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C'è un sessantenne ed i suoi ricordi, c'è una donna che egli non ha più vista, l'unica che egli avrebbe potuto mai amare ma gli hanno detto ormai sposata, o fuggita, con un altro, che egli non conosce, in più è anche inglese, il che carica tutta la storia del mistero delle cose che non si capiscono fino in fondo. Si è sposato, ha anche iniziato una relazione che gli ha dato il vero amore, ma non ha dimenticato. Sullo sfondo c'è una gioventù lontana, ma non dimenticata, un nonno balbuziente ed appassionato di Napoleone, che continua a disputare, più che a combattere, la battaglia di Waterloo come fosse stata la partita dell'ultima domenica.
Il sessantenne è un magistrato, Andrea, che si trova a Milano da più di due terzi della vita, il che non lo fa milanese che superficialmente. No, perché dietro di lui c'è la Sicilia, non c'è mai tornato, ed ora decide di farlo, un po' come il ritorno di quel viaggio nel continente che compiva Marcello Mastroianni in “Stanno tutti bene”, o come la discesa a Catania di Giovanni Percolla nel romanzo di Brancati, ma Andrea è ormai tanto più solo, anche quel che riconosce degli arredi della casa antica, la Canària, ha in fondo un significato che ormai gli sfugge. Certo, lo scopo è lo stesso di tutti i ritorni, rivedere per ritrovarsi, e magari tentare un impossibile ritorno al passato, sfuggendo dagli errori che l'hanno reso quel che è. Ma il passato cela dei veleni, nascosti, insospettabili.
Ecco, il romanzo di Tea Ranno, non a caso una magistrato siciliana, sempre non a caso lontana dalla sua isola, il che non significa ci debba essere per forza autobiografismo, ma senza dubbio profonda comprensione di cose e vicende, dimostra come non si debba per forza sperimentare, inventare un nuovo linguaggio per scrivere un romanzo. Qui la scrittura è curata, elegante, quasi sempre intonata all'azione: il romanzo alle volte si fa concitato, verso la fine addirittura drammatico, ma l'autrice è sempre decisamente in controllo delle azioni, si vede un lavoro sulla pagina che oggi è purtroppo diventato inconsueto, e Andrea, come la donna, Teresa Cianci, sempre più brava di tutti, la “secchiona”, ma affascinante come di solito i primi della classe non sono, di cui Andrea è in cerca quasi ossessivamente e maniacalmente, sono personaggi che escono dalla pagina, hanno rilievo e spessore. Andrea cerca i cambiamenti in sé e nella sua vita, come nell'ambiente che lo circonda. Lo stregano quasi, i cambiamenti, però gli danno la misura delle cose, fino a che il gioco non diventa troppo pericoloso.
Intorno alle vicende, si muove un'idea della Sicilia che conosce bene quanto gli stereotipi possano fare male, a volte quasi quanto le azioni criminose, e cerca di tenersene lontano: Andrea ha visto scorrere l'Italia più recente, le sue distorsioni, la bomba di piazza Fontana, l'omicidio di Alberto dalla Chiesa e contrappone loro un sostanziale scetticismo, che forse è pavidità: solo il viaggio a ritroso gli consente di chiarirsi le idee, ma troppo tardi, forse.
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