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E’ di recentissima pubblicazione il saggio di Pierino Gallo “Pasolini tra Pascoli e Baudelaire – Intertestualità e influenza ne Le Ceneri di Gramsci” dato alle stampe per le Edizioni Il Coscile nel luglio 2008. Il saggio analizza nella prima parte il rapporto di “fratellanza pascoliana” che Pasolini nutrì nei confronti del poeta romagnolo, intercettando nella poesia de Le Ceneri tutta una serie di eredità e di consonanze metrico-formali e contenutistiche di riferimento. Nella seconda parte del saggio è al centro dell’attenzione, il rapporto tra Pasolini e il maledettismo del poeta francese Baudelaire, con la tematica popolare e a-storica dei diseredati. Il libro di Pierino Gallo, sulla figura poliedrica e sempre affascinante del poeta di borgata, si apre con la Storia dell’incontro con un “padre” di cui riporto l’incipit, con lo stralcio di una lettera di Pasolini stesso, tratta dalle Lettere (1940-1954) a cura di N. Naldini.
La storia di un incontro con il padre. Io dell’Università non so niente. Come si fa ad essere “fuori corso”? Bisogna iscriversi? Cerca di sapermi dire qualcosa e di aiutarmi in questo senso. Io devo fare lezione per circa 5 ore al giorno. Senti, chiedi anche a Calcaterra, se puoi, se, nelle mie condizioni, può accettare una tesi su Giovanni Pascoli”
Interrotta la frequesna ai corsi, Pier Paolo Pasolini, fervido studente di Lettere all’Università di Bologna, si trova a Casarsa alla fine del ’43. Il paesaggio sopra esposto fa parte di una lettera che il poeta scrive nel gennaio ’44 all’amico bolognese Luciano Serra, esortandolo a chiedere per lui una tesi di laurea su Giovanni Pascoli. Il professore destinatario della richiesta è Carlo Calcaterra, liberale ammiratore di giovani talenti. Una risposta consensuale apre, così, la strada al giovane Pasolini verso un’attenta disamina dei componimenti pascoliani e dello stile del loro ammirabile autore. Un incontro decisivo? Saremmo tentati di rispondere affermativamente e con molta probabilità gli argomenti apportati ci daranno ragione…. (p. 9)
Questo secondo stralcio è invece tratto dalla seconda parte del saggio “Poetiche escursioni dalle ‘Ceneri’ a Les fleurs du mal”: L’incontro delle gronde / urbane con il buio del cielo
La tematica popolare e storica dei diseredati non resta tuttavia senza conseguenze nella costruzione del setting che fa da sfondo realistico (e reale) alle orchestrazioni poetiche dei due autori. E’ l’ekphrasis, applicata questa volta al ritratto dei sobborghi e dei quartieri poveri della metropoli (parigina in Baudelaire; romana in Pasolini), a saltare immediatamente all’occhio, in quanto retroscena più prossimo degli emarginati (per vie calde d’asfalto, contro baracche e prati, /garzoni, operaie, serve, disoccupati// brulicano al più recente giorno del creato, da Recit, vv. 117-119). Non solo enargheia icastica per i suoi infiniti poteri simbolici. In altre parole l’arte della descrizione asservita al fine più propriamente poetico....” (p.52)
Ecco, il valore di questo libretto di appena 80 pagine, fatto di percorsi sentiti e condivisi, è quello di aggiungere un tassello altro, allo sfaccettato e poliedrico apparato di studi pasoliniano. Un lavoro che arricchisce il dibattito e che sostanzia l’incontro letterario e di vita tra Pasolini e i due poeti, che tanta influenza ebbero per aspetti formali e per contenuti sulla sua produzione poetica, soprattutto nel poemetto “Le ceneri di Gramsci”. E già ad una prima lettura, mi sento di poter dire, che i punti di forza di questo saggio, ruotano intorno a tre elementi fondamentali: tecnica, passione e chiarezza. Pierino Gallo, nel suo lavoro di comparazione e contaminazione poetica tra l’opera pasoliniana e l’eredità “eretica” di Pascoli-Baudelaire, rivela una sagace padronanza tecnica degli strumenti di indagine, che gli consente di agire e scavare in profondità. Un’operazione che supera il mero tecnicismo, quell’esercizio accademico distaccato e arido, che il più delle volte respinge e non accoglie alla lettura. Il libro di Gallo è un saggio fatto sì di "tecnica" ma anche di "anima", per la cura, gli orizzonti aperti, la passione “misurata” del dire, la ricerca di una parola che è sempre fuori e dentro di sé. Una scrittura funzionale, insomma, rigorosa ma rispondente sempre a una grande lucidità e chiarezza comunicativa.
E a conferma di tutto ciò, concludo questa mia nota di lettura, con la bella riflessione che l’autore pone in exsergue al saggio. Alla Poesia, /al tempo in cui ci si lasciava/ prendere per mano, / in cui forse si poteva ancora/ arrivare lontano.
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