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Non ci sarà tramonto
di Doriana De vecchi
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Silenzio. Nel silenzio di questa sera, dopo settant'anni, ancora ti scrivo perché non c'è silenzio in me né morte per i miei pensieri. Nel silenzio il tuo respiro roco e stanco è ancora una vela di seta che mi sfiora. Il tuo respiro invecchiato come la mia pelle trattiene ancora indomito, tra i flutti della tempesta degli anni che avanzano, la mia attenzione, la mia passione. I miei occhi a mandorla, celati dietro il fondo spesso di questi occhiali, ritrovano ogni giorno la casa nei tuoi e ascoltano il tuo respiro mentre la tua seta mi avvolge. Istanti di tranquillità. Questà età che avanza mi toglie il respiro mentre il tuo lo conservo e sopravvive nei giorni. Ricordo la tua voce, il primo giorno che ti ho incontrato: era come un intarsio di ebanista; si inarcava come una schiena di donna, elegante e seducente. Mi avvolgeva come un abbraccio caldo. Raffinata come un disegno nel cuore tenero e filamentoso del legno. La tua voce è un disegno che si conserva nel tempo. La tua voce è un disegno scolpito nella mia memoria. Porto le scarpe con il tacco di vernice rossa che indossavo il giorno che mi hai chiesto di sposarti… le indosso pur non potendovi più camminare per il reuma che mi accompagna. Il mio bisbiglio diventa un urlo regalato alle viscere del tempo. Sei la poesia che è ancora nell'inchiostro della mia penna. Sei la poesia che ho letto per anni e che ogni giorno mi ha fatto commuovere. Sei la poesia di una mano che trema prima di sfiorarmi. Sei la poesia che riposa nel letto, tra i miei piedi che ancora vorrebbero cercarti ma a stento si adagiano sotto le coperte. Sei una poesia che non si arresta. Sei un bicchiere che ho vissuto e riempito ogni giorno, di cui ancora ne berrei. La fine chiede permesso tra la folla di parole e di sguardi e di attimi e di momenti rubati e pensieri ingialliti nel tempo. La fine arranca, prepotente, rendendo impervio questo cammino e ancora non ci raggiunge ed io ti ringrazio per questo. Lasciamola lì, a pettinare le bambole, tra i vuoti a rendere ed i giorni mediocri. Lasciamola lì, a sbraitare come un barbone ubriaco tra l’immondizia dei giorni qualunque. Lasciamola lì… come una zingara beffarda che chiede l’elemosina o un tozzo di pane. Lasciamola per strada a mendicare un passaggio. E non facciamola avanzare. Sì, e allora sarai poesia, mentre una voce rauca ancora mi addormenta cantandomi una canzone. Siamo invecchiati ed i nostri occhi scolpiti dagli anni si guardano ancora, con ammirazione e desiderio, mentre le nostre labbra, rugose ma ancora carnose, si uniscono in un abbraccio senza saliva e senza respiro. Guardiamo gli innamorati passare nei viali di un parco e ci teniamo, stretti, tra i bastoni che ci sorreggono, nelle mani che tremano, nello sguardo fiero che continuiamo a regalarci sotto queste due bottiglie che chiamiamo occhiali. Mi abbandono ogni sera sul tuo petto ormai scarno e canuto mentre le tue braccia con debolezza mi stringono; appoggio la mia guancia ormai floscia e mi addormento ogni sera ascoltando il lento scorrere del tuo cuore affaticato dagli anni eppure ancora emozionato. Scivola la mia mano tra i tuoi capelli ormai radi e disegno con le dita scheletriche il contorno del tuo viso eppure i miei occhi sono ancora colmi di emozione. Ci addormenteremo e ci sveglieremo ancora, in lenzuola meno stropicciate del solito, tenendo il riscaldamento acceso solo per poco, perché il nostro calore non verrà mai meno. Le immagini di noi, anni trenta, ora scorrono sul nostro schermo al plasma.

. . .

Ancora sorrido… nel silenzio di questa sera, nel silenzio di te in questo letto eterno, e questo vuoto lo colmerò con il ricordo della tua voce roca che ancora mi sussurra quell'accenno di canzone, ricordandomi che la primavera è sempre alle porte, anche quando i fiori appassiscono ed iniziano a perdere i petali. Vecchia, con gli occhi lucidi per la tua mancanza, aspetterò l'alba, e sarà come se fosse la prima volta.

Il tramonto colora di rosso l'orizzonte eppure, come il mare non si distingue dal cielo, ancora non si definiscono i nostri contorni, i nostri confini. Come il sole ti abbraccio e scivolo nel tuo silenzio che rispecchia ancora i tuoi gesti ed i tuoi pensieri. I miei raggi si incastrano tra i tuoi flutti freddi come il profondo dell'oceano, ed il tuo viso, come uno spruzzo vivace, ancora rinfresca lentamente il mio desiderio. Come sole e mare al tramonto noi siamo. Mi nascondo, nelle pieghe del tuo tempo, e tu mi cercherai tra le tue onde scure come la pece per darmi vita un altro giorno ancora, semplicemente abbracciandomi tra le tue acque al mio risveglio. Come sole e mare. Come terra e cielo. Non c'è confine al tramonto. Né tramonto ci sarà per noi.

© Doriana De vecchi



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(1) La distanza che ci divide di Emanuele Serra - RECENSIONE
(2) Carne da macello di Doriana De vecchi - RACCONTO
(3) Non ci sarà tramonto di Doriana De vecchi - RACCONTO



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