L’uomo il mistero più grande che madre natura abbia saputo creare.
L’uomo sezionato nella sua umana disumanità, analizzato nella sua imperfetta perfezione.
L’uomo, il suo dolore, la sua voglia di riscatto, il suo genio e la sua follia.
Un giallo psicologicamente intrigante quello che Sandro Capodiferro ci propone in MALBIANCO, il suo quarto volume edito.
Anche in questo lavoro, l’autore non delude i suoi lettori, anzi li stupisce ancora una volta. Dopo essere entrato nella psicologia femminile con i due romanzi precedenti, “Fiori di agave sulla collina delle fate” e “Peccaminosa”, Sandro riprende i panni maschili e lo fa attraverso Tommaso Righetti, un giovane commissario di polizia alle prese con la risoluzione di un caso complicato e dai risvolti complessi e imprevedibili.
La penna fluida e dirompente di Capodiferro, ormai, non è più una sorpresa per chi lo segue nella sua avventura letteraria, ma una piacevole certezza. La sua sensibilità, la prolifica ispirazione, il suo impegno sociale, la sua esperienza di vita unite in un mix letterario personalissimo e originale, sono sempre garanzia di qualità e di ottime produzioni narrative.
MALBIANCO è un romanzo intenso, malinconico, drammatico ed è proprio per queste caratteristiche che risulta vivo, palpitante e attualissimo. E’ un giallo poliziesco che porta a riflettere non solo per la ricerca dell’identità della vittima e delle motivazioni psicologiche che spingono l’essere umano a compiere un gesto estremo e definitivo, ma per le tematiche che l’autore ha saputo far convergere in esso.
In un crescendo di colpi di scena e situazioni imprevedibili, l’autore sviluppa una trama ricca di contrasti che tengono il lettore incollato alle pagine del volume e lo stordiscono emozionalmente.
Con straordinaria capacità narrativa, capitolo dopo capitolo, Sandro Capodiferro ci fa prendere coscienza della “diversità”: sessuale, religiosa, psicologica.
Ci invita, con tatto e delicatezza, a posare lo sguardo su ferite suppurate quali la guerra, l’omofobia, l’antisemitismo, la malattia psichiatrica. Ci lascia l’amaro compito di trarne riflessioni, analizzarne cause e fattori e riflettere sugli effetti devastanti e destabilizzanti che tali preconcette “infezioni!” causano nella società.
I colori da lui usati per ricostruire scenari, delineare criticità, sottolineare stati d’animo, evidenziare situazioni particolari, non sono, come si potrebbe immaginare, chiaroscuri e mezze tinte ma gradazioni accese, sapientemente mescolate, oppure colori puri e nitidi come, realmente, sono i drammi che accompagnano l’umana esistenza. Ed ecco, quindi, la lugubre luce infernale del campo di concentramento di Dacau, quella accecante e illusoria del manicomio criminale, i toni cupi del pregiudizio e dell’intolleranza e quelli pastello di una personalità sdoppiata da un disturbo associativo ovvero una mente psicologicamente fragile, malata. In contrasto, quelli caldi dell’innamoramento, del pathos di una storia d’amore che resterà improbabile e incompiuta perché, come la viola dell’Etna, crescerà su inospitali e brulle distese di lava solidificata.
Sfumature forti e tratti decisi, abbiamo detto, che mettono in risalto le emozioni umane. Odio e amore, rabbia e pietà, lealtà e viltà, soggezione e affrancamento, frustrazione e appagamento, morte e rinascita sono il cuore di MALBIANCO e pulsano nei suoi capitoli al ritmo dell’umana esistenza.
“Righetti finì di leggere quelle poche righe appoggiato al davanzale della finestra del suo ufficio. Prendendo l’accendino dalla tasca si accese una sigaretta e bruciò quella fotografia, lasciandola volare nel buio in tante piccole scintille. La notte sembrava sfotterlo con quelle stelle, tante quanti i pensieri che aveva rivolto a quella donna. Non avrebbe mai più dimenticato di avere un cuore, ora sapeva bene quanto può far male.”
Come scrive Pietro Citati, famoso scrittore e critico letterario: “Se vogliamo conoscere il senso dell'esistenza, dobbiamo aprire un libro: là in fondo, nell'angolo più oscuro del capitolo, c'è una frase scritta apposta per noi” e quella appena riportata, guarda caso il paragrafo finale di MALBIANCO, mi sembra davvero efficacissima e pertinente.
E’, non solo, l’epilogo della breve storia d’amore del commissario, ma anche la chiusa perfetta del romanzo e, soprattutto, per chi come me, crede ancora nella funzione educativa dei libri in particolare, e della cultura in generale, può essere considerata come una vera e propria morale.