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Compleanno
Lucia compiva, quel giorno, quarantacinque anni.
Fino a quando era stata in vita, la madre era stata l’unica a non farle mancare mai gli auguri. La chiamava la mattina presto di ogni 13 ottobre e, negli ultimi anni, oltre a rinnovarle la formula di rito, per confermarle che quel 13 ottobre del ’61 era stato il più bel giorno della sua vita, le ripeteva immancabilmente il racconto della sequenza precisa dei momenti che avevano preceduto e seguito la sua nascita. Sempre con immutata emozione.
Sua madre era morta in primavera e il telefono né quella mattina, né dopo aveva squillato.
Quella sera Lucia aveva capito quanto potesse mancarle quel momento di intimità con la madre, anche se ricordava di averlo sempre vissuto, al momento, con quel leggero senso di insofferenza con cui si accolgono le premure degli altri quando queste si credono niente più che formali.
Ora che se ne stava, sola, a riflettere sui suoi quarantacinque anni e su quelle parole, per la prima volta s’era resa conto che quegli auguri non rappresentavano soltanto un semplice rito, ma la speranza della madre che il futuro per Lucia potesse essere migliore del presente.
Glielo ripeteva sempre: “Ragazza mia, vedrai che tutto s’aggiusta!”.
Ma che cosa si sarebbe dovuto aggiustare!? Alla sua eta’ ormai i giochi erano fatti.
Di questo Lucia era convinta e rassegnata mentre, con in mano un bicchiere di vino rosso e una sigaretta nell’altra, se ne stava, in pigiama, buttata sul divano di casa.
Di fronte a lei la televisione accesa su un telegiornale che non la interessava.
Non era bella, Lucia. Non brutta, questo no, ma i suoi lineamenti si erano appesantiti e segnati con gli anni. Il trucco leggero che le bastava da giovane per stare dalla parte delle “carucce”, ora non faceva piu’ l’effetto desiderato. Quando l’aveva scoperto si era demoralizzata e invece di intensificare gli accorgimenti, si era lasciata andare in preda allo sconforto. Non faceva più molto caso alla linea e alla moda. Ora tendeva a vestirsi “casual”, così diceva, per mascherare l’assoluta assenza di capi firmati nel suo guardaroba.
Un sorriso triste le aveva increspato, per un attimo, il viso quando le erano tornati in mente ancora una volta i racconti della madre: sapeva perfettamente che la povera donna con quel suo reiterare la gioia provata nel metterla al mondo aveva anche il malcelato e ingenuo obiettivo di indurla a decidersi “una buona volta a metter su famiglia”, unico modo, secondo lei, di condurre una vita “come si deve”.
Ma Lucia non ne aveva mai voluto sapere di legarsi stabilmente a qualcun altro dopo Lorenzo.
Ah, si! Quanto l’aveva amato Lorenzo!
S’erano conosciuti sui banchi di scuola. Per lei era stato amore a prima vista.
Il giorno in cui lui le aveva chiesto se potevano studiare insieme, lei si era sentita mancare.
Lui era il più bello di tutti e a Lucia non era parso vero che avesse scelto proprio lei tra tutte quelle, ed erano tante, che gli facevano gli occhi dolci.
Erano stati quattro anni di sogno. Sempre insieme anche all’università.
Poi un giorno Lucia aveva scoperto di essere incinta.
Era certa che anche lui ne sarebbe stato felice, ma dovette accorgersi subito che non era per niente così: “Mica lo vorrai tenere?”
Al che Lucia quasi piangendo: ”Non c’ho ancora riflettuto”.
“Oh, non fare scherzi, cerca di provvedere subito, eh!”.
Si sarebbe aspettata dell’altro da parte di Lorenzo: almeno un abbraccio e un bacio. Dovette, invece, subire soltanto quell’ intimazione.
Abortì, ma non lo volle più rivedere.
Da quel giorno e per cinque anni Lucia si era dedicata esclusivamente allo studio, poi pian piano, dopo la laurea in medicina e le prime esperienze in ospedale, aveva iniziato ad accettare gli inviti di colleghi e colleghe e a riprendere una vita “normale”, come la definiva la madre.
Ma non si era più voluta innamorare e quando qualcuno con cui si vedeva aveva tentato di stabilizzare la relazione, lei aveva fatto chiaramente intendere di non averne nessuna voglia.
Ora aveva compiuto quarantacinque anni ed era sola e triste.
Al suono del campanello, Lucia si tira su stancamente, con ancora in mano bicchiere e sigaretta.
A qualche passo dalla porta grida:”Chi e’?”
“La pizza!”
Apre la porta al ragazzo che le stava consegnando la pizza ordinata in fretta tornando a casa dal suo turno di guardia all’ospedale.
“Entra!” fa lei, scostandosi un po’ per far passare il ragazzo.
“Dove la poso?” risponde quello con fare frettoloso.
“Mettila pure in cucina”.
Lucia gliela indica e poi lo segue.
“Avrà ventidue o ventitre anni” pensa Lucia “Giusto l’età che avrebbe avuto oggi mio figlio. Chissa’ se sarebbe stato bello come questo”.
“Posso offrirti un bicchiere di vino? Oggi è il mio compleanno. Brinda con me!”
“Ho fretta, signo’ e poi non bevo”
“Allora fammi almeno gli auguri”
“Tanti auguri, signo’”
Lucia gli si avvicina e gli accenna una carezza.
Il ragazzo, fraintendendo il gesto, si scosta con fastidio e scappa letteralmente, sbattendo la porta dietro di sé.
Lucia torna a sedersi sul divano, accende un’altra sigaretta, si riempe ancora una volta il bicchiere e chiude gli occhi abbandonandosi sullo schienale.
Mentre il telegiornale continua a parlare dei danni provocati dal maltempo e la pizza si raffredda in cucina.
©
Alessandro Berardelli
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