Di solito sono io che scelgo le letture in base a ciò che mi ispira la copertina, la sinossi o i miei gusti personali, questa volta, invece, è stato il libro a scegliere me. Sto parlando del thriller La cripta dei teschi forati, opera d’esordio di Luigi Tortora. Ho assistito, infatti, alla sua presentazione in un evento letterario e le parole dell’autore che ne illustrava il contenuto, bloccandosi nel bel mezzo della trama per non voler rivelare oltre la vicenda narrata, ha colpito le mie corde di appassionata di archeologia non ortodossa.
Mi ha incuriosita, principalmente, l’ambientazione scelta dal Tortora per dare vita al suo romanzo: tra la notissima città di Nola e la limitrofa Casarmarciano. Una ridente e tranquilla cittadina, quest’ultima, dell’hinterland napoletano di cui ignoravo l’esistenza e che attraverso i capitoli del libro ho avuto l’opportunità di conoscere e apprezzare per la ricchezza culturale e la pregevolezza storica.
Il thriller si snoda, appassionante, su due filoni temporali distinti pur avendo nell’antico monastero, costruito dalla congregazione dei monaci di Montevergine contiguo alla chiesa di Santa Maria del Plesco, il loro punto comune.
Il primo intreccio, si sviluppa dalla metà del 1400 dove una setta oscura e sanguinaria, approfittando delle fumose nebbie medievali, miete vittime innocenti tra i confratelli che vivono nel monastero.
Il secondo, più attuale, è calibrato ai nostri giorni e vede un giovane temerario, e forse anche un po’ imprudente, cimentarsi in un’avventura mozzafiato e rischiosissima per la sua incolumità tra i resti della vecchia cripta dove sono conservate le spoglie degli antichi frati Contemplativi.
La presenza nei crani di un piccolo foro perfettamente rotondo al centro della fronte, una lobotomia in piena regola, costituisce una sfida irrinunciabile per il giovane, studente di medicina, che decide di scoprirne le cause.
Un docente universitario, il professor Fernando Ciotti, del quale Peter, questo il nome del giovane protagonista, è un allievo, è un sapiente dal quoziente intellettivo eccezionale che, intrigato dalle rivelazioni del discepolo, viene coinvolto, suo malgrado, nella vicenda.
In un miscuglio apparentemente sconclusionato di lingue arcaiche, un vero e proprio crittogramma “ante litteram”, vergato dalla mano di un amanuense sull’antica pergamena, rocambolescamente recuperata dal ragazzo, è celato un messaggio che i due uomini, unendo i loro sforzi, riusciranno a decifrare. Ciò, inoltre, permetterà loro di scoprire l’esistenza di una preziosa reliquia.
A contendergli il sacro oggetto, dai foschi secoli del medioevo, spunta, però, un’oscura e sanguinaria setta al soldo della quale agiscono mercenari senza scrupoli ingaggiati da personaggi insospettabili.
Pronti ed addestrati ad intervenire nel momento opportuno, ci sono anche degli emissari del Vaticano che, rimanendo nell’ombra, seguono, passo passo, le operazioni e le disavventure di Peter e del suo insegnante.
L’antica reliquia, infatti, e il segreto che porta con sé, non dovranno mai diventare di pubblico dominio. La posta in gioco è altissima: a rischio c’è l’esistenza stessa della Chiesa di Roma.
Alle figure minori del romanzo, attraverso complicati intrecci, trame diaboliche e ritmi incalzanti, si affiancano, capitolo dopo capitolo, personaggi storici famosi e blasonati le cui gesta, crudeli e arroganti, vengono reiterate nei secoli attraverso i corsi e i ricorsi storici fino ad arrivare ai giorni nostri. Qui, posteri altrettanto violenti e, parimenti, senza scrupoli, ricalcando tali orme, dedicano ogni istante della loro esistenza alla conquista, con ogni mezzo politico ed economico, lecito o (meglio ancora) illecito, del potere e della ricchezza.
“Finanziamo milioni di euro al Centro Ricerche Disturbi Cognitivi per lo studio sul controllo delle masse e… sapete quanti ne paghiamo ai media, o meglio, per quanti milioni l’anno si vendono? Le news che la gente ascolta sono ‘le piccole dosi’ di cui parlava il professore: i reality, le soap opera, i campionati di calcio, sono le dosi di evasione. Avete fatto caso a quanti scandali di voi politici , finanzieri e imprenditori vengono dati in pasto alla gente tutti i santi giorni dai media? Eppure nessuno muove un dito. Vi siete mai spiegato del perché? Perché le pillole li hanno rincoglioniti! Non nascerà mai più un sentimento popolare che possa rovesciare un governo. I governi li facciamo noi!”
E’ giusto, però, precisare, riconoscendone il dovuto merito all’autore, che anche le scene più crude e drammatiche sono sempre rappresentate con garbo, senza strafare nella descrizione della brutalità. Efficace, inoltre, lo stratagemma usato per alleggerire il pathos emotivo con l’inserimento di situazioni o dialoghi comico/ironici.
Il criptico palindromo del Sator, l’enigmatica figura della Maddalena, il mistero del Sacro Graal, l’ipotizzato complotto degli Illuminati e la teoria del Nuovo Ordine Mondiale, vengono introdotti dal Tortora tra le trame del thriller con la scaltrezza degna di un autore navigato.
Tale inserimento, lo si percepisce benissimo, non è casuale, ma frutto di un serio lavoro di ricerca e paziente documentazione propedeutica, forse, alla stesura del volume o, semplicemente, per passione personale.
Anche l’approfondimento psicologico studiato dall’Autore per i protagonisti è perfettamente trasposto nei loro caratteri. Ne escono, così, personaggi a volte ingenui al limite della sconsideratezza e altre brillantemente perspicaci, ma tutti piacevoli, naturali e spontanei, tanto che la loro “simpatia” li avvicina familiarmente al lettore.
La stessa osservazione, ma in negativo vale per i “cattivi”. Il senso di repulsione nei loro confronti, infatti, cresce in maniera proporzionale alle loro malefatte.
La scrittura dinamica, chiara e il linguaggio moderno, appropriato e perfettamente adeguato al genere del romanzo, contribuiscono a rendere La cripta dei teschi forati un ottimo thriller storico da leggere e da consigliare.