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La punizione
di Salvatore Scalia
Pubblicato su SITO
Anno
2006-
Marsilio
Prezzo €
11-
135pp.
ISBN
2147483647
Una recensione
di
Salvo Zappulla
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Votanti:
9214 Media
79.8%
Una storia di ordinario degrado, scaturita dalla penna di un giornalista sornione e smaliziato che ha saputo far risaltarne i suoi contorni più crudi e grotteschi. La Sicilia con le sue contraddizioni e le sue infinite risorse, in un romanzo che è insieme cronaca e storia, vita degli umili, scavo psicologico e denuncia sociale; che traccia le linee di una condizione profonda, antropologica, del popolo siciliano. Scalia non dissimula la sua ironia sottile: si può essere contemporaneamente devoti a Sant’Agata e al boss della città. Si può trainare la statua della santa, riverirla e subito dopo salire sulla vespa per andare a fare uno scippo. Questo di Scalia è un romanzo tratto da un fatto di cronaca, scritto quasi con tenerezza, con una prosa lirica che suscita profonda emozione nel lettore; luoghi e avvenimenti hanno trapassato la storia e il costume della terra siciliana. La disputa interna per la supremazia attorno al microcosmo provinciale lo rende partecipe di un clima che è proprio di tutto il romanzo, del suo stile limpido e nitido. I protagonisti sono bambini con i loro sogni di gloria. Anche diventare un killer famoso è un sogno importante per un bambino del quartiere San Cristoforo di Catania. Bambini che non hanno mai conosciuto la gioia di ricevere un regalo o una carezza. Sogni che si infrangono a causa di un incidente di percorso: avere inavvertitamente mancato di rispetto alla madre del boss. Un’onta che va lavata col sangue. Tutte le madri sono uguali ma , come direbbe Orwell, alcune sono più uguali delle altre. A mancare di rispetto alla madre del boss si rischia “La punizione”, a uccidere i figli delle madri del San Cristoforo si viene assolti perché non si è trovato il corpo del reato. Scalia ci regala un grande affresco, ci fa sentire i profumi di una Catania popolare che arrostisce all’aperto carciofi e carne di cavallo; folklore, maschere beffarde, grottesche e patetiche. Non a caso la storia si apre con la figura di Pippo Pernacchia, indimenticabile personaggio catanese ( Una pernacchia mille lire, due pernacchie duemila lire…) che ha inventato la professione di pernacchista con tanto di qualifica e bollo municipale. Omertà e degrado, miseria e sottomissione, paura e lotta per la sopravvivenza. Dramma nel dramma, la cappa opprimente della mafia è così forte da costringere quattro madri, che hanno visto sparire i propri figli nel nulla, a non sporgere denuncia. E così quattro adolescenti possono venire cancellati con un colpo di spugna senza che nessuno li cerchi, come non fossero mai esistiti. Un romanzo che è anche vibrante scossa al silenzio, squarcio al velo macabro dell’omertà.
Una recensione di Salvo Zappulla
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