"Mi faccio prossima a un battito leggero / un movimento della terra". C’è dentro i versi di questa raccolta di Fernanda Ferraresso il pulsare vivido della corporeità. Il verso che respira (Respiro. Silenzio. Respiro.) con lo stesso ritmo del corpo; la parola un otre gravido di accordi, luci e semi che germogliano e si espandono d’intorno, lasciando essenze, aromi e nettare nell’aria “ il mio corpo è un pianeta di falesie / e picchiare di uccelli che in me vorrebbero tracciare un nodo di voli” (p.82).
Il linguaggio è pastoso e viscerale, permeato di una sensualità lieve, da cui il lettore viene travolto in un procedere che è “incontro”, “congiungimento”, ricerca oltre la soglia del dicibile.
E’ il fascino della scrittura visionaria e onirica, che nella sua intima inafferrabilità acquisisce un aspetto lieve e prossimo al sacro.
L’io lirico è al centro della raccolta, in continua tensione verso l’altro. Un corpo (un sé) che si completa e si eleva nell’attraversamento e nel congiungimento-fusione (anche quando l’altro è assenza o mancanza, anche nella metabolizzazione del lutto)
Quando mi baci
amore rovesciami dentro la notte
con una scodella di latte (p.19)
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Per ascoltarti mi dispongo in un nudo silenzio
terra io stessa e pina innanzi a te” (p.85)
Frequentissimo è l’uso di metafore, similitudini, analogie, sperimentazioni lessicali che dilatano e ampliano il verso, sgravano il vortice della ricerca, così come i rimandi evocativi (tanti) uterini, ombelicali, riconosciuti come “gli anelli di una spina/ vertebra candida e sonora/ che finalmente mi regge” (p.28).
Un libro da ascoltare più che da leggere, a cui affidarsi e da cui lasciarsi condurre, perché le maglie che lo tessono “tramanti”, “perimetrali”, “migratorie”, sono filigrane riconoscibili, condivisibili e dell’appartenenza.