Un libro che racconta la fragilità, ma anche la forza e il coraggio delle donne
“Era come se mi volesse dire (la luna) che la vita è fatta così, va dal buio alla luce e dalla luce al buio. Se sai godere della luce, riesci a trovare qualcosa di buono anche nel buio” (p.70).
Leggere questo libro mi ha fatto venire in mente certi viaggi in treno, durante i quali i passeggeri che incontri ti raccontano con calma appassionata frammenti della loro vita, come se ti conoscessero da sempre. Ma poi ho pensato che non solo in treno accadono questi miracoli, ma anche in uno studio medico, al parco o mentre si sosta su una delle tante panchine rosse della nostra bella Italia. No, non per raccontarci solo di violenza, ma anche del quotidiano che attraversiamo e che ci attraversa.
Ho iniziato la lettura di questo libro grazie a tre cose: il titolo che coniugava insieme il coraggio e la paura delle donne, la copertina accattivante per la grafica e la piacevole gradazione di viola, la convincente, seppure breve, nota introduttiva di presentazione dell’autrice.
Dopo “Un momento prima del tramonto”, “Ulivi”, “Niente fiori per Valentina”, libri nati da momenti di ricordo e riflessioni sul suo lavoro di psicoterapeuta, Maria Grazia Scarnecchia ritorna sulla scena letteraria con un nuovo titolo, emozionante e coinvolgente. Un libro di donne che parla soprattutto alle donne, quelle che vogliono ascoltare, che cercano un accordo di congiunzione, una voce di condivisione. “Il coraggio di aver paura – Storie di donne” (Macabor 2017) è la raccolta di queste voci, al cui centro vivono squarci e frammenti di vite vissute, nelle loro mille sfaccettature poliedriche e misteriose.
E’ facile affezionarsi a queste figure femminili, che con calma, senza isterismi, né certezze preconfezionate, si raccontano interrogandosi, svelando le proprie paure e le proprie insicurezze, cercandosi, colpevolizzandosi, assolvendosi e per questo ti diventano amiche: Ida, Anna, Marta, Katya, Carla, Serena, Lucia, Federica, Sabrina, Teresa, Bianca, anche se a qualcuna di loro senti di appartenere di più. Bianca per esempio, con cui la sosta si protrae e scegli di dialogarci anche un poco oltre.
Dentro queste undici storie ci sono i temi della malattia, della morte, del tradimento, dei migranti, dei non facili rapporti coniugali, degli affetti genitoriali, dell’infanzia negata. Ogni racconto affronta una sofferenza diversa, guarisce un dolore diverso. Accompagna chi legge attraverso i momenti difficili della vita, ma soprattutto fa sì che le voci non restino sole, abbandonate o emarginate, ma si facciano coro, accordo unanime.
Concludo queta breve nota, dicendo che questo è un libro “positivo” e “coraggioso”. Ci insegna che talvolta scelte e/o destini, si pagano duramente, ma che bisogna andare avanti, farlo sempre a testa alta, senza mai smettere di lottare, di amare, per amore di sé e della vita, del “senso della vita”.
Mariagrazia Scarnecchia è nata a Trani (BA), ma ha vissuto a lungo a Novara, dove ha lavorato come psicoterapeuta e a Napoli, dove ha continuato la sua attività, pubblicando vari testi di argomento psicoanalitico (F. Angeli ed. Milano). Da qualche anno vive nell’Alto Jonio cosentino, dove è impegnata in attività di promozione della letteratura. Da diversi anni ha iniziato a occuparsi di letteratura pubblicando racconti apparsi in riviste e raccolte antologiche e diversi romanzi: Un momento prima del tramonto, Guida, NA, 2003; Ulivi, Guida, NA, 2011; Niente fiori per Valentina, Aljon ed. (CS), 2015.