascinato dal lato poliglotta, colto e intraprendente del conte valacco, Pio II valutò la possibilità di usare la potenza distruttiva di Dracula per piegare i Turchi, ma la distanza morale tra i due era abissale e Papa Piccolomini preferì accordarsi con Matteo Corvino d’Ungheria per controllare l’esplosiva situazione. 

Con il passare degli anni, la necessità di una nuova crociata contro i Turchi, promossa da papa Sisto IV e condivisa da Mattia Corvino, fece in modo che Dracula potesse essere liberato per riprendere la sua lotta contro gli ottomani. In seguito, come ricompensa per le vittorie ottenute, Vlad venne ufficialmente riconosciuto come legittimo pretendente al trono valacco occupato da Basarab III, che non era intenzionato a cedere il potere e decise di passare allo schieramento nemico.

L'esercito di Dracula conquistò la capitale Tirgoviste, ma Basarab si rifugiò nella più sicura Bucarest. Dracula, appostato fuori Bucureşti, si fece eleggere da tutti i boiari valacchi presenti nuovo Voivoda di Valacchia. L'esercito valacco entrò a Bucarest, ma Basarab III riuscì a scappare in Turchia.  A quel punto Vlad Dracula venne ufficialmente nominato principe di Valacchia dal Consiglio di Stato e consacrato dal metropolita di Curtea de Arges.

Basarab III arrivò a Bucarest a capo di un contingente militare turco. Durante la battaglia contro il nemico, Dracula morì assassinato probabilmente dallo stesso Basarab III Laiota il quale ne inviò la testa al sultano turco presso la corte di Costantinopoli.

Per quanto concerne il luogo di sepoltura, la maggior parte degli esperti ritiene che si tratti del monastero di Comana, situato in Romania. Tuttavia, all’interno del monastero di Snagov, nelle vicinanze di Bucarest, una serie di scavi realizzati tra il 1932 e il 1933 dagli studiosi Rosetti e Florescu, ha portato alla scoperta di due tombe di notevole interesse: se la prima, totalmente vuota, ha rivelato solo qualche resto animale, all’interno della seconda è stata trovata una bara rivestita con un tessuto color porpora dalle cuciture dorate. Il cadavere fu riconosciuto come di sesso maschile, vestito con un abito di velluto color porpora, di taglio occidentale, chiuso con grossi bottoni di filo d'argento dorato. Il volto era coperto da un drappo di seta e, da una manica, pendeva un anello femminile. Un diadema d'oro da torneo, decorato con piccole sfere di ceramica alternante a gancetti d'oro che trattenevano un turchese, era posato vicino alle mani. Insieme ad esso fu rinvenuto anche un anello con un turchese incastonato; sul turchese era scolpita una creatura, somigliante a un drago. Purtroppo, a contatto con l'aria il corpo si decompose in pochi istanti, prima che gli archeologi potessero osservare il volto e immortalarlo in una foto.

Rosetti e il suo collega Florescu erano certi che il corpo da loro scoperto fosse quello di Vlad l'Impalatore, anche se il fatto che il cadavere avesse ancora la testa poneva un problema: infatti quest’ultima era stata tagliata e portata a Costantinopoli. Alcuni pensarono si trattasse di Vlad II Dracul, padre dell'Impalatore, e a supportare tali ipotesi fornirono la presenza dell'anello con il drago simbolo dell'Ordine del Drago di cui Vlad II faceva parte.

A gettare ulteriore mistero è stata la rivelazione di uno dei monaci del monastero: egli ha affermato che la tomba vuota sarebbe proprio quella di Vlad III e che Rosetti e Florescu avrebbero mentito quando dissero che nella tomba furono trovate solo ossa di animali. La vicenda non è ancora stata chiarita e forse, considerando gli enigmi che circondano il nome di Dracula, non lo sarà mai.

A cura di Davide Cariola



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