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Molto forte, incredibilmente vicino
di Jonathan Safran Foer
Pubblicato su SITO
Anno
2005-
Guanda
Prezzo €
10-
351pp.
ISBN
9788882469412
Una recensione
di
Michela Gregoris
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Votanti:
6458 Media
79.96%
Bello, il più bel libro che abbia letto negli ultimi non so quanti anni. Ma di gran lunga. Tutto è iniziato quando mi sono ritrovata seduta sulla poltroncina della libreria, assolutamente rapita, ipnotizzata, con le pupille incollate alle parole, e anche alle foto inserite in questo libro, l'ultimo nonché - udite udite - secondo romanzo di questo giovane scrittore statunitense (classe 1977!). Be', a mio parere, è magnifico. Non so nemmeno cosa dirvi, se non "leggetelo!". E so di non essere l'unica ad esserne rimasta affascinata. L'ambientazione è una New York post 11 settembre. Ma anche una New York pre 11 settembre. Sì, anche una New York dell'11 settembre... alle ore 8.52, alle ore 9.12, alle ore 9.31, alle ore 9.46 e alle ore 10.04. Ma è anche una New York anni '60. E una Dresda della Seconda guerra mondiale. Più piani, passato e presente che si intrecciano: il presente di un bambino, un bambino davvero formidabile. È un affondo di coltello nel cuore assistere prima al dolcissimo e direi geniale rapporto tra padre e figlio nelle prime pagine, per poi vedercelo portare via da sotto gli occhi... sì pure a noi che stiamo leggendo... quanti rapporti sono stati distrutti così dalle guerre nei secoli? Qua ne vediamo uno. A dire il vero ne vediamo più d'uno, perché si sa, la storia si ripete, anche nella stessa famiglia la storia si ripete, e non serve andare ad un passato molto lontano per trovare altri rapporti spezzati, bombardati. E rapporti nuovi che non si possono costruire a causa di bombe invisibili. Foer ce le racconta attraverso lettere scritte e mai spedite, lettere mai scritte, parole mai scritte in una macchina da scrivere senza carta, attraverso il diario di un uomo che non parla più, perché non può, e alle persone che incontra si rivolge tramite un quadernetto, dove scrive le frasi che la sua voce ormai rotta, proprio rotta nel senso che non si può più aggiustare, non riesce a pronunciare. E a volte alla fine della giornata il quaderno non basta, e per dire tutto quello che vorrebbe non ha abbastanza spazio e abbastanza tempo, mai. Ma la storia principale rimane quella del bambino, che noi lettori, dopo la perdita improvvisa del padre a causa dell'attacco alle Torri, seguiamo in una ricerca per tutta la città di New York, una ricerca che dura mesi, che sembra far parte di quei giochi, quegli enigmi che il papà lo spingeva a risolvere... un grande indovinello, questo, un indovinello amplificato all'ennesima potenza. Tutto per riuscire in qualche modo a rispondere alle domande che continua a porsi il ragazzino: dov'è mio papà, la bara seppellita è vuota, com'è morto in realtà, era salito sul tetto? era rimasto sotto? o forse si era buttato? e dove porta, cosa apre quella chiave che ho trovato nello sgabuzzino? Sì lo so, è una storia molto triste, toccante davvero, a volte quel ragazzino dice delle cose... E non è per niente un libro scontato, niente sentimentalismi facili, in certi punti fa pure tanto ridere...
... anche se le scarpe rimangono pesanti, pesantissime.
Una recensione di Michela Gregoris
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