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I ragazzi del massacro
di Giorgio Scerbanenco
Pubblicato su SITO
Anno
1999-
Garzanti
Prezzo €
8-
231pp.
ISBN
2147483647
Una recensione di
Heiko H. Caimi
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Votanti:
8204
Media
78.69%
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Il romanzo si apre con una morte, quella della signorina Matilde Crescenzaghi fu Michele e Ada Pirelli, nubile, insegnante ad una scuola serale, in una classe mista di ragazzi dai tredici ai vent’anni, la maggior parte dei quali provenienti da riformatori, o con padri alcolizzati e madri di malaffare. Non una morte per caso: un vero massacro, semmai. Ma si può massacrare una sola persona? La risposta è affermativa, e la scena ce lo dimostra. Umiliata, seviziata, stuprata, la giovane Matilde muore in seguito alla violenza perpetrata. La scena del crimine è l’aula nella quale insegnava. I colpevoli li conosciamo fin da subito: gli undici allievi della maestrina. Le indagini toccano a Duca Lamberti, ex medico radiato dall’albo a causa di un’eutanasia e poliziotto-filosofo alla ricerca delle ragioni di una morte. Ad affiancarlo, come negli altri romanzi neri di Scerbanenco, il fido Mascaranti, l’immancabile Livia, compagna e amica, e Càrrua, il suo superiore. Ma i colpevoli negano le proprie responsabilità: tutti a dire non sono stato io, io non ho fatto niente, non ho visto, non ho voluto vedere, non so chi degli altri sia stato. E, dietro i colpevoli, l’ombra di un possibile mandante, di un organizzatore segreto, di un istigatore che ha agito dall’ombra. Un gioco perverso di vendetta e paura. Forse. E forse questo sospetto di Duca Lamberti è destinato a rimanere tale. Ma Duca non si dà per vinto. Nonostante un’altra morte venga a funestare la sua famiglia. Nonostante le difficoltà dell’indagine. Che è condotta da un uomo, prima ancora di un poliziotto. E che lo porterà a confrontarsi con un’umanità al limite. Perché “i genitori hanno sempre un po’ di colpa se i figli sono dei criminali. Praticamente ne hanno un po’ meno, perché un uomo diviene criminale anche per colpa dell’ambiente, non lo è soltanto per costituzione ereditaria. Ma una cosa è certa: non esiste assolutamente il caso in cui il padre o la madre o tutti e due insieme non abbiano nessuna colpa di come cresce il figlio”.
L’indagine sarà complicata anche dal fatto che “in un interrogatorio, quello che perde regolarmente è l’interrogante, perché –a meno che non si adoperi la forza fisica- l’interrogato cammina placido sulle bugie e le invenzioni e la legge non può fargli nulla”.
Scerbanenco ci narra questa storia cupissima di vite al margine, verrebbe da dire di “ragazzi di vita” di pasoliniana memoria, o di “ragazzi fuori” di più recente reminiscenza cinematografica, con uno stile agile, quasi colloquiale, immediato e d’impatto. Ci racconta una vicenda scabrosa, morbosa ma sempre con pudore, alludendo piuttosto che descrivere dettagliatamente, sottintendendo piuttosto che porre il lettore di fronte ad immagini nitide e sconvolgenti. E, del resto, ciò che ci porta ad immaginare è sicuramente più efficace di qualsiasi descrizione esplicita.
Una visione pessimistica, quella dell’autore, con poche speranze di redenzione e quasi nessuna di riscatto. A parte quella del suo protagonista, che si interroga pur senza risposte sul proprio desiderio di uccidere.
Gli interrogativi rimangono, e una risposta ognuno di noi la può trovare soltanto dentro se stesso.
Uno dei romanzi più feroci di Scerbanenco, una perla rara nell’ambito della narrativa poliziesca italiana. Da leggere e da non dimenticare.
Una recensione di Heiko H. Caimi
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