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Bukowski - scrivo racconti poi ci metto il sesso per vendere
di Paolo Roversi
Pubblicato su SITO
Anno
2004-
Stampa Alternativa
Prezzo €
10-
120pp.
ISBN
2147483647
Una recensione di
Gordiano Lupi
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Votanti:
13352
Media
79.46%
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Ecco un libro che appena mi è arrivata la mail di presentazione mi sono detto: “Questo lo devo leggere” e non ne sono rimasto deluso, pure se sulla figura letteraria e umana di Bukowski si poteva dire di più, anche il lavoro di Roversi è abbastanza completo e interessante. Soprattutto si nota la passione con cui l’autore tratta un suo mito e cerca di farlo parlare usando le sue stesse frasi. Il libro racconta la vita di Bukowski ricorrendo a brani di racconti, poesie, giudizi di chi l’ha conosciuto e si legge con passione ricercando e annotando tutte le frasi a effetto del grande scrittore maledetto. Conosciamo i personaggi di Bukowski che sono come lui, vivono ai margini del sogno americano, non partecipano alla scalata al successo, sognano una serata all’ippodromo, una bella scopata, una cassa di birra, poco altro. Scopriamo la ricetta per diventare scrittori secondo zio Buk, l'importante è scopare un sacco di donne, bere birra e andare alle corse almeno una volta a settimana. Certo bisogna anche scrivere qualche poesia passabile e ascoltare Brahms e Bach, evitare le carte di credito, dormire fino a mezzogiorno, amare se stessi, essere pazienti e soprattutto darci dentro, pestare sui tasti di quella maledetta macchina da scrivere. E poi come non essere d’accordo con lui quando dice che tutti gli scrittori sono dei poveri idioti, per questo scrivono? Io quella frase la volevo usare come titolo di un mio libro sui narratori italiani e non è detto che non la usi... Il libro di Roversi scorre molto bene e utilizza le affermazioni di Fernanda Pivano quando dice che lo stile di Bukowski è inimitabile, molto più colto di quanto si creda. La cosa grande di Bukowski è che non è mai sceso a compromessi, non ha mai fatto marchette (che differenza con gli scrittori italiani di oggi!), scriveva quello che gli veniva e non si faceva influenzare da nessuno. Bukowski è ancora un mito per i giovani lettori di oggi e c’è un motivo. Nessuno come lui ha descritto la vita e le sue difficoltà, nessuno ha saputo porre l’accento sulle cose che non vanno, sulle insoddisfazioni generazionali. “Il lavoro ti ruba la vita, non ti permette di fare le cose che vuoi, ti consuma lentamente”. Quante volte tutti noi abbiamo pensato o scritto una frase simile? Eppure l’ha detta zio Buk, non siamo stati originali. Bukowski è uno che si sarebbe vergognato solo all’idea di mettere su un corso di scrittura creativa, lui era un genio mica un professorino, uno che scriveva fuori di melone e per questo era folle ma geniale. Bukowski è un talento come Hemingway, uno che scrive perché ha dentro milioni di cose da dire e chi legge le sue pagine ci trova pure un po’ della sua vita. Non è uno squallido impiegato della letteratura, non cerca lo stipendio, vuole solo scrivere le cose che vive e vivere le cose che scrive. Nel libro di Roversi parlano pure Enrico Franceschini e Nanda Pivano, raccontano il loro Bukowski, che è il genio amato da tutti i lettori di oggi, una persona che rimpiangiamo per la grandezza delle cose che ci ha dato e che continua ancora a regalarci, poesia dopo poesia, visto che gli inediti sono molti. La sola amarezza è che la sua opera poetica viene frantumata in piccoli volumi soltanto per motivi economici. Bukowski rende, adesso. Pensare che lui per anni, con le sue poesie, ha fatto solo la fame. In definitiva se amate Bukowski non potete fare a meno di leggere il libro di Paolo Roversi. Farete un tuffo nella vita e nelle opere del vostro scrittore preferito, uno dei pochi autori del Novecento che merita di essere letto e riletto sino allo sfinimento. Il pregio principale di un libro come questo è che contribuisce a diffondere la conoscenza di un genio.
Una recensione di Gordiano Lupi
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