Un tempo lontano, quasi un altro epoca… Una città non ancora metropoli, una Capitale a dimensione d’uomo, più madre che matrigna, che accudiva e cresceva a pane e schiaffoni i propri figli, una Roma sparita ma mai dimenticata è quella fermata sulle pagine del volume MEMORIE DI UN RAGAZZO DI BORGATA. RICORDANDO PIER PAOLO PASOLINI. Come una vecchia collezione di cartoline in bianco e nero provenienti dal passato che il linguaggio folkloristico e accattivante del vernacolo romanesco, usato a tratti nella narrazione dall’artista Mario Rosati, autore del libro, ha acceso di colore.
Pagine bellissime e pulsanti di vivacità. Scene di vita autentica, dura, ma reale e non artefatta. Capitoli in cui scorrono con pari dignità le atrocità della guerra e la faticosa lotta quotidiana per la sopravvivenza. Dove la solidarietà, il bene, l’amore, erano espressioni genuine e spontanee dell’anima e offerte al prossimo con generosità, senza attendere una contropartita. Dove i membri di tutte le famiglie meno abbienti “per non dire morti de fame” si davano da fare come potevano per sbarcare il lunario e riuscire a tirare la giornata o per mettere insieme il pranzo con la cena.
I giorni dell’infanzia e della giovinezza si sono accumulati sulle spalle dell’autore diventando anni ma mai hanno perso la loro posizione in prima fila. Vigili attendevano, ai bordi della memoria, di avere una nuova opportunità. E così è stato! Nemmeno un giorno dimenticato dal Rosati, della sua vita di “borgataro de Torpignattara”.
E così, mentre i ricordi vengono riproposti al lettore in una graffiante e scanzonata autobiografia, tornano prepotentemente vivi e brillano di luce propria.
Con la semplicità di un giovane squattrinato ma ricco di voglia di vivere e l’orgoglio dell’uomo che si è fatto da sé, conquistando vette insperate e soddisfazioni negate ai più il Rosati racconta le sue esperienze quotidiane. Quelle più o meno dure che gli hanno procurato notti insonni e giorni di affanno, quelle ruvide e graffianti che lo hanno arricchito interiormente. I sentimenti, le emozioni, il dolore, la sofferenza, le rinunce e non di rado le privazioni che lo hanno fortificato e formato in maniera qualitativamente positiva senza intaccarne l’anima rimasta quella ingenua e spregiudicata al contempo del “ragazzo di vita” della borgata che si è lasciato alle spalle.
La scrittura è semplice, lineare e scorrevole anche quando alza i toni per proporre un simbiotico e proficuo scambio collaborativo tra tutti gli animatori della comunità sociale, nessuno escluso! O descrive i momenti difficili, le questioni complicate, tocca argomenti scomodi come possono essere quelli degli ideali politici o scottanti quali l’omosessualità.
Nel libro si parla, infatti, come sottolinea il sottotitolo anche dell’incontro che il maestro ebbe con il famoso regista, scrittore e promotore di cultura Pier Paolo Pasolini. Incontro che lasciò un segno indelebile in quello che sarebbe poi diventato l’uomo e l’artista Mario Rosati.
L’autore, in alcuni paragrafi senza perdersi o indugiare in chiacchiere inutili ma servendosi di pochi tratti decisi e potenti, come spesso le linee delle sue sculture o i tratti di alcuni suoi lavori pittorici sanno dare, offre al lettore, inedite immagini di una realtà di quei lontani anni trenta del ventesimo secolo per molti, ormai, dimenticata.
Pieno di calore e di autentico romanticismo è il capitolo dedicato all’incontro con la donna che da quasi mezzo secolo è sempre al suo fianco. Le problematiche della vita in una comunità ristretta e pettegola quale quella di borgata li hanno fatti crescere in fretta. Entrambi giovanissimi ma già responsabili e maturi, ognuno con il suo carattere forte e deciso, si conoscono un sabato sera ”… andammo a ballare a casa di amici. All’epoca noi ragazzi non frequentavamo discoteche, né locali notturni, bastava poco pe facce contenti! La solta stanza apparecchiata con le sedie tutte intorno alle pareti, l’angolo bar e il giradischi. Gettai uno sguardo in giro ed incrociai gli occhi di una ragazza. Era Silvana. Accennai un sorriso e la invitai a ballare”. Fu il classico colpo di fulmine!
Il libro è una testimonianza di vita vera, intensamente assaporata e profondamente vissuta che ripropone con sensibilità tipicamente artistica temi e valori ormai declassati a passato remoto. Eppure la narrazione semplice e priva di fronzoli, che non si serve di effetti speciali né ricorre a colpi di scena sensazionali o declara astrusi e incomprensibili principi universali né accampa improbabili motivazioni esistenziali, parla direttamente al cuore e questo è uno dei meriti, a mio avviso, da riconoscere all’amico e maestro Rosati.
Non c’è campanilismo né esibizionismo nelle MEMORIE DI UN RAGAZZO DI BORGATA ma una morale impartita da una maestra inflessibile e severa: la vita. Una lezione appresa non sui banchi di scuola ma per le strade polverose e le marane insalubri della periferia romana. E a leggere ben oltre le apparenze, ben oltre le righe, dietro le spacconate e la goliardia, l’irriverenza e l’ironia, il fare smaliziato e il linguaggio colorito si distingue un sano e sacrosanto sprone a non abbandonare mai la speranza per un’esistenza migliore, un inno all’arte che nel momento dell’ispirazione è fonte suprema di libertà e strumento formativo senza eguali, un appello accorato a non smarrire, in una società ormai ridotta ai minimi termini, la propria coscienza civile.
E’ un libro da leggere e da ricordare ma il lettore si prepari a sentire il nodo del rimpianto e della nostalgia serrargli la gola. Per chi, poi, come me, è nato a Roma e riconosce i luoghi descritti, beh… l’effetto commozione e lacrimuccia è assicurato! E’ un po’ come ritrovarsi alla festa de Noartri e ascoltare una serenata dedicata all’amata o uno stornello improvvisato all’osteria o sentir declamare in vernacolo i versi del Trilussa o del Belli.