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Il tempo sospeso
di Katia Amadio
Pubblicato su PB14
Anno
2003-
EDIZIONI PROGETTO CULTURA
Prezzo €
10-
80pp.
Una recensione di
Marco R. Capelli
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Votanti:
12707
Media
80.03%
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Un romanzo decisamente interessante, questo di Katia Amadio, a metà tra il gioco letterario e la narrazione fantastica. Un susseguirsi di citazioni ed omaggi che abbracciano un secolo di narrativa fantastica e collocano idealmente questa storia all’interno dell’immaginario collettivo creato da maestri come Bloch (chi ricorda Train to Hell?), ma anche da scrittori italiani come Cammarota, Lombardi o Paoletti (di cui trovate un racconto in questo stesso numero di Progetto Babele N.d.R.). Il tutto all’interno di un romanzo che si dipana quasi come un on-the-road onirico, dove, ad ogni colpo di scena, l’apparente concretezza del mondo in cui vivono i due protagonisti si sgretola, lasciando scorgere imperscrutabili squarci d’abisso. E sono proprio l’incertezza, l’insoddisfazione, il desiderio quasi doloroso di sapere a dominare le loro azioni, sentimenti accentuati - quasi esasperati - da una narrazione essenziale e molto cinematografica che ricorda certe suggestioni tipiche del miglior Dario Argento.
Prigionieri di una realtà a più livelli, dominata da misteriose e demoniache figure dagli intenti incomprensibili, un uomo e una donna, per aver rifiutato il ruolo di pedine ignare, per aver avuto il coraggio di guardare oltre l’apparente normalità della realtà quotidiana, si ritrovano braccati da un nemico senza nome e senza volto e costretti ad viaggio a ritroso, attraverso un passato che credevano ormai dimenticato.
Senza potersi fidare di nessuno, perché nessuno è quel che sembra, impareranno a contare soltanto sulle proprie forze e sull’amore che li unisce. Lungo il cammino li attendono bizzarri personaggi, sulfuree guide che li condurranno attraverso quel mondo reale ed oscuro che esiste parallelamente al nostro ed, a volte, lo sfiora.
Paolo e Monia vogliono sapere. Ed alla fine otterranno quello che vogliono.
Peccato che la verità, a volte, sia una maledizione assai peggiore dell’ignoranza...
L’INCIPIT:
"Il chiostro trasmetteva solitudine e silenzio, solcato da un vento insinuante e gelido. Pochi alberi spogli si raccoglievano timidamente accanto ai resti di un pozzo, ricoperto d'edera. Tutto sembrava tacere sommessamente di un dolore mai sopito: una lapide nell'angolo del cortile si presentava altera nel suo marmo nero. Non una foto o una data; solo poche parole finemente incise: ”TI ho protetto fino alla fine”
Il nome di un uomo e di una donna.
Rumore di passi, foglie calpestate, il fruscio di un mantello, un fiore appoggiato con trepidazione.
Un sorriso. Una lacrima. Ricordi"
L’AUTORE:
Katia Amadio nasce a Padova il 28 aprile 1974. Dopo aver conseguito un diploma di liceo scientifico, si laurea in lettere moderne presso la facoltà di Padova, con indirizzo Storia e critica del cinema. Scrittrice dal 1987, compone 11 romanzi, fra cui diversi premiati a concorsi nazionali di narrativa.
Nel 1993 partecipa al concorso bandito dalla rivista "Il letterato" di Cosenza, con il suo terzo romanzo, "Una pagina di troppo" classificandosi al terzo posto.
Contattata da diverse case editrici, fra cui la Eura Press di Milano,segnalata al Premio di poesia e narrativa "Città di Fucecchio" nel medesimo anno con "Mani nel vento", riceve la proposta alla nomina di Accademico a vita dalla Lucania Filatelica Club di Potenza.
Con "I cieli della luna" vince il terzo premio nel 1995 al concorso bandito dalla Lucania Filatelica Club , ottenendo per lo stesso romanzo, nel 1997 l'attestato al merito per" i migliori nella cultura" per "le elevatissime doti artistiche, culturali, sociale ed umane", presso il medesimo ente. Attualmente collabora con Telechiara e conduce la trasmissione Ladri di libri.
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Prefazione / Indice / Scheda
Dodici racconti orfani di Marco R. Capelli
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Agitare con prudenza.
Altre informazioni / L'autore
In questo libro, troverete molte finestre aperte su stagioni e paesaggi diversi di un mondo immaginario eppure, in un certo modo, coerente. Un teatrino di personaggi sperduti, testardi, a volte brutali, mossi dalla consapevolezza di una mancanza, di un vuoto al quale non sanno dare un nome preciso ma che sognano confusamente di colmare. E questa necessità li spinge a viaggiare, a cercare, a rovesciare il tavolo, a cambiare tutte le carte della mano, contro ogni logica, perché o si trova una scala reale o non ha senso giocare. E tanti saluti a chi si contenta di vincere con una doppia coppia.
Siano essi geniali (e molto distratti) ingegneri, brutali e giganteschi barbari imprigionati in un mondo a metà fra Howard e Lord Dunsany, ombre nel deserto, impiegati non del tutto disposti a piegarsi, vecchi e bellicosi contadini toscani o fantasmi, a loro modo piuttosto concreti.
Completano il tutto un paio di divagazioni giovanili, che ho incluso più che altro per nostalgia, come fossero quei pezzi che si trovano a volte nei musei, quelli che nessuno sa davvero cosa fossero o a cosa servissero ma sembra brutto lasciarli in una cassa sul retro. Così li si espone con una avvertenza in caratteri piccoli: ritrovamento non catalogato, uso incerto. Agitare con prudenza.
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