I arrived in Parma knowing only a few Italian words culled from classical music and from menus (adagio, allegro, prosciutto, and so on), and I found myself in the infantile position of trying to understand my surroundings at the same time I learn how to describe them…
Avete mai pensato a come uno straniero che vive nel nostro paese possa giudicare un “condono fiscale”? Oppure che effetto faccia, all’estero, sapere che tre quarti dei nostri parlamentari sono imputati in qualche processo (quando non siano già stati condannati) e che non solo non si dimettono, ma neppure pensano lontanamente di farlo? Anzi, si indignano e gridano al populismo se qualcuno, timidamente, glielo propone? A noi certe follie sembrano del tutto normali, a forza di viverle e di subirle (in generale ci diciamo che: “abbiamo visto di peggio” e, sospirando, aggiungiamo che: “capita ovunque” – ma ne siamo poi davvero sicuri?), al punto da dimenticarci quali siano i limiti oltre i quali una società non può più essere definita “civile” (cioè adatta alla vita dei cittadini, da civis, appunto).
Ecco perché è così interessante ascoltare la voce di Tobias Jones mentre parla di noi, mentre ci racconta la nostra stessa storia con l’occhio acuto del giornalista e un po’ di quell’innocenza che noi dobbiamo aver perduto da qualche parte. Ammesso di averla mai avuta.
E’ vero, questo Cuore Oscuro è un libro pensato per un pubblico anglosassone - ovvero per raccontare l’Italia di oggi a gente che insiste ad immaginare pittoresche miniature di fine ottocento, dove i mafiosi sono corpulenti signori dall’aria truce, con baffi ed archibugio - e come tale vi trovano spazio anche curiosità, descrizioni del quotidiano, piccole annotazioni che possono lasciare il lettore italiano un po’ stupito, ma il tutto viene ampiamente compensato dalla scrittura brillante (giornalistica nel senso migliore del termine) e dallo humour, ovviamente inglese. Senza considerare quanto possa aiutare (se si è di mentalità aperta, ovviamente) questo vedersi, per una volta, con occhi altrui. Ma c’è altro, molto altro, perché Jones non sta mai fermo, si muove quasi con irrequietudine (nel tempo e nello spazio), come quei suoi compatrioti di altri tempi che attraversavano il mondo o scalavano montagne solo perché erano lì, in attesa di essere scalate; sfugge alle tentazioni bozzettistiche, vede, chiede, discute; con curiosità assolutamente legittima propone domande all’apparenza banali ma tremendamente spiazzanti. Perché le cose stanno così? Davvero non ci sono alternative o, semplicemente, non le vedete più? O non le volete vedere? Spirito di contraddizione battagliero, Tobias, guarda anche dove non vorremmo che guardasse, rispolvera memorie che speravamo rimosse. Così tornano gli anni di piombo, il caso calvi, la tragedia di Moro, intrighi mai interamente svelati, colpe mai interamente espiate, enigmi destinati a rimanere tali. Ed è, forse, questa una delle cose che i suoi detrattori non riescono a perdonargli: che lui, straniero, si permetta di violare in questo modo le più banali – ed ipocrite – regole dell’ospitalità, rovistando sotto al tappeto in cerca di montagne di ceneri malamente sepolte, curiosando negli armadi ricolmi di scheletri. Tutto molto italiano, ma Jones non è italiano, e quindi vede oltre la nostra colpevole rassegnazione, vede la mancanza di volontà degli inquirenti, nascosta sotto gli assurdi tecnicismi dei legulei, la complessità kafkiana e grottesca della nostra giustizia.
Certo, questo è anche un libro su Berlusconi (ma non è solo un libro su Berlusconi), né potrebbe essere altrimenti perché, nel bene e nel male, gli anni italiani di Jones sono gli anni della prima affermazione del Cavaliere, l’uomo che Jones chiama “Il grande seduttore”. E spiegare ai suoi compatrioti (e magari anche a noi) perché milioni di italiani lo votino, lo amino e vogliano essere come lui, apparentemente contro ogni logica, è la vera sfida giornalistica di Tobias Jones… Un libro da leggere, anche solo per dichiararsi in completo disaccordo, che è poi uno dei diritti fondamentali del lettore. D’altra parte ogni libro che obblighi alla riflessione, quali che siano le conclusioni, è senz’altro un buon libro.